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Pepito Rossi: «Il calcio è un mondo falso. Fino al giorno prima mi volevano tutti, poi più nessuno»

Al CorSera: «Guardiola mi voleva al Barcellona, poi presero Sanchez. Dovevo essere il post Del Piero alla Juve, Marotta e Conte offrirono quasi 30 milioni, il Villarreal non mi cedette».

Pepito Rossi: «Il calcio è un mondo falso. Fino al giorno prima mi volevano tutti, poi più nessuno»
Mg Torino 20/08/2016 - campionato di calcio serie A / Juventus-Fiorentina / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Giuseppe Rossi

Giuseppe Rossi ha lasciato il calcio all’età di 38 anni. Gli infortuni non gli hanno permesso di fare la carriera che meritava. Se Bearzot stesso gli coniò il soprannome “Pepito”, perché semplicemente gli ricordava il suo pupillo, Paolo Rossi, ben al di là dell’omonimia, allora qualcosa doveva pur dire. Lui è forse l’ultimo degli italiani ad avere un talento fuori dal comune. Forse non tutti conoscono la sua storia.

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Alla sua partita di addio ci sarà anche Ferguson:
«Mi ha detto subito di sì. Speriamo non faccia come quella volta a Birmingham… Quarti di Coppa di Lega, 0-0 dopo il primo tempo. All’intervallo mi sgrida. “Devi darti da fare”. Mi sostituisce e dopo 5’ facciamo due gol».

Come ci finì al Manchester United?
«Un emissario del club si presentò a Parma, avevo 17 anni. Mi chiese di aprire la mano e mi consegnò una spilla con il logo della squadra. Firmai il contratto in un ristorante, con me c’era papà».

Racconta anche del rapporto con il padre. Grazie a lui lasciò l’America, dove era nato, per andare a giocare nel Parma:
«A 12 anni lasciai gli Stati Uniti per trasferirmi al Parma. Lui partì con me. Non parlavo bene la lingua, a scuola i ragazzi non erano accoglienti, mi sentivo solo. Piangevo molto, dopo un mese e mezzo venne a trovarci mamma. Ricordo ancora la forza di quell’abbraccio».

E papà?
«Non volevo fargli vedere le mie difficoltà, ma lui aveva capito tutto. Più avanti mi confessò che aveva tenuto pronte le valigie per un mese e che mi avrebbe voluto bene anche se fossimo tornati in America».

«Guardiola mi voleva al Barcellona, durante la trattativa mi trovavo ad Acquaviva d’Isernia, il paese d’origine di mia mamma. Trecento abitanti, il cellulare non prendeva. Giravo per strada con le braccia al cielo in cerca di una tacca. Poi il Barça non trovò l’accordo e prese Sanchez».

Fu l’unico treno perso?
«Per la Juventus dovevo essere il post Del Piero. Ero in macchina con mio zio, lui che guidava e io dietro che parlavo al telefono con Marotta e Conte. Offrirono quasi 30 milioni ma il Villarreal era appena tornato in Champions e non se la sentì di cedermi».

Nel suo momento migliore si rompe il ginocchio per la prima volta.
«Infortuni così ti tolgono un anno e io in carriera ne ho avuti cinque. Il dolore è tanto, come il tempo da trascorrere da soli. Il calcio è un mondo falso. Fino al giorno prima mi volevano tutti, poi più nessuno».

Oggi gioca la Nazionale. Per lei gioie e dolori.
«Nel 2010 Lippi non mi portò al Mondiale. Dopo la morte di papà restai a casa un mese e mezzo e lui non mi ritenne pronto a livello psicologico. E poi Prandelli mi tenne fuori da quello del 2014. Non mi vedeva bene fisicamente, però i test dicevano altro».

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