“La narrazione sui media perpetua il tono: tutto è storico, ingiusto, brutale, spettacolare, drammatico, controverso, incredibile. È tutto rumore di fondo”

“Prendiamo il calcio troppo sul serio?” si chiede Lucia Taboada sul Paìs. “Dovremmo forse mettere in discussione una passione che spinge i fanatici (io) a smettere di parlare con i propri amici durante un pasto, una passione che genera discussioni, frustrazioni e persino un aumento delle registrazioni all’anagrafe di bambini di nome Thiago, Keylor o Kylian? Dovremmo almeno prendere in considerazione la possibilità che il calcio sia solo un gioco e nient’altro che un gioco?”. Si risponde anche, l’editorialista del giornale spagnolo.
Scrive che “certamente no, perché non lo è. Ci sono settimane terribili in cui entrare nello stadio diventa una rivelazione, simile all’arrivo alla cattedrale di Santiago dopo un cammino di penitenza. Il calcio non può essere solo un gioco perché è un balsamo, è una stanza di psicologia comunitaria. Non sto esagerando. Celebrando un obiettivo, si eliminano rotture, divorzi, litigi, calamità, ingorghi, fogli di calcolo Excel, e-mail, bollette, malattie, monotonia e routine”.
“Ma è vero che negli ultimi anni il calcio è stato intriso di un’eccessiva serietà. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa al fantastico festival Letras y Fútbol, organizzato dalla Fondazione Athletic Club. Il calcio era una questione di Stato seria e rigorosa, i commentatori commentavano i gol come se recitassero un’omelia; Adesso c’è un urlo, uno spettacolo, un tono carnevalesco, una fanfara. Ma un altro strato di serietà permea il calcio odierno: tutto viene discusso, tutto viene reinterpretato, tutto viene rivisto. La narrazione che circonda la partita nelle redazioni e sui media perpetua questo tono. Tutto è storico, tutto è ingiusto, tutto è brutale, tutto è severo, tutto è spettacolare, tutto è drammatico, tutto è controverso, tutto è incredibile, tutto è insignificante, tutto è massimo, tutto è minimo. È tutto rumore di fondo.
Il calcio è entrato in uno di quei momenti in cui è chiaro che qualcosa deve cambiare per frenare gli eccessi, ma nessuno farà nulla per cambiarlo. Anche noi tifosi non faremo nulla, perché prendere il calcio alla leggera andrebbe contro la componente emotiva che ci tiene legati a esso. Non lo so, forse non c’è bisogno di anestetizzare il calcio; forse basterebbe sedarlo con un po’ di senso dell’umorismo.