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Pogacar: «C’è una regola nello sport: gli atleti raccolgono più sconfitte che vittorie. Valeva anche per Merckx»

A ll Giornale in vista della Milano-Sanremo: «Ho la sensazione che possa diventare la mia maledizione. Ci sono andato vicino a vincerla eppure la sento così lontana…»

Pogacar: «C’è una regola nello sport: gli atleti raccolgono più sconfitte che vittorie. Valeva anche per Merckx»
UAE Team Emirates' Slovenian rider Tadej Pogacar cycles to the finish line to win the 6th stage of the 110th edition of the Tour de France cycling race, 145 km between Tarbes and Cauterets-Cambasque, in the Pyrenees mountains in southwestern France, on July 6, 2023. Marco BERTORELLO / AFP

Il Giornale ha intervistato Tadej Pogacar in vista della Milano-Sanremo, la leggendaria corsa ciclistica. Di seguito alcuni estratti dell’intervista.

Pogacar: «Ho la sensazione che la Milano-Sanremo possa diventare la mia maledizione»

Sulla corsa lo scorso settembre disse:
«Ho la sensazione che possa diventare la mia maledizione. Ci sono andato vicino a vincerla eppure la sento così lontana…».

Al Giornale invece confessa:
«Sa che è una regola dello sport: gli atleti raccolgono più sconfitte delle vittorie. Questo valeva anche per Eddy Merckx».

La Sanremo l’ha scoperta nel 2020,un’edizione estiva a causa del Covid chiusa
con un 12° posto.
«Corremmo ad agosto (l’8, ndc), con un gran caldo. Corsa lunghissima, di 305 km, 7 ore e un quarto di corsa con la vittoria di Wout Van Aert. Per me fu un viaggio verso la conoscenza».

Adesso, dopo un quinto, un quarto e un terzo, cosa ha capito?
«Che è dura. Che basta poco per perderla, spero che manchi poco per vincerla».

«Anche se sono convinto di una cosa, che per vincerla occorre anche tanta buona sorte».

Che sensazione ha: la Sanremo la sente davvero così lontana?
«Direi di no. E lo sa perché? Ci sono arrivato troppe volte vicino».

È lanciato in una corsa solitaria per essere il migliore della storia (l’Equipe)

Pogacar vince ancora. Ormai lo sloveno non fa più notizia. L’ultima sua conquista è il Giro di Lombardia. Per gli avversari, quando in gara c’è lui, non ci sono speranze. Tadej non lascia nemmeno le briciole. L’Equipe, come spesso accade, descrive al meglio la stagione, la forma e i successi di Pogacar.

Dietro di lui al Giro di Lombardia Evenpoel, oro alle Olimpiadi di Parigi. Non certo un ragazzino alle prime pedalate. Eppure “quando c’è Pogacar, il suo posto è quello del 2°. Il belga non ha nemmeno provato ad aggrapparsi al volante dello sloveno quando ha attaccato, sa che è vano, che non c’è niente da guadagnare se buttare all’aria una corsa”.

Secondo il quotidiano francese, sono due gli aspetti di Pogacar che vanno analizzati. Quantomeno accennati. “Innanzitutto il numero dei suoi successi (tra cui Giro d’Italia, Tour de France e Mondiale, ndr). Venticinque vittorie, inaudite per un non velocista e per l’istituzione del World Tour, periodo in cui il calendario è rimasto più o meno lo stesso. Soli cinquantasette giorni di gare, che parlano di supremazia, di assolutismo”.

Dalle Strade Bianche di inizio marzo, primo giorno di gare e primo successo, alla Lombardia di sabato, ha schiacciato i suoi avversari – nota l’Equipe – si è messo a dimostrare la sua superiorità, la sua differenza dagli altri, il mondo che li separa da lui. Lanciato in una corsa che conduce da solo, per la storia, per essere il migliore”.

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