La Gazzetta intervista Ezio Luzzi per 40 anni ha seguito la Serie B per “Tutto il calcio minuto per minuto”: «Nel 1984 Maradona mi disse: tra poco vengo a giocare nel Napoli»

La Gazzetta dello Sport intervista Ezio Luzzi ha 91 anni, una delle voci più popolari di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Oggi lavora a Elle Radio.
Dalla sua biografia:«Sono nato in uno stadio». Sul serio? «Certo. Dentro, ma proprio dentro, il Deportivo Colon di Santa Fe, in Argentina. Mio padre era il custode, avevamo vitto e alloggio nello stadio. Un appartamento. Papà Cesare era originario di Terracina, mamma Elettra romagnola. Erano emigrati, andati in Sudamerica a cercare lavoro. Siamo tornati in Italia, a Terni, dopo un mese di nave. Io avevo tre anni. Sono ritornato in Argentina nel 1978, con il Mundial, come inviato, così ho visto dove sono nato».
Per 10 anni ha seguito la serie A poi Guglielmo Moretti, l’inventore della trasmissione, cambiò la formula con gli interventi dai campi.
Alla B. Come ci è finito? «Un giorno Moretti arriva in riunione di redazione e fa: “Cari amici, Ezio ha deciso di fare la B e lo ringrazio per la sua disponibilità”. Ma io non ne sapevo niente. Lo guardai un po’ così: “Gugliè, ma che stai a di’?”. Non la presi benissimo. Moretti mi strizzò l’occhio: “Tranquillo, sarà solo per alcuni mesi, al massimo tre”. E io dissi: vabbè, se la devo fare la faccio a modo mio. Ci sono rimasto 40 anni».
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Si è divertito, ha fatto divertire con il suo “Scusa Ameri”. Urlava, interrompeva. Come reagivano i colleghi dai campi principali? «Non bene. Quelli che seguivano abitualmente la Juventus mi chiamavano il disturbatore. Ma la B era importante quanto la A, un gol di Serie B vale quanto uno di Serie A. Non c’era giornalismo di serie A e di serie B. C’era giornalismo e basta. E non mi è mai importato di provocare l’ira funesta di qualcuno con le mie interruzioni: i tifosi avevano diritto di essere informati, anche perché forse più numerosi di quelli che seguivano e seguono la Serie A».
Ha ottenuto anche molti successi personali. Notizie in esclusiva. Le più clamorose?
«Abele Bikila che correva scalzo alle Olimpiadi di Roma. E quella di Maradona: lo intervistai, assieme a Bruno Gentili, al Torneo del Bicentenario, a New York nel 1984, e mi disse: tra poco vengo a giocare in Italia, nel Napoli. Poi la bomba ai Giochi di Atlanta 1996. Mi trovavo in piazza, coordinavo la spedizione Rai. L’esplosione mi scaraventò a terra senza ferirmi. Mi rialzai, tornai di corsa in studio per raccontarlo: arrivai prima della Cnn, prima di tutti. Una faticaccia, 24 ore in diretta. Ma che soddisfazione».
Poi i premi. Il più bello?
«Un Telegatto. Me lo consegnò la figlia di Guglielmo Marconi, signora Elettra. Meraviglioso. Non è solo quella statuetta con lo sguardo felino, dentro, per me, c’era tutta la storia della radio»