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Conte l’aziendalista che valorizza le risorse umane, altro che talebano (il Napoli non gioca con la difesa a tre)

Ha fatto di necessità virtù: ha dato a Raspadori il suo ruolo, si è inventato il doppio play che valorizza Gilmour. Ha tratto il meglio dalle difficoltà

Conte l’aziendalista che valorizza le risorse umane, altro che talebano (il Napoli non gioca con la difesa a tre)
Napoli's Italian coach Antonio Conte reacts during the Italian Serie A football match between Napoli and Fiorentina at the Diego Armando Maradona stadium in Naples on March 09, 2025. (Photo by CARLO HERMANN / AFP)

La rivoluzione perpetua di Antonio Conte

Domenica 9 marzo 2025, nove mesi dopo l’inizio della sua esperienza al Napoli, Antonio Conte ha messo in campo un Napoli tutto nuovo. Anzi, diciamola meglio: in occasione della partita di domenica 9 marzo 2025, contro la Fiorentina, Antonio Conte ha messo in campo un Napoli mai visto prima in questa stagione. E il Napoli ha battuto la Fiorentina proprio grazie alle scelte, alle intuizioni, quindi al lavoro del suo allenatore.

È una notizia enorme, gigantesca. Perché sancisce – per la 395esima volta, quindi non ce n’era davvero bisogno – che Conte è un tattico estremamente raffinato, un allenatore lontanissimo dal talebano di ferro di cui si è vaneggiato per molti anni. Ma soprattutto perché dimostra che tra Conte e il Napoli si è creato un legame forte. Nel senso che l’ex tecnico dell’Inter ha capito che la sua squadra ha bisogno di una grande leadership di campo, e lui gliela sta offrendo, e nel frattempo i giocatori si sono completamente messi nelle mani.

Tornando alla partita contro la Fiorentina, basta riguardare i gol di Lukaku e Raspadori – e li riguarderemo, analizzandoli a fondo – per capire quanto sia stato decisivo il lavoro di Conte. Il punto, però, è che questa nuova trasformazione tattica, l’ennesima da agosto 2024 a oggi, si è determinata a partire da una condizione di assoluta emergenza. Il fatto che lo stesso Conte lo abbia sottolineato in conferenza stampa, dicendolo in maniera esplicita, è un segnale piuttosto chiaro: l’allenatore del Napoli sa perfettamente cosa è successo finora e che ci sono margini per fare ancora meglio. Perché l’emergenza sta finendo, ma nel frattempo la sua squadra ha acquisito nuovi strumenti, nuove competenze, un nuovo volto per affrontare le partite. Per vincerle.

La verità sulla difesa a tre

Dal punto di vista puramente tattico, bisogna partire da una smentita secca. Il Napoli disegnato da Conte nelle ultime settimane, soprattutto quello sceso in campo contro la Fiorentina, ha pochissimo a che vedere con il 3-5-2. Il sistema di gioco degli azzurri, infatti, si può – anzi: si deve – definire come un 4-3-3 asimmetrico. O anche come un 4-2-1-3 sempre asimmetrico, in cui quel numero “1” identifica McTominay. Ovvero un giocatore che gravita nella trequarti avversaria come un rifinitore, però si muove soprattutto verso sinistra. Mentre Raspadori, teoricamente schierato come esterno offensivo da quel lato, si sposta vicino a Lukaku e agisce da seconda punta.

In alto, tutti i palloni giocati da McTominay. Sopra, invece, tutti quelli giocati da Raspadori.

Questi sono i campetti posizionali, e in qualche modo restituiscono quello che abbiamo detto a livello statistico. Prima di andare avanti, però, è importante capire come siamo arrivati a queste scelte. A questo sistema di gioco. Di fatto, dopo la cessione di Kvara e dopo gli infortuni a catena di Olivera, Spinazzola, Neres, Mazzocchi e Anguissa, Conte ha dovuto immaginare qualcosa di nuovo – «abbiamo fatto di necessità virtù», ha detto il tecnico del Napoli. A un certo punto l’ex allenatore di Inter e Juventus è approdato al 3-5-2 puro, con Raspadori schierato accanto a Lukaku e Politano quinto di centrocampo a destra. Ed è quella la base su cui Conte ha edificato il suo nuovo Napoli, una squadra che può difendere a cinque, col ripiegamento di Politano, ma che poi si schiera in maniera diversa quando deve costruire gioco. Ecco come:

In entrambi i frame, Buongiorno porta palla e davanti a lui ci sono: Spinazzola largo a sinistra, McTominay nel mezzo spazio di centrosinistra e Raspadori vicino a Lukaku. Al centro, si vede il doble pivote composto da Lobotka e Gilmour.

Come detto prima: tutto quello che vedete in questi fermo-immagine nasce dagli esperimenti, dalle idee, anche dagli errori fatti da Conte. Che aveva trovato un equilibrio con il 4-3-3 utilizzato fino alla serie di infortuni arrivata a cavallo tra gennaio e febbraio, poi però ha dovuto cambiare rotta. Pensiamo per esempio all’intuizione di sostituire Anguissa con Gilmour e non con Billing,  una scelta che ha determinato il passaggio al doble pivote. Oppure all’invenzione – non si potrebbe definire altrimenti – di un nuovo ruolo per Raspadori, che nelle ultime partite si è trasformato in un esterno di sinistra che però, lo abbiamo già visto, pensa e agisce come seconda punta pura.

Pressing e dominio

Questo nuovo sistema, come già visto contro l’Inter, permette al Napoli di pressare in maniera più intensa e più armonica. Soprattutto se gli avversari di giornata, come i nerazzurri di Inzaghi e la Fiorentina vista ieri al Maradona, costruiscono gioco con tre centrali. Anche contro i viola, infatti, si sono rivisti gli accoppiamenti e il baricentro alto che inibiscono l’impostazione dal basso con i difensori. Merito di Lukaku, Raspadori e Gilmour, che ha una fisicità completamente diversa rispetto ad Anguissa e quindi può accorciare e rinculare più velocemente in fase di pressing.

Il pressing alto del Napoli con accoppiamenti fissi

Nel primo tempo della partita di ieri, questo atteggiamento aggressivo ha permesso al Napoli di dominare in maniera netta l’andamento della partita. A dirlo sono tutti gli indicatori statistici: la squadra di Conte è arrivata all’intervallo con un gol di vantaggio, dopo aver tentato 11 conclusioni (contro 2 della Fiorentina), con un possesso palla superiore al 60% e 8 contrasti vinti (il doppio rispetto alla Fiorentina). Sempre guardando al primo tempo, De Gea ha dovuto compiere ben 6 parate per limitare il passivo a una sola rete. Questo vuol dire che 7 degli 11 tiri tentati dal Napoli sono entrati nello specchio della porta.

Il gol di Lukaku e la tensione verticale

L’unica parata un po’ sbucciata dal portiere spagnolo è quella sul tiro di Scott McTominay, pochi istanti prima del gol di Lukaku. L’azione che ha portato alla conclusione del centrocampista scozzese, a guardarla bene, nasce proprio dall’asimmetria costruita da Conte con il suo nuovo schema. La palla, infatti, passa velocemente dalla difesa – per la precisione da Buongiorno – a McTominay, che in quel momento si era aperto a sinistra come se fosse l’esterno offensivo di parte. Nello stesso momento, Raspadori si era affiancato a Lukaku, costringendo di fatto la difesa della Fiorentina a una situazione di parità numerica dentro la sua area di rigore.

Il Napoli gioca chiaramente con due punte

Guardando questa manovra, viene fuori anche un altro aspetto molto significativo del nuovo Napoli di Conte: una spiccata tendenza alla ricerca della verticalità. O meglio: del pallone imbucato dietro il centrocampo alla ricerca di un giocatore in proiezione offensiva. Molto spesso questo calciatore è stato Lukaku, che infatti a fine partita aveva messo insieme 27 palloni giocati (un numero decisamente alto rispetto ad altre gare della stagione), ma in realtà questi tocchi in avanti hanno trovato più o meno tutti i giocatori offensivi scelti da Conte.

In questo senso, le statistiche confermano le sensazioni: anche se alla fine della gara è venuto fuori che la Fiorentina ha accumulato un numero maggiore di passaggi (513) rispetto al Napoli (485), la squadra di Conte ne ha effettuati di più verso la fascia centrale di campo (284 cntro 278) e soprattutto verso la trequarti e l’area avversaria (160 contro 113). Detto in soldoni: il Napoli ha espresso una chiara ed evidente tensione verticale, atta a servire Lukaku ma anche a creare scompensi continui tra le linee avversarie. E infatti tutte le grandi occasioni costruite dagli azzurri nel primo tempo (tra cui quella di Spinazzola e quella di Raspadori) nascono da palloni imbucati seguendo tracce verticali.

Il raddoppio e un equivoco risolto

Lo stesso discorso, anche se declinato a partire da una dinamica tattica diversa, si può fare guardando l’azione che porta al gol di Raspadori. La manovra nasce e si sviluppa come una ripartenza dopo una palla persa, con il Napoli che difende a cinque e attacca con il tandem Lukaku-Raspadori supportato da McTominay. In realtà, però, anche in questo caso l’aspetto più significativo sta nella continua ricerca della verticalità. E nel modo in cui i giocatori di Conte si connettono tra di loro.

Un bel gol corale, non c’è che dire

La cosa che fa la differenza, in questa azione, è il modo in cui Gilmour cerca e trova Lukaku. In entrambi gli scambi su questa direttrice, il centrocampista scozzese serve il centravanti belga dietro la linea di pressing e sulla figura, in modo che Lukaku possa far valere le sue doti atletiche, girarsi e trovare la miglior soluzione per il tocco successivo. Quando si arriva all’ultimo passaggio, l’ex attaccante della Roma è bravissimo a leggere e ad assecondare l’inserimento di Raspadori, a sua volta “contagiato” dalla tensione verticale che ha caratterizzato il Napoli visto contro la Fiorentina.

Di Raspadori abbiamo già detto, ma è il caso di parlare di lui in maniera un pochino più estesa. Perché Conte, di fatto, potrebbe aver risolto l’equivoco sul suo ruolo. O meglio: sul modo migliore per poter sfruttare le sue qualità, quelle di un attaccante puro che però è troppo gracile per fare la prima punta. E che allora si esprime meglio in un sistema che prevede la presenza di un totem offensivo un po’ più strutturato dal punto di vista fisico.

È chiaro che l’addio di Kvara e l’infortunio di Neres abbiano aperto lo spazio per questo esperimento, ma sta proprio qui il senso delle parole pronunciate da Conte. La sua frase «abbiamo fatto di necessità virtù», in questo caso, è letterale: Raspadori non sarebbe mai diventato protagonista, o comunque titolare, se Conte fosse potuto rimanere “fermo” sul 4-3-3 visto da ottobre a febbraio. Allo stesso tempo, l’obbligo di trovare soluzioni alternative ha stuzzicato l’inventiva dell’allenatore del Napoli. E adesso Raspadori è un giocatore centrale, se non addirittura decisivo, in una squadra che sta lottando per lo scudetto.

Sofferenza solo apparente

Dopo il 2-0, la Fiorentina ha cercato di accelerare e il Napoli è leggermente rinculato. È venuto fuori il bel gol di Gudmundsson, un tiro a fil di palo ispirato da una gran giocata di Kean. La rete della Fiorentina ha cambiato e acceso la partita solo dal punto di vista emotivo, anche perché Palladino ha ritenuto opportuno che la sua squadra restasse in campo con la difesa a tre. Certo, gli ingressi di Gosens e di Beltrán hanno reso più offensiva la disposizione della squadra viola, passata prima al 3-4-1-2 e infine al 3-4-3 puro.

Direttamente dal finale di partita, il 5-3-2 del Napoli contro il 3-4-3 della Fiorentina

Il Napoli, però, ha risposto con gli ingressi di Olivera, Billing, Simeone e Juan Jesus, che hanno determinato il passaggio a un 3-5-2/5-3-2 sempre più ortodosso. E sempre più coperto. La sofferenza degli azzurri è stata solo apparente: dopo il gol del 2-1, la Fiorentina ha tenuto il pallone per più tempo (la squadra viola ha tenuto una percentuale di possesso del 62% nell’ultima mezz’ora di partita), ma non ha costruito tiri in porta. Anzi, la squadra di Conte ha tirato di più (4-3) e per 2 volte, prima con Politano e poi con Simeone, ha centrato lo specchio e quindi ha costretto De Gea a intervenire.

Conclusioni

Come ha detto Conte, il finale in apnea è stato una questione di percezioni. Di ansia stagnante, più che di effettiva difficoltà tecnica. E allora si può dire: il Napoli è venuto fuori dalla crisi di risultati con una gara tatticamente significativa, ricca di spunti, soprattutto se pensiamo che a Conte mancavano (ancora) due giocatori come Anguissa e David Neres.

Il fatto di aver sopperito a certe assenze valorizzando le risorse interne è una medaglia enorme da apporre sul petto dell’allenatore del Napoli. Anche e soprattutto guardando la cosa da un punto di vista “aziendale”: il solo ritorno di Raspadori ha un valore tecnico-economico importante. E lo stesso discorso vale per Spinazzola, per Gilmour, in qualche modo anche per Billing (che anche contro la Fiorentina è entrato in campo con lo spirito giusto).

Anche se continua a punzecchiare un po’ l’ambiente e la società con le sue interviste, Conte ha dimostrato che il mercato non è l’unica soluzione ai problemi di una squadra di calcio. Che le difficoltà, e persino le emergenze, si riescono superare attraverso il lavoro sul campo e la fantasia. Certo, poter lavorare su Raspadori invece che su un calciatore non pronto per andare in campo – si veda alla voce Okafor – fa e farà sempre la differenza. Ma la realtà è che un allenatore, se e quando riesce a creare un legame forte della sua squadra, può davvero cambiarne il destino. Lo dice il fatto che il Napoli di Conte, a marzo 2025, sia ancora in grado di cambiare pelle. Lo dice il fatto che il Napoli di Conte, a marzo 2025, sia pienamente in corsa per vincere il campionato.

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