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Omicidio Diabolik, condannato all’ergastolo il killer Calderon

L’edizione online de La Repubblica: “Un verdetto che conferma ciò che la strada sapeva da tempo”.

Omicidio Diabolik, condannato all’ergastolo il killer Calderon
As Roma 01/09/2019 - campionato di calcio serie A / Lazio-Roma / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: tifosi Lazio

La Corte d’Assise di Roma ha condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon, il cittadino argentino accusato dell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, detto ‘Diabolik. A riferirlo è l’edizione online de la Repubblica, che ha dedicato un ampio approfondimento alla vicenda. Ve ne riportiamo un estratto.

Omicidio ‘Diabolik?, ergastolo per Raul Esteban Calderon: la ricostruzione

“A uccidere Diabolik è stato Raul Esteban Calderon. E poco importa se, secondo l’Antimafia, in realtà l’imputato si chiami Gustavo Alejandro Musumeci. Ciò che conta è che il tribunale lo ha condannato all’ergastolo, e per la prima volta, ha cristallizzato un elemento fondamentale della storia della malavita romana, spiegando chi è il killer di Fabrizio Piscitelli, il capo degli Irriducibili della Lazio ucciso il 7 agosto 2019 su una panchina al Parco degli Acquedotti. Perché Diabolik non era solo un capo ultras. O comunque non è per questo che la sua esecuzione è stata decisa, commissionata e realizzata”, si legge sull’edizione online del noto quotidiano.

L’aggravante mafiosa è stata esclusa, ma Repubblica sottolinea: “Piscitelli era soprattutto al vertice della batteria di Ponte Milvio, un gruppo di pregiudicati italiani e albanesi, pugili, picchiatori, spacciatori, estorsori. Vendevano costantemente cocaina, fumo, erba. E recuperavano denaro con metodi violenti […] Una batteria potente, capace di fare concorrenza ai due consoli della droga romana, Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, che praticamente rifornivano le piazze di spaccio di tutta Roma. Forse è per questo che Diabolik è stato ucciso. O forse perché aveva alzato troppo la testa, e da generale del crimine voleva diventare ammiraglio, boss capace di organizzare pax mafiose tra clan per silenziare le pistole che danneggiavano gli affari sul litorale romano”.

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Piscitelli era stato ucciso il 7 agosto 2019 mentre era seduto su una panchina al parco degli Acquedotti. La ricostruzione: “Quel 7 agosto tutto era stato organizzato nei minimi particolari. Secondo i sostituti procuratori Francesco Cascini, Mario Palazzi e Rita Ceraso, Calderon era uscito di casa con una pistola, un’arma che, a sentire la sua ex compagna (ribattezzata “Buscettina” per via delle sue dichiarazioni), custodiva in un’anfora. Era travestito da runner quando è arrivato al parco. Un video racconta cosa è accaduto. “Quello che sembrava impossibile, ossia un delitto in pieno giorno in un parco pubblico pieno di gente, persino di mamme e carrozzine, in un caldo tardo pomeriggio estivo – avevano scritto i pm – si rivela la scena perfetta per l’azione a colpo sicuro di un killer di grande professionalità”. Quel giorno “Piscitelli e il proprio autista giungono sulla strada che costeggia il parco, dove parcheggiano l’automobile. Scendono dall’auto, una Jeep Compass di colore bianco a noleggio, e scavalcando il muretto che separa il marciapiede dal parco, vanno a sedersi su una panchina, rimanendo in attesa” […] Quando il killer arriva, indossa una bandana in testa, i pantaloncini da jogging e il suo volto è coperto da occhiali da sole. Corre, poi rallenta, si avvicina alla panchina e preme il grilletto. Un solo colpo”.

“Un verdetto che conferma ciò che la strada sapeva da tempo: Calderon “ha ammazzato Diabolik, lo sa tutta Roma”, ha detto un pescecane del calibro di Enrico Bennato. C’è anche un’altra verità che conoscono i magistrati: “perché e a favore di chi è stato ucciso”. Ma questo è oggetto di un’altra inchiesta in cui sono indagati anche Leandro Bennato, Giuseppe Molisso e Michele Senese”, sottolinea Repubblica.

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