Se muovi bene il pallone, attacchi e subisci di meno. Il contrario di quel che è successo nel finale. Va ringraziato anche Conceiçao

Il ritorno del vero Napoli (attaccare e difendere sono la stessa cosa)
Il primo tempo di Napoli-Milan 2-1 ci ha restituito il vero Napoli-di-Conte. Ci ha mostrato di nuovo una squadra fisicamente impetuosa, aggressiva, dai meccanismi tattici ben oliati. E che ha anche buonissime qualità individuali, qualità che il lavoro dell’allenatore finisce per moltiplicare – e non semplicemente sommare in maniera algebrica. Certo, le scelte suicide di Sergio Conceição – ne parleremo diffusamente – hanno aiutato la squadra azzurra, le hanno permesso di difendere con intensità senza doversi guardare troppo alle spalle, di portare molti uomini nella metà campo avversaria.
Ma i demeriti del Milan e del suo allenatore vanno di pari passo con ciò che di buono è venuto fuori dal lavoro di Conte. Che, tra l’altro, ha dovuto reinventare completamente la sua squadra a causa dell’improvvisa indisponibilità di McTominay: lo ha confessato lui stesso a Dazn, nel postpartita, quando ha detto che avrebbe voluto iniziare la gara con Raspadori titolare, col 4-4-2 e con Neres in panchina. Ovviamente è stata tutta pretattica, anzi è stata tutta postnarrazione. Ma in fondo, a pensarci bene, che senso ha rovinare una bella storia con la verità?
Il punto è che il Napoli, sempre al netto degli enormi problemi manifestati dal Milan, ha ritrovato David Neres e quindi una certa imprevedibilità offensiva. Un’imprevedibilità tecnica, non derivante dalla tattica, e che quindi permette ai giocatori di Conte di muovere il pallone in modo fluido. La conseguenza diretta di questa condizione, come si è visto proprio nel secondo tempo – naturalmente al contrario – di Napoli-Milan, è che diventa possibile difendere bene. Perché il calcio contemporaneo è questo: fase offensiva e fase difensiva sono due mondi in osmosi, si mescolano costantemente. Anzi, sono la stessa cosa: solo chi muove bene il pallone, chi ha gli strumenti per farlo in modo efficace, può pensare di governare il gioco. E di vincere le partite con continuità.
Il gol di Politano e il 4-3-3
Il Napoli ha iniziato la sfida contro il Milan con il 4-3-3 puro: linea a quattro Di Lorenzo-Rrahmani-Buongiorno-Olivera, Lobotka vertice basso, Gilmour e Anguissa interni, Politano e Neres ai lati di Lukaku. Il gol dopo 60 secondi di gioco ha certamente diluito subito la partita, nel senso che ha permesso alla squadra di Conte di scrollarsi di dosso l’ansia di dover segnare. Ma in realtà anche la rete di Politano ha un suo peso tattico. Intanto perché è arrivato al termine di un tipo di manovra che il Napoli mastica relativamente poco, ovvero quella condotta con tre tocchi tutta in verticale. Ma soprattutto perché ha messo subito in evidenza le enormi storture presenti nel Milan disegnato da Conceição per la gara del Maradona:
Saggio breve di calcio verticale
Succede tutto in pochi istanti, ma sono cose molto significative. Perché tutto nasce da una disposizione insensata dal Milan in fase di pressione: il Napoli costruisce con Meret e Rrahmani ma da parte dei rossoneri non c’è aggressività, Reijnders segue Gilmour e nessuno prende Lobotka, João Félix è fermo nella terra di mezzo e lascia la ricezione facile a Di Lorenzo. Anche il doble pivote rossonero (composto da Bondo e Fofana) è basso, di fatto quindi al Napoli basta un passaggio per uscire dalla sua trequarti campo. E poi ne basta un altro per saltare completamente il centrocampo.
A quel punto la difesa può scappare all’indietro o andare in avanti per cercare di mettere in fuorigioco Lukaku e Politano, e invece l’allineamento tra Pavlovic e Theo Hernández è semplicemente inesistente. Al punto che Politano può scattare alle spalle del centrale serbo, aspettare il suo ritorno per trovare la coordinazione e tirare sul primo palo. Quattro o forse cinque tocchi al pallone, Napoli in vantaggio.
Nel video si vede chiaramente la disposizione 4-3-3 tenuta dal Napoli. Da notare, però, anche la fluidità posizionale in fase di impostazione: nel momento in cui Meret allarga il pallone verso Rrahmani, Lobotka è più avanti mentre Anguissa e Gilmour formano il doble pivote. Chiaramente il pressing sballato del Milan non dipende solo da questa condizione, è proprio un problema strutturale della squadra di Conceição, ma gli interscambi a centrocampo sono stati una costante nel corso della partita. Merito soprattutto della poliedricità di Gilmour, che come al solito ha pensato come un regista ma ha anche garantito appoggi e intuizioni da mezzala.
Aggressività feroce
Come detto, il gol immediato ha permesso al Napoli di approcciare la partita in modo più spensierato, ma non nel senso di superficiale: nel senso di feroce. C’erano anche degli incastri tattici favorevoli: Conceição ha messo in campo un Milan schierato con un 4-2-3-1 asimmetrico, nel senso che l’esterno offensivo di sinistra – João Félix – tendeva a convergere verso il centro mentre il sottopunta Rijnders veniva incontro per ricevere palla. Di conseguenza, gli accoppiamenti in marcatura sono risultati semplicissimi: Di Lorenzo seguiva l’olandese, gli altri tre difensori azzurri (Rrahmani, Buongiorno e Olivera) erano su João Félix, Abraham e Pulisic. In mezzo, uno a turno tra Lobotka, Gilmour e Anguissa – soprattutto il camerunese – si accoppiava a Lukaku nella chiusura sui due centrali. Nel frattempo, Politano seguiva Theo e Neres si occupava di Walker.
Le marcature a uomo del Napoli, in fase statica ein fase dinamica
Si è determinato un contesto in cui il Milan, in pratica, non è mai riuscito a venir fuori in modo pulito dalla sua metà campo. L’unico tiro non respinto su azione manovrata, guardando ovviamente al primo tempo, è stato quello di Abraham al minuto 10′. Per il resto, la squadra rossonera ha costruito 4 conclusioni, di cui 2 respinte dai giocatori di Conte. Nessuna di queste è finita nello specchio della porta di Meret.
Alla base di questa totale inconsistenza offensiva c’è stata la feroce aggressività del Napoli. Che, come detto, ha fatto valere le intuizioni tattiche del suo allenatore per dominare la partita a livello difensivo e di intensità. Fino al punto da trovare il gol del raddoppio proprio a partire da un recupero palla in zona avanzata di campo, una giocata riuscita a Buongiorno perché le marcature degli azzurri e la spietatezza con cui sono state portate hanno praticamente cancellato il Milan.
Ora parliamo anche del tiro di Lukaku
È chiaro come il sole: in questa azione, la differenza viene fatta (anche) dal pessimo allineamento della difesa del Milan. E dalla fortuna di Lukaku, che di fatto batte Maignan con un pallonetto involontario, con un tiro schiacciato sull’erba del Maradona. Ma, come detto, tutto nasce da Buongiorno che si mangia letteralmente Abraham. Dall’atteggiamento tenuto dal difensore centrale del Napoli e da tutti i suoi compagni. Dal lavoro fatto da Conte per preparare questa partita.
Il Milan di Conceição, una squadra che gioca in modo basico e che per questo soffre l’aggressività organizzata, è caduta nella trappola preparata dall’allenatore del Napoli. Poi è chiaro, le scelte di formazione del tecnico portoghese hanno finito per rendere ancora più difficile la situazione dei rossoneri. Ma resta il fatto che la squadra di Conte ha dato la sensazione di poter essere pericolosa a ogni recupero palla, a ogni azione in verticale. Anzi, il fatto che il primo tempo si sia concluso “solo” 2-0 deve essere considerato come un piccolo rimpianto, per gli azzurri.
L’ingresso di Leão, il calo del Napoli
Sì, perché nell’intervallo Conceição è letteralmente rinsavito. E ha rimesso il Milan in condizione di essere una squadra dall’approccio sensato: con Leão per Bondo e l’arretramente di Reijnders, i rossoneri sono passati al 4-2-3-1 puro, anzi in realtà il centrocampista dei Paesi Bassi era spesso schierato in verticale rispetto a Fofana, determinando una sorta di 4-1-4-1. Poi sono entrati Chukwueze e Giménez, che hanno portato il Milan ad avere un atteggiamento ancora più offensivo.
Il cambio di passo, naturalmente, è arrivato da Leão. Che, in pratica, ha costretto Politano a restare sempre dietro e quindi ha portato il Napoli ad abbassarsi di molti metri sul terreno di gioco. A non uscire più in modo pulito dalla sua metà campo. E qui, esattamente in questo punto, torniamo al discorso iniziale: nel secondo tempo, il Napoli è calato dal punto di vista della qualità di possesso. Nel senso che il Milan gli ha impedito di tenere il pallone in modo efficace, e di conseguenza la squadra di Conte ha sofferto molto anche in fase difensiva.
Nello screen in alto, si vede Politano che arretra per seguire da vicino Leão. Sopra, invece, si vede benissimo il 4-1-4-1 con cui attacca la squadra di Conceição.
I dati, molto più di queste immagini, sono eloquenti e quindi inconfutabili: nella ripresa, il Milan ha messo insieme 12 tiri tentati, di cui 10 sono arrivate al termine di azioni manovrate. Certo, alla fine il computo è di sole 4 conclusioni nello specchio della porta di Meret, rigore compreso: 2 di Pavlovic, abbastanza semplici da parare, e quella di Jovic che ha determinato il gol del 2-1. La sofferenza, quindi, è stata più percepita – e quindi tattica – che reale. Ma da dove sono nati questi scompensi?
Intanto, come detto, hanno inciso molto le difficoltà del Napoli a venire fuori palla al piede. Poi, però, ci si sono messe anche le contingenze: Billing è entrato in modo più svagato rispetto ad altre occasioni, infatti ha concesso un rigore molto ingenuo alla prima giocata vera della sua partita, ma soprattutto il suo ingresso ha tolto al Napoli l’intelligenza posizionale di Anguissa, uno dei migliori centrocampisti della Serie A quando c’è da affrontare gli avversari attraverso duelli diretti. Poi c’è stato un altro forfait a dir poco significativo, quello di Lobotka: nel quarto d’ora vissuto senza il suo centromediano, un Napoli già privo di sbocchi in fase di costruzione è arrivato a tenere un possesso palla pari al 17,8%. Poco, troppo poco.
L’assenza di centrocampisti in panchina, poi, ha determinato le condizioni perché il Milan trovasse il gol del pareggio: l’ingresso di Juan Jesus e il passaggio al 5-4-1 hanno tolto al Napoli la capacità di arginare i giocatori avversari sulle fasce. È bastato un uno-due veloce, a Theo e Leão, per bucare la difesa di Conte. Si vede chiaramente dal video dell’azione conclusa da Jovic con un tocco a porta praticamente spalancata:
Tutto molto semplice (ma solo in teoria)
Il Napoli qui è troppo schiacciato, Buongiorno è l’unico che prova ad alzarsi un po’, Politano è stanco e non riesce a leggere in anticipo lo scambio preparato da Theo e Leão. Che poi ovviamente sono giocatori di qualità, si muovono benissimo e alla fine confezionano un cross su cui è davvero difficilissimo difendere. Al punto che viene da chiedersi: perché Conceição non ha inserito Leão e creato queste dinamiche dal primo minuto? Turn over in vista del derby di Coppa Italia? O una semplice scelta sbagliata? Dal punto di vista del Napoli, tutto di guadagnato.
Dopo il gol di Jovic, Conte – non a caso, viene da dire – ha cambiato gli esterni Politano e Neres. Anche Billing è salito leggermente di tono, e infatti ha chiuso la partita con 2 contrasti vinti, 2 passaggi intercettati e un tiro deviato. È così, con la forza e con la resistenza e con un pizzico di fortuna, che il Napoli ha evitato un pareggio-beffa. Un pareggio che forse il Milan avrebbe anche meritato, ma solo guardando alla prestazione del secondo tempo. Una prestazione, per altro, frutto più di un impatto molto forte di Leão che di un reale cambiamento tattico: il gioco della squadra rossonera, infatti, è rimasto piuttosto basico, senza grossi picchi di sofisticatezza.
Conclusioni
Il fatto che il Napoli abbia retto, insomma, non è solo un evento casuale. A maggior ragione se pensiamo al fatto che, nell’ultimo quarto d’ora, Conte ha dovuto rinunciare a tutti i centrocampisti che ha utilizzato di più dall’inizio di questo campionato. E allora le sue dichiarazioni nel postpartita («Se recuperiamo tutti i giocatori possiamo dare fastidio fino alla fine») assumono un significato molto più profondo: il Napoli visto nel primo tempo e per buona parte del secondo – alla fin fine il primo tiro in porta del Milan nella ripresa è stato il rigore di Giménez, al minuto 64 – è una squadra che ha gli strumenti, la forza e anche la qualità per poter battere tutte le avversarie che affronterà fino al termine del campionato.
Queste parole sono valide anche dal punto di vista tattico: Conte ha costruito una squadra con dei principi e quindi con un’identità estremamente riconoscibili, a cui servono determinati giocatori per poter essere davvero performante. David Neres, Lobotka, Anguissa, Buongiorno, Lukaku, Politano, McTominay tutti a loro modo sono fondamentali. Il tecnico azzurro ha sempre cercato – e alla fine ha trovato – un modo per superare i problemi legati alle assenze, e questo è un suo grande merito. Ma il miglior Napoli è e resta quello arrivato all’apice della forma tra dicembre e gennaio. È a quella squadra che bisogna guardare, e contro il Milan Conte ha potuto ricominciare a farlo. Il risultato, in questo senso, non mente.