A Marca: «Mi hanno detto che non mi avrebbero forzato. E poi mi hanno costretto, mi hanno fatto allenare da solo e cose del genere. È stato un po’ brutto»

Dean Huijsen, ex difensore della Juventus e della Roma oggi al Bournemouth, ha rilasciato un’intervista a Marca. Ha il passaporto spagnolo e il ct spagnolo de la Fuente lo ha convocato per nazionale maggiore.
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Huijsen: «Mi hanno costretto, mi hanno fatto allenare da solo »
(Prima delle convocazioni della Spagna, ndr) Huijsen si vede fra i convocati di Luis de la Fuente oggi?
«Penso di avere una possibilità, ma sarà una scelta dell’allenatore. Che accada o meno, continuerò a lavorare. Ma sì, ora ho una possibilità… E speriamo che sia così».
La Spagna gioca contro l’Olanda, il paese in cui sei nato e da dove provengono i tuoi genitori. Cosa significherebbe per te giocare contro quel paese?
«Sarebbe una coincidenza, niente di più. Tutti lo sanno. La mia famiglia è olandese, ma io mi sento spagnolo. La Spagna è la mia casa. Quindi, per prima cosa, sarebbe un sogno poter entrare in squadra e poi fare il mio debutto. E anche per la mia famiglia sarebbe un sogno».
Sarebbero comprensibili le critiche degli olandesi vista la sua scelta di giocare per la Spagna?
«Nel calcio ti criticano sempre, ma a me non interessa molto poco quello che dice la gente. Se fosse il contrario, direbbero anche il contrario. Se fossi nato in Spagna e cresciuto in Olanda, avrebbero detto che sarei dovuto andare in Olanda. È una strana sensazione. Ti criticano ma allo stesso tempo ti amano».
Ronald Koeman (allenatore olandese) ti ha chiamato per convincerti?
«Non che io sappia. Forse sì al mio entourage, ma non direttamente a me».
Giocherai nella Liga?
«Sì, potrebbe essere. La Spagna è il mio paese. E sarebbe bello tornare in Spagna un giorno».
Con il tuo nome e cognome, i tuoi compagni di squadra ti riconoscono più come olandese o spagnolo?
«Spagnolo, spagnolo. Dovrebbe essere molto chiaro a tutti».
Hai la fisicità per giocare in Premier League?
«Se guardi le partite, fisicamente non mi costa. Inoltre, sto andando bene in questo senso. Penso di essermi adattato bene all’Inghilterra. Alla fine si parla molto della fisicità, ma difendere è anche una questione mentale. In molte partite si va allo scontro, ma ci sono anche situazioni in cui se si va allo scontro, si hanno meno possibilità di uscire vittoriosi dal duello. La difesa è un “mix” di fisico e testa».
Parliamo di Bournemouth. Colpisce la complicità con Justin Kluivert. Tuo padre e Patrick Kluivert hanno giocato all’Ajax, vero?
«Sì, che coincidenza! E anche le nostre madri si conoscono da molto tempo, da quando si sono viste ad Amsterdam quando erano giovani. Mio padre diceva sempre che Kluivert era molto bravo. E ora Justin sta andando molto bene con noi, è in forma smagliante».
Il sogno di raggiungere l’Europa è possibile?
«Penso che sia possibile, davvero. Stiamo lottando per questo. E penso che abbiamo buone possibilità di farlo. Dobbiamo continuare a lavorare, essere umili, ma stiamo facendo di tutto».
Cosa vi ha portato Andoni Iraola, tecnico del Bournemouth?
«La Premier League è già intensa, ma con lui giochiamo anche al di sopra dell’alta intensità della Premier League. Se guardi le statistiche, siamo tra i primi tre o i primi quattro in questo. Ci fa giocare, ma facciamo anche molti passaggi diretti, nello spazio, verso l’ala o l’attaccante… È il nostro modo di giocare. Abbiamo pressato alto e abbiamo provato a giocare più in avanti. Iraola ci dà la libertà. Ognuno può mostrare la propria qualità».
Parliamo del tuo periodo alla Juventus, si è comportata male con te?
«Forse. Sono andato in prestito alla Roma, sono tornato, e posso capire che volevano vendermi o qualsiasi cosa servisse alla società la scorsa estate, ma sono arrivato il primo giorno dopo la pausa estiva, e mi hanno detto che dovevo andarmene, ma che non mi avrebbero forzato. E poi sì, mi hanno costretto, mi hanno fatto allenare da solo e cose del genere. È stato un po’ brutto, anche perché ero lì da tre anni, dall’Under 17, desiderando solo avere una possibilità con la prima squadra della Juve».
E come ha superato Huijsen questo problema?
«La verità è che il calcio a volte è duro. Ero un po’ triste, sconvolto… Ma è quello che è ed è quello che ci vuole. Se pensavano che fossi una buona possibilità di fare cassa, allora l’accetto».