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Petrucci: «Che colpa ne ho se sono anziano ma vinco sempre io? Trump ha solo un anno meno di me»

A Repubblica: «Sarò vecchio e antipatico, ma sono ancora qua. E mi piace se mi attaccano. Il giorno in cui non verrò più deriso vuol dire che non conterò più nulla».

Petrucci: «Che colpa ne ho se sono anziano ma vinco sempre io? Trump ha solo un anno meno di me»
Db Milano 29/11/2021 - qualificazioni Mondiali 2023 di basket / Italia-Olanda / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianni Petrucci

Repubblica intervista Gianni Petrucci, ottant’anni da compiere a luglio, nell’aprile 2024 ha rischiato la vita in un incidente d’auto. A dicembre è stato rieletto alla presidenza della Federbasket per la quarta volta di fila, la settima dal 1992. In mezzo, quattro mandati alla guida del Coni, dal 1999 al 2013. 

E cosa si pensa, Petrucci? «Rivedo tutto: la macchina va per conto suo, mia moglie mi urla di frenare, il pedale non risponde, il burrone davanti a noi. Mi son detto: allora è così che si muore, ci vuole un attimo. Ma ho provato una serenità incredibile. Nessuna paura. Siamo atterrati quindici metri più sotto, ho guardato mia moglie, era viva. Il cellulare funzionava e ho chiamato i soccorsi. Sono rimasto sempre lucido, anche quando l’elicottero ci ha tirati su». 

Cosa le ha insegnato l’incidente? «Che il Signore non rispetta le precedenze. E anche io avevo altri programmi. Sarò vecchio e antipatico, ma sono ancora qua. E mi piace se mi attaccano. Il giorno in cui non verrò più deriso vuol dire che non conterò più nulla».

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Non ha pensato di lasciare la Federbasket per un ricambio? «Che colpa ne ho se sono anziano ma vinco sempre io? Trump ha solo un anno meno di me, perché dovrei farmi da parte? Non tocca a me creare il mio successore. E sono più longevi altri presidenti, io per 14 anni non sono stato in federazione». 

«Ho avuto una vita fantastica, ho conosciuto la regina Elisabetta, Andreotti. E l’Avvocato Agnelli: partita inaugurale di Italia ’90 a Milano, mi portò sul suo aereo con Gawronski, Montezemolo, Matarrese. Io ero il meno importante, lo capii dal posto che mi avevano dato, accanto al gabinetto: non mi filava nessuno. Loro discutevano di un acquisto per la Juve, ballava un miliardo di lire. Entrai nella conversazione: avvocato, cos’è un miliardo per lei… Pensavo di lusingarlo, mi gelò: caro Petrucci, un miliardo è un miliardo per tutti. E io capii che certe volte devo starmi zitto». 

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