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Rummenigge: «I calciatori si lamentano di giocare troppo, ma si sono auto-intrappolati chiedendo più soldi»

Al CorSera: «La chiave è il salary cap, il tetto salariale. Bisogna discutere e cercare una soluzione che venga accettata da tutti. Infantino è disposto ad ascoltare».

Rummenigge: «I calciatori si lamentano di giocare troppo, ma si sono auto-intrappolati chiedendo più soldi»
Db Arco di Trento (Tn) 20/07/2012 - amichevole / Napoli-Bayern Monaco / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Karl-Heinz Rummenigge

In un’intervista al Corriere della Sera, Karl-Heinz Rummenigge, ex calciatore e presidente dell’Eca (Associazione club europei), ha espresso il suo disappunto sugli stipendi dei calciatori, definiti eccessivamente alti. Attualmente è nel consiglio direttivo del Bayern Monaco.

Rummenigge: «I calciatori si lamentano di giocare troppo, ma si sono auto-intrappolati chiedendo più soldi»

A nessuno piace l’idea di sfidare l’Inter in Champions. Che ne pensa il suo Bayern?

«Sono le mie due squadre del cuore e non sono molto felice di questo quarto. L’idea che una delle due debba uscire non mi piace: preferivo sfidare l’Inter in finale».

Cosa hanno in comune Lautaro e Kane?

«Sono molto importanti per la loro squadra, due leader. Ma come giocatori sono diversi, Kane è la classica prima punta, Lautaro secondo me è più una seconda punta: molto bravo, molto utile, mi è sempre piaciuto e l’ho apprezzato in Qatar. Nell’Inter è lui che fa la differenza».

La nuova Champions ha dimostrato una volta per tutte che la Superlega non serve?

«Nel 2020 suggerii alla Uefa di andare oltre la fase a gruppi, che stava diventando noiosa. La classifica unica è la cosa più bella che abbia mai visto: la situazione all’ultima giornata cambiava minuto per minuto. Quanto alla Superlega, era morta e sepolta subito, con l’uscita delle inglesi e delle italiane: sono rimaste le due spagnole, che se vogliono possono giocare il Clasico ogni domenica…».

Perché lei è sempre duro contro i calciatori che si lamentano di giocare troppo?

«Perché credo che i giocatori si siano messi in trappola da soli, chiedendo sempre più soldi. Quei soldi, in un modo o in un altro devono essere guadagnati dalle società, facendo più partite, che sono richieste dal mercato tv. Ma se ogni anno i giocatori chiedono più salari e gli agenti chiedono soldi anche per fare ogni tanto due chiacchiere, quale società è ancora in grado di guadagnare?».

Come se ne esce?

«Conosco molto bene il proprietario del Liverpool, John Henry: investe tanto anche nello sport americano e prima del campionato sa che la stagione produrrà comunque degli utili. La chiave è il salary cap, il tetto salariale. Tutte le parti si devono trovare attorno a un tavolo: Uefa, Fifa, Leghe, giocatori, agenti. Bisogna discutere senza emotività e cercare una soluzione che venga accettata da tutti. Ho vissuto il caso Bosman e altri casi legali e so che gli agenti corrono subito a fare causa: questo va evitato».

Il confronto è già in atto?

«Ho parlato con il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ed è disposto ad aprire il discorso: anche per lui è importante che tutti siano presenti e coinvolti. Se nessuno toglie il piede dall’acceleratore, il calcio finisce dritto contro a un muro».

C’è un doppio Italia-Germania per le finali di Nations: gli azzurri sono ancora la bestia nera dei tedeschi?

«Vedendo l’ultimo Europeo forse lo sono un po’ meno: l’Italia si è dimostrata meno stabile della Germania, forse perché noi giocavamo in casa. Ma le due partite saranno molto aperte».

Che cosa ricorda di Italia-Germania 4-3?

«Avevo 14 anni, ma al fischio d’inizio ero già a letto. Poi mio padre mi ha svegliato, perché era una partita storica: alla fine eravamo tristi, ma è stata una delle notti più belle del calcio mondiale».

Rimase più deluso dopo la finale del 1982 o nel 2006?

«Il Mondiale è l’unico titolo che mi manca, ho perso due finali: meritatamente quella con l’Italia, mentre con l’Argentina eravamo in grado di farcela. Nel 2006 la Germania pensava di vincere il Mondiale in casa come nel 1974, ma già prima della partita io avevo detto che se c’era una squadra che poteva batterci era l’Italia: anche in quel caso ha meritato».

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