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Giuliano Simeone: «Quando Giovanni ha vinto lo scudetto col Napoli, ho visto i festeggiamenti. La città è impazzita»

A Cronache di spogliatoio: «Si è meritato tutto questo. So gli sforzi che ha fatto. Quando vado lì… il cibo non è niente male! Pasta, pizza…»

Giuliano Simeone: «Quando Giovanni ha vinto lo scudetto col Napoli, ho visto i festeggiamenti. La città è impazzita»
Atletico Madrid's Argentine coach Diego Simeone instructs Atletico Madrid's Argentine forward #22 Giuliano Simeone during the Spanish league football match between Real Valladolid FC and Club Atletico de Madrid at the Jose Zorrilla stadium in Valladolid on November 30, 2024. (Photo by Cesar Manso / AFP)

Giuliano Simeone, fratellino di Giovani e il più piccolo dei figli del Cholo, è stato intervistato da Cronache di spogliatoio. Lui gioca nell’Atletico Madrid ma conosce anche Napoli grazie ai racconti del fratello. È nato a Roma quando il papà giocava per la Lazio:

«Non mi ricordo molto, sono sincero! Sono nato lì, ma ci sono rimasto pochi anni. Ne avevo 4 quando mi sono trasferito in Argentina: non parlo italiano infatti, so solo qualche parola, le classiche ‘Ciao’, ‘Come stai?’, ‘Tutto bene’».

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Giuliano Simeone: «L’Atletico ha chiamato mio padre per la prima volta nel 2011»

A 22 anni si è finalmente preso l’Atletico Madrid dopo esserci arrivato nel 2018 dal River Plateo:
«Quando sono rientrato all’Atletico, all’inizio non stavo giocando molto, anche perché non ero al meglio. Ho dovuto adattarmi e trovare il ritmo che c’è in un grandissimo club, ci ho messo un po’, ho fatto molti sforzi ogni giorno per dare il massimo e raggiungere un livello che mi facesse giocare 5 minuti o essere titolare. Ho sempre dato il 110% per questa squadra e ora sono contento perché le cose si stanno sviluppando in grande».

I consigli più importanti sono arrivati dai suoi fratelli. «Ho parlato sempre tantissimo con i miei fratelli, sono più grandi di me e mi hanno riempito di consigli, anche nella vita. Ho sfruttato la loro esperienza e li ho ascoltati per imparare a migliorare. Sono stato a Napoli a trovarlo. Sono rimasto colpito perché lo amano tantissimo in Italia, per me è un grande giocatore. Quando ha vinto lo scudetto con il Napoli sono stato veramente felice per lui, ho visto i festeggiamenti in tutta la città ed erano veramente incredibili. La città è impazzita, tutto si è trasformato. Si è meritato tutto questo. So come lavora tutti i giorni e gli sforzi che ha fatto negli anni per raggiungere questo livello. E poi quando vado lì… il cibo non è niente male! Pasta, pizza…».

Ovviamente sulle sue spalle pende il cognome “Simeone” ma Giuliano si è guadagnato la maglia dell’Atletico e questo ha significato a volte non guardare il grado di parentela. «Nel 2018 ho firmato per l’Atletico e sono entrato nel settore giovanile. Ho giocato in varie categorie e quando sono arrivato in Primavera, abbiamo vinto il campionato. È stato bellissimo trionfare nella División de Honor e grazie ai miei progressi, sono passato nella seconda squadra, l’Atletico B: siamo retrocessi in quarta serie, però, ma nella stagione successiva abbiamo subito conquistato la promozione e siamo tornati in terza.

Proprio in questo anno ho avuto modo di giocare con continuità e mi sono guadagnato un’occasione in prestito, al Zaragoza, dove ho fatto benissimo, un campionato veramente incredibile in una società pazzesca e con tifosi attaccatissimi, e infatti mi ha chiesto l’Alaves in prima divisione. Sarò sempre grato a loro per l’opportunità, purtroppo dopo un ottimo ritiro mi sono infortunato a una settimana dall’inizio del campionato: ho saltato tutta la prima parte di stagione. Anche l’Atletico mi ha aiutato molto in questo periodo, così come la mia famiglia e i miei amici».

Racconta anche come è iniziato il rapporto tra l’Atletico e la famiglia Simeone: «Quando il Madrid ha chiamato mio padre per la prima volta era il 2011 e ci trovavamo in spiaggia. Eravamo in vacanza per due giorni a Mar del Plata, in Argentina, era senza squadra e lo contattarono per proporgli questa opportunità. Lui stava ragionando sulla cosa, ma io gli dissi subito: ‘Papà, ma ti rendi conto che in Spagna ci gioca Messi? Cioè potresti affrontare lui e Cristiano Ronaldo, devi assolutamente andare a giocare contro di loro!’. Da figlio, in quel momento, ho pensato: siamo in Argentina, se parte per l’Europa e inizia a vincere, poi non torna più. E glielo dissi. Effettivamente è stato così».

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