Discussione a Sky Sport. Motta è quasi il Mefistofele del calcio italiano. «In otto mesi è riuscito a mettere di traverso tutto lo spogliatoio»

Dopo la vittoria della Juventus sul Genoa per 1-0, negli studi di Sky si commenta e si paragona questa versione con la versione di Thiago Motta. Un esempio lampante di come i media italiani passino in un battito di ciglia dall’esaltazione massima alla deplorazione più bassa.
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Il primo commento a Sky lo fa Di Marzio ed è, ovviamente, sul diverso carattere con cui la Juventus di Tudor ha affrontato il Genoa. «Oggi una Juve più cattiva, con più carattere. Ha vinto più duelli del Genoa, ha fatto più falli».
Bonan riporta il discorso su Motta: «Non ha molto senso giudicare la Juve dal punto di vista tecnico». L’assist lo coglie Marocchi:
«La reazione me l’aspettavo, piuttosto scontata. I tre difensori anche questa sera hanno dimostrato qualche difficoltà. Però la reazione c’è stata».
Costacurta prova a portare la discussione sul piano tecnico. «Yildiz meritava di giocare sempre, anche con gli alti e bassi. Juve per me sopravvalutata sul piano tecnico».
Bonan torna su Thiago Motta: «Avete capito chi è Motta? Qualcuno l’ha capito? Se è riuscito in otto mesi a far mettere di traverso tutto lo spogliatoio, metto in primo piano la personalità dell’allenatore. Hai l’occasione di allenare un grande club e te la giochi così?».
Non si tratta più quindi del Motta allenatore con i suoi metodi criticabilissimi. Ma si parla di Motta uomo.
C’è contraddittorio. «L’errore è stato non guidarlo in un percorso diverso. Motta alla Juve è coerente con il Motta di Bologna. Io non ho capito chi sia perché lui è uno che non si vuole svelare».
«Allora se tu non ti vuoi svelare, non può stare in un ambiente come questo», sentenzia Bonan. «C’erano le avvisaglie?», chiede a Marocchi.
«Motta a Bologna è stato perfetto, due terzi dello spogliatoio che gli voleva anche bene, un terzo che non lo sopportava». «Chi non giocava?».
«No, no, chi giocava e chi no. Motta era quello che non parlava con i dirigenti. Lui è l’allenatore e decide e non ha bisogno di relazionarsi perché portava avanti quello che pensava lui. Tu lo prendi alla Juve, se inizia a dirti non voglio più il portiere, non voglio più Chiesa, non voglio Danilo, questi sono campanelli di allarme. Se gli dici di sì, poi arrivi alla situazione di oggi».