A Repubblica. Nel 75 al Tour il pugno di un tifoso francese segnò il suo declino. «Non volevano che superassi il record di Anquetil»

Merckx: «Nel 69 mi offrirono tanti soldi per lasciare il Giro d’Italia. Tre giorni dopo fui trovato positivo al doping»
Oggi c’è la Milano-Sanremo e Repubblica intervista un ampio pezzo di storia del ciclismo e della Sanremo: Eddy Merckx che compirà 80 anni a giugno e che recentemente è caduto e si è rotto l’anca. Lui la Sanremo l’ha vinta sette volte. Qui parla di Pogacar.
Ha scelto lei il ciclismo o il ciclismo ha scelto lei?
«Mio nonno era stato calciatore in seconda serie. Nessun ciclista in famiglia. I miei genitori avevano un negozio di generi alimentari a Woluwe-Saint-Pierre. Facevo le consegne in bicicletta, la passione è nata così. La prima bici vera a 12 anni, rossa. Avevo praticato boxe, basket, calcio. Mi lanciai in una corsa nel 1961 a Laeken, senza allenamento. Non la vinsi».
Nel 1969 fu estromesso dal Giro per doping. Quanto l’ha segnata quella vicenda?
«Quella sera avrei voluto lasciare il ciclismo, dedicarmi a tutt’altro. Il prodotto trovato, la Fencamfamina, ero lo stesso trovato nelle urine di Gimondi l’anno prima, a Napoli. Avevo fatto nove controlli in quel Giro. Il nostro direttore sportivo fece fare la pipì a tutta la squadra in hotel, quella sera, la mandammo a far controllare, tutto regolare. Ma due o tre giorni prima mi avevano offerto soldi per lasciare il Giro: tanti soldi. Mi permisero di fare il Tour, a condizione che nelle prime otto tappe facessi un controllo algiorno. Lo vinsi».
Lance Armstrong è stato un suo grande amico.
Merckx: «Lo riportai io in bici dopo il tumore: quando ci incontrammo glividi il taglio sulla testa per l’operazione al cervello, era impressionante. Molte volte è venuto qui, a casa mia, con Sheryl Crow, la sua fidanzata di allora. È incredibile tutto quello che era riuscito a creare, la sistematicità del suo doping e il fatto che non sia mai stato trovato positivo».
Chi è stato il suo più grande avversario?
«Felice Gimondi: il più costante, il più continuo, senza alti e bassi. Ocaña aveva una grinta incredibile, ma aveva anche giornate pessime. Il suo Tour più bello, quello del 1971, finì con quella caduta nella discesa del Col de Menté. Il giorno dopo non indossai la maglia gialla per rispetto. Non la sentivo mia».
Il pugno da un tifoso sul Puy de Dôme, al Tour 1975, ha segnato il suo declino.
«I francesi avevano caricato quella giornata in modo esagerato e il pubblico si adeguò a quella follia. Quel Tour lo vinse Thevenet. Sarebbe stato il mio 6° successo, avrei superato il record di Anquetil e questo ai francesi dava fastidio».