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La Stampa di Elkann su Thiago Motta: “Le dimissioni scelte dignitose, rispettose verso chi accredita il lauto stipendio”

“È Thiago Motta che ha preteso senza dare, avrebbe dovuto dimettersi come fece Lippi. Ora è chiaro che il Bologna non era tutto merito suo”

La Stampa di Elkann su Thiago Motta: “Le dimissioni scelte dignitose, rispettose verso chi accredita il lauto stipendio”
Mg Cagliari 23/02/2025 - campionato di calcio serie A / Cagliari-Juventus / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Thiago Motta

La Stampa di Elkann: “È Thiago Motta che ha preteso senza dare, avrebbe dovuto dimettersi come fece Lippi»

Le mancate dimissioni di Thiago Motta dopo il secondo disastro consecutivo (3-0 a Firenze dopo lo 0-4 in casa contro l’Atalanta ieri battuta dall’Inter).

L’editoriale del lunedì de La Stampa comincia ricordando le parole di Marcello Lippi che si dimise dopo una pesante sconfitta interna contro il Parma.

Scrive La Stampa:

«Credo di aver fatto tutto quanto era nelle mie possibilità per rialzare il morale di questo gruppo, per farlo reagire, per dargli la carica in un momento in cui sarebbe stato necessario venir fuori caratterialmente, ritrovare la condizione mentale giusta. Visto che non ci sono riuscito, se il problema sono io, ho deciso di dare le dimissioni». No, non sono parole di Thiago Motta. Sono di Marcello Lippi, pronunciate nel 1999 quando già alla Juve aveva vinto tre scudetti, una Champions e un’Intercontinentale. Ci spiega, l’erede, di non aver mai pensato di sfilarsi perché «troppo facile»: augurandogli di dimostrare nel tempo solo parte del carattere del predecessore, non certo uomo da fughe e compromessi comodi, ci permettiamo di far notare come talvolta certi passi non siano rese vili ma scelte dignitose. E rispettose verso chi accredita il lauto stipendio.

Il Bologna non era tutto merito di Thiago Motta, ora è chiaro

E ancora:

Thiago è stato scelto per costruire il futuro dopo una stagione magica al Bologna che, evidentemente, non era tutta merito suo – Italiano lo ha appena spodestato dal 4° posto -, la società ne ha accettato i diktat da rottamatore e le teorie da allenatore, si è sacrificata per assecondarlo sul mercato e coerentemente – finché sarà possibile: il limite è vicino – lo difende. Avrebbe dovuto lui rimettere il mandato e, al di là dell’esito, sarebbe stato opportuno perché, mutuando le accuse mosse ai suoi ragazzi dopo la disfatta con l’Empoli, finora ha preteso senza dare, fuori da tutte le coppe e, momentaneamente, dalla zona Champions la cui conquista è unico rimedio al disastro. Resti allora, sperando che davvero – queste sì parole sue: sempre più modesto – sia «la persona giusta per continuare il lavoro», d’altronde i problemi li ha creati lui. Dimostri chi è, se è, con i fatti e non con i proclami. Accetti i leader perché finora ha creduto d’essere il solo, eviti di confondere scambiando i ruoli, rispolveri l’abc del pallone, si fidi della qualità e non solo dei movimenti, lavori sulla psicologia. Magari scomponendosi ogni tanto, che anche a Firenze sembrava una sfinge. E con 7 gol a zero in due partite, uno straccio di reazione sarebbe naturale.

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