L’edizione online de La Repubblica: “Un verdetto che conferma ciò che la strada sapeva da tempo”.

La Corte d’Assise di Roma ha condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon, il cittadino argentino accusato dell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, detto ‘Diabolik. A riferirlo è l’edizione online de la Repubblica, che ha dedicato un ampio approfondimento alla vicenda. Ve ne riportiamo un estratto.
Omicidio ‘Diabolik?, ergastolo per Raul Esteban Calderon: la ricostruzione
“A uccidere Diabolik è stato Raul Esteban Calderon. E poco importa se, secondo l’Antimafia, in realtà l’imputato si chiami Gustavo Alejandro Musumeci. Ciò che conta è che il tribunale lo ha condannato all’ergastolo, e per la prima volta, ha cristallizzato un elemento fondamentale della storia della malavita romana, spiegando chi è il killer di Fabrizio Piscitelli, il capo degli Irriducibili della Lazio ucciso il 7 agosto 2019 su una panchina al Parco degli Acquedotti. Perché Diabolik non era solo un capo ultras. O comunque non è per questo che la sua esecuzione è stata decisa, commissionata e realizzata”, si legge sull’edizione online del noto quotidiano.
L’aggravante mafiosa è stata esclusa, ma Repubblica sottolinea: “Piscitelli era soprattutto al vertice della batteria di Ponte Milvio, un gruppo di pregiudicati italiani e albanesi, pugili, picchiatori, spacciatori, estorsori. Vendevano costantemente cocaina, fumo, erba. E recuperavano denaro con metodi violenti […] Una batteria potente, capace di fare concorrenza ai due consoli della droga romana, Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, che praticamente rifornivano le piazze di spaccio di tutta Roma. Forse è per questo che Diabolik è stato ucciso. O forse perché aveva alzato troppo la testa, e da generale del crimine voleva diventare ammiraglio, boss capace di organizzare pax mafiose tra clan per silenziare le pistole che danneggiavano gli affari sul litorale romano”.
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Piscitelli era stato ucciso il 7 agosto 2019 mentre era seduto su una panchina al parco degli Acquedotti. La ricostruzione: “Quel 7 agosto tutto era stato organizzato nei minimi particolari. Secondo i sostituti procuratori Francesco Cascini, Mario Palazzi e Rita Ceraso, Calderon era uscito di casa con una pistola, un’arma che, a sentire la sua ex compagna (ribattezzata “Buscettina” per via delle sue dichiarazioni), custodiva in un’anfora. Era travestito da runner quando è arrivato al parco. Un video racconta cosa è accaduto. “Quello che sembrava impossibile, ossia un delitto in pieno giorno in un parco pubblico pieno di gente, persino di mamme e carrozzine, in un caldo tardo pomeriggio estivo – avevano scritto i pm – si rivela la scena perfetta per l’azione a colpo sicuro di un killer di grande professionalità”. Quel giorno “Piscitelli e il proprio autista giungono sulla strada che costeggia il parco, dove parcheggiano l’automobile. Scendono dall’auto, una Jeep Compass di colore bianco a noleggio, e scavalcando il muretto che separa il marciapiede dal parco, vanno a sedersi su una panchina, rimanendo in attesa” […] Quando il killer arriva, indossa una bandana in testa, i pantaloncini da jogging e il suo volto è coperto da occhiali da sole. Corre, poi rallenta, si avvicina alla panchina e preme il grilletto. Un solo colpo”.
“Un verdetto che conferma ciò che la strada sapeva da tempo: Calderon “ha ammazzato Diabolik, lo sa tutta Roma”, ha detto un pescecane del calibro di Enrico Bennato. C’è anche un’altra verità che conoscono i magistrati: “perché e a favore di chi è stato ucciso”. Ma questo è oggetto di un’altra inchiesta in cui sono indagati anche Leandro Bennato, Giuseppe Molisso e Michele Senese”, sottolinea Repubblica.