La storica allenatrice della ritmica licenziata anche perché sotto processo per abusi nei confronti delle atlete: «Non sapevano più come colpirmi»

Maccarani: «Il licenziamento lo hanno scoperto le ginnaste su Telegram. Si sono messe a piangere»
Scrive la Gazzetta:
Da oggi Emanuela Maccarani, uno dei tecnici più vincenti dello sport italiano con oltre duecento medaglie conquistate, non può più entrare all’Accademia internazionale della ritmica a Desio – per tutti la casa delle Farfalle – da lei stessa voluta e gestita negli anni.
Troppi, secondo la federazione del nuovo presidente Facci che vuol voltare pagina da subito, anche se non è ancora chiaro come, a partire dal primo impegno della squadra bronzo olimpico il 4-6 aprile nella World Cup di Sofia, in Bulgaria.
Quando e come ha ricevuto la comunicazione?
«L’hanno visto le ragazze su Telegram. Poi quando sono rientrata dalla pausa pranzo, saranno state le 13.30, ho notato che il mio telefono era pieno di messaggi. Allora ho controllato la posta e ho trovato un messaggio delle 13.39 contenente una lettera dove c’è scritto che sono esentata dal proseguire l’attività a partire dal 27 marzo (oggi, ndr) per le particolari esigenze tecniche e agonistiche della squadra. Quale? Quella che si è messa a piangere appena ricevuta la notizia?».
Due importanti ex allieve, Fabrizia D’Ottavio e Marta Pagnini, adesso siedono in consiglio e hanno votato contro di lei. Che ne pensa?
«Sono state atlete, mi sorprende quello che hanno deciso di fare alle ginnaste attuali. Probabilmente condividono un rinnovamento giustissimo. Occorre però ricordare che a settembre ho accettato di rimettermi in gioco con grandissima responsabilità e fatica per favorire un passaggio di consegne che mantenesse il livello alto. Sette Olimpiadi, tante ne ho fatte, e non si può disperdere tutto questo così. Quando l’Italia va in giro per il mondo riceve ancora degli attestati di stima incredibili».
Qualcosa avrà pur sbagliato in trent’anni alla guida della ritmica italiana.
«Troppo affetto, forse, quel procuratore sportivo non aveva tutti i torti… e troppi silenzi, nel rispetto di tutti e di me stessa, per non farmi strumentalizzare o diventare un capro espiatorio. Alla fine non sapevano più come colpirmi».