“Accumula da tempo grandi sconfitte a causa di uno strano miscuglio di passione e di prudenza, così ossessionato dal non perdere mai la speranza che sembra essersi eccessivamente abituato al calore della malinconia”

Simeone “sarà ricordato nella storia del calcio come uno degli allenatori più iconici della Liga e una vera spina nel fianco per quelli di noi che continuano a concepire questo settore come una festa per i sensi, così affascinati dall’audacia, dalla vertigine e dai gol da finire per disprezzare la bellezza di un bel catenaccio”. Lo scrive sul Paìs Rafa Cabeleira, in un editoriale in cui di fatto attacca il Cholo e le sue “vittorie morali”.
“Nessuno sa con certezza che tipo di pensieri gli passino per la testa quando decide, con un’azione o con un’inazione, di voltare le spalle alla partita. Come se lasciar passare il tempo fosse la via più breve per un lieto fine. O come se aspettare il prossimo errore dell’avversario sembrasse il modo migliore per impedire ai suoi giocatori di farne. Proprio lui, che ha sempre considerato la vittoria come l’unica filosofia degna di studio, sta accumulando da tempo grandi sconfitte a causa di uno strano miscuglio di passione e di prudenza, così ossessionato dal non perdere mai la speranza che sembra essersi eccessivamente abituato al calore della malinconia”.
“Ci battono sempre in Champions League, ma noi li facciamo soffrire”, ha detto al termine dell’ultima partita europea contro il Real Madrid. E per Cabeleira questa “consolazione diffusa tra voglio e non posso, o viceversa, intonata più e più volte dall’idolo dell’Atlético, ci appare oggi come l’unica spiegazione probabile di uno dei misteri più ricorrenti del calcio moderno: quello delle vittorie morali dell’Atletico”.
“Simeone sembra essersi accontentato del sollievo di girovagare per casa mentre picchia sul soffitto con un manico di scopa”.
“Non c’è allenatore migliore di Simeone per un Atlético privo di modelli e timoroso del cambiamento, un club gestito da alti uffici dove non hai bisogno di guardare per sapere che ogni progetto inizia e finisce scaricando ogni responsabilità sull’idolo, sull’allenatore che non scende a compromessi sugli sforzi o sugli impegni nei confronti della squadra”.