Al CorSera: «Per la prima volta dopo tanto tempo ho visto mia madre felice che corressi. Brad Pitt è un ottimo pilota, siamo stati un giorno intero a correre».

Il nuovo pilota della Ferrari Lewis Hamilton ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera di come sta vivendo le prime settimane in Italia e con la Rossa.
Hamilton: «Gli Usa stanno facendo passi indietro sulla lotta al razzismo, dobbiamo parlarne e agire»
«Voglio tornare al Castello di Milano per conoscerne la storia. Quando ero là ho chiesto a qualcuno in squadra di raccontarmela. Ma non sapevano e non c’era tempo: vorrei scoprire di più anche sulla città e sugli aspetti culturali. Poi devo visitare le Dolomiti e la Sicilia».
Qual è il suo primo ricordo della Ferrari?
«Un Gp dell’epoca di Schumacher. Ancora prima la collego ad alcuni film, ne guardavo tantissimi. Un’auto rossa, in “Ferris Bueller’s Day Off”, per questo ho voluto rifarne un pezzo in un video pubblicato sui social».
Ama il cinema ed è diventato produttore. Com’è stato lavorare con Brad Pitt al film sulla F1?
«Esperienza incredibile, passione vera. C’erano due sceneggiature sul mercato, Joe Kosinski, il regista, mi ha convinto con la sua. Volevo una storia spettacolare ma autentica, per conquistare i nuovi ma anche i vecchi appassionati».
Brad Pitt ha imparato a guidare anche grazie ai suoi consigli. Come se la cava?
«Brad ormai è un ottimo pilota. La prima volta siamo andati insieme in un posto vicino a Los Angeles e abbiamo guidato tutto il giorno. Mi è piaciuto il suo entusiasmo: “Posso recitare e anche guidare”. È andato a fare i test nei circuiti con le F2, si è allenato. Sono un suo grande fan, è un piacere portarlo in macchina e adesso mi fido se c’è lui al volante».
Lotta al razzismo e impegno per i diritti delle minoranze e delle donne, ha portato questi temi in F1. Che cosa la rende più orgoglioso e quanto c’è ancora da fare?
Hamilton: «La lotta è per un ambiente più inclusivo, bisogna continuare a spingere. La mentalità della gente non cambia dall’oggi al domani, dobbiamo parlarne e agire. Per i ragazzini che ci guardano, altrimenti questo mondo tornerebbe a essere uno spazio tutto dominato dagli uomini. Vediamo che succede dai governi, negli Usa stanno facendo passi indietro e respingono certe tematiche».
Pensa che gli Usa stiano facendo passi indietro?
«Sì. Le faccio un esempio: a un mio amico che gestisce borse di studio per ragazzi provenienti da minoranze e da ambienti socialmente difficili è stato detto che non può più farlo. Gli Usa sono abbastanza differenti, ma questo non significa che non possiamo portare una luce positiva».
Suo papà è qui, come nel 2007 quando lei ha debuttato in F1. Sua madre era a Fiorano il primo giorno che ha guidato una Ferrari. Quanto è importante averli vicino?
«I miei hanno sacrificato tutto per me, mamma mi ha lasciato vivere con papà perché potessi finanziare la carriera da pilota; quindi ha rinunciato a un figlio ed è stato duro. È la prima volta dopo tanto tempo che è felice di vedermi correre, lo è perché sono passato alla Ferrari. A Fiorano le ho detto: “Sei contenta?”. E lei mi ha risposto di sì. E io: “Ma come? Non lo sei mai quando giro in pista”. Allora ci siamo abbracciati».
Oltre lo sport chi sono le persone che più l’hanno ispirata?
Hamilton: «Gandhi e Mandela, i miei modelli. Inoltre, gente che ho conosciuto o frequento: Michelle Obama, è straordinaria. Mellody Hobson, mia socia nei Broncos. È come una sorella maggiore, è una guida: se mi viene un’idea la chiamo».
A fine stagione sarebbe felice se…
«Se arrivassi primo, voglio vincere e la Ferrari pure: insegue il Mondiale costruttori da un po’ e io voglio aiutarla. È presto per fare pronostici ma voglio crescere e anche migliorare il mio italiano. Non dobbiamo lasciare nulla di intentato e dare sempre il massimo, sarei felice se fosse così».