A La Stampa: «Oggi se fai una manovra azzardata, viene rivista al microscopio. Quindi i piloti hanno un po’ di timore, prima non era così»

La Stampa ha intervistato Max Biaggi, oggi è diventato assistente maestro di sci ma è presenza praticamente fissa nel box Aprilia, con la divisa nera, il suo pizzetto da corsaro e gli occhi fissi sul lavoro dei meccanici. Dalla sua ultima gara da pilota sono passati quasi 10 anni, ma la sua vita è ancora in pista.
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Max Biaggi: «La televisione in chiaro ha aiutato la promozione dello sport»
Com’è la vita senza essere un pilota?
«Meno frenetica. Si smette di competere perché non si ha più l’età, l’incoscienza per farlo, ma continuo a pormi degli obiettivi».
Come il record di velocità su una moto elettrica?
«L’abbiamo costruita da un foglio bianco in due anni e mezzo. Ho raggiunto i 470km/h, una velocità assurda, non pensavo nemmeno fosse possibile. Quando l’ho capito, ormai ero lì (ride). Poi volevo vincere una gara di supermotard con il campione del mondo in pista, ho fatto anche quello».
E il team in Moto3?
«Un’altra bella scommessa con una squadra creata da zero. Il pilota era Aron Canet e, al debutto, abbiamo rischiato di vincere il Mondiale. A un certo punto, però, ho ceduto il mio posto perché non mi piace quando c’è troppa politica e si perde la purezza dello sport».
In tutto questo, è anche padre di due figli, Ines e Leon.
«Anche quella è stata una sfida. Sono un papà atipico, non ho mai voluto nessuno che mi aiutasse, per cui ho dovuto imparare a cucinare, a stirare. Il tempo speso con la famiglia è importante».
Un pilota è papà apprensivo?
«Mi dicono che lo sono troppo. La moto? Io già sono preoccupato quando vanno sul monopattino elettrico. Mi faccio chiamare in continuazione».
Lei, Rossi e Capirossi avevate segnato un’epoca, cosa manca a Bagnaia e agli altri italiani per sfondare come voi?
«Quando sei vincente non hai bisogno di pubblicità, riesci a uscire dal tuo mondo. Però noi avevamo da parte nostra la televisione in chiaro, ogni domenica ci vedevano 8, 9 milioni di persone. Tutto questo aveva aiutato la promozione del nostro sport, ma anche dei singoli piloti».
Con Valentino fu una rivalità accesa fuori e dentro la pista, certe cose non si vedono più.
«È cambiato il mondo. Qualsiasi contatto in pista viene messo sotto la lente di ingrandimento, così i piloti guidano in modo diverso. Inoltre, credo che ci sia un po’ di timore nel fare dal punto di vista mediatico un errore che non ti venga perdonato. Una volta il pilota faceva più la differenza rispetto al mezzo meccanico, oggi rischi di sparire in un paio d’anni. Anche per questo nessuno è mai fuori dalle righe».