La decisione di includere le quattro strisce della bandiera catalana sulla maglia ci ha causato seri problemi. Alcuni politici lo interpretarono come un atto di ribellione contro lo Stato

Sandro Rosell è stato presidente del Barcellona dal 2010 al 2014, ed è finito in carcere per due anni, in custodia cautelare tra il 2017 e il 2019. El Paìs rilancia una sua riflessione sulla rivista TantaLibre sull’inaspettata frequenza con cui la politica influenza e interviene nel mondo del calcio. Perché la sua vicenda ne è un esempio.
“Il rapporto tra politica e calcio, soprattutto in Catalogna, ha raggiunto nuovi livelli di conflitto. Durante il mio mandato come presidente del Barcelona, ho sperimentato la brutalità con cui la politica non solo influenza, ma anche spudoratamente e crudelmente investe lo sport. Durante il mio mandato, un gruppo di politici all’interno del governo spagnolo, in particolare Alicia Sánchez Camacho, presidente del Partito Popolare in Catalogna, mi ha incluso in una lista di “potenziali separatisti catalani” da eliminare. Questa lista faceva parte di una strategia volta a destabilizzare le figure che rappresentavano la resistenza politica, in questo caso coloro che si riteneva sostenessero la causa indipendentista catalana, indipendentemente dal fatto che fosse vero o meno”.
“La mia posizione di presidente del Barcellona, all’epoca uno dei club più potenti al mondo sia dentro che fuori dal campo, mi rendeva un bersaglio perfetto per gli interessi politici. In quegli anni, il Barcellona stava vivendo uno dei periodi più vincenti della sua storia. La prima squadra, guidata da Lionel Messi, stava dominando le competizioni nazionali e internazionali, mentre la situazione finanziaria del club era la più solida della sua storia. Ma fu proprio durante questi momenti di successo che si intensificarono i tentativi di controllo del Barcellona da parte degli ambienti politici”.
Rosell e il Barcellona
“La decisione del nostro consiglio di amministrazione di includere le quattro strisce della bandiera catalana sulla maglia da trasferta della squadra ci ha causato seri problemi. Alcuni settori politici lo interpretarono come un atto di ribellione contro lo Stato. Questo tipo di decisioni, che per molti sono semplicemente simboliche, sono inaccettabili per altri e mettono a repentaglio il loro controllo sui principali simboli nazionali. Da quel momento in poi si è scatenata una campagna mediatica e politica volta a “eliminare” socialmente coloro che, come me, difendevano l’indipendenza del club e il suo diritto alla libera espressione”.
“In questo contesto, i meccanismi dello Stato cominciarono ad agire contro il Club e tutto ciò che rappresentava. Utilizzando canali giudiziari, vennero fabbricati falsi casi, privi di prove o fondamenti legali, per cercare di destabilizzare il Club e danneggiarne il sano rendimento sportivo, economico e sociale, cosa che innervosì sia i nemici interni che quelli esterni. Le accuse erano del tutto prive di fondamento, ma ciò non gli ha impedito di tenermi ingiustamente in custodia cautelare per quasi due anni, con l’unico scopo di fare pressione e mettere a tacere coloro che si opponevano ai suoi interessi. Questa situazione è stata favorita dal giudice Carmen Lamela, le cui azioni erano chiaramente parziali, altamente insolite e probabilmente corrotte, qualcosa che stiamo cercando di scoprire con prove e fatti incontestabili. La sua promozione dalla Corte nazionale alla Corte suprema andava contro la prassi abituale; ciò dimostra fino a che punto il malfunzionamento del sistema giudiziario spagnolo possa agire in collusione con interessi politici“.
“L’aspetto più allarmante di questo tipo di intervento è che, nonostante le prove della corruzione e dell’abuso di potere siano evidenti, sono pochissimi quelli puniti per le loro azioni. La mancanza di conseguenze per questi attori corrotti rende chiaro che, nonostante viviamo in una società che si definisce democratica, i meccanismi di controllo del potere restano molto simili a quelli delle dittature, dove chi non si sottomette alla volontà del regime viene punito senza pietà”.
“Nelle democrazie l’interferenza politica esiste ancora, ma assume forme più sottili. I politici cercano di sfruttare la passione che lo sport suscita tra le persone per manipolare i voti e aumentare la loro base di sostenitori. Nel caso della Catalogna, ad esempio, il calcio è stato utilizzato dai separatisti come mezzo per mobilitare i propri sostenitori e stabilire un’identità collettiva. In questo contesto, lo sport cessa di essere una mera competizione e diventa uno spazio di confronto politico”.