A La Stampa: «Qualcosa non va nella cultura sportiva in Italia, l’idea che se vinci una volta devi vincere sempre, è micidiale»

Il ct della nazionale di pallavolo femminile, Julio Velasco, ha rilasciato un’intervista a La Stampa in occasione dei prossimi mondiali di volley.
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Velasco: «La cosa più difficile per un giocatore è l’obbligatorietà di vincere»
Ci sono già segnali positivi, i club italiani sono protagonisti assoluti: in Champions tre finaliste su quattro sono nostre.
«Il nostro movimento è così: forte, perentorio».
Insomma, è l’Italia che domina sotto rete.
«I club sono strutturati per budget e organizzazione, sono realtà consolidate. E poi, diciamolo, c’è anche l’assenza della Russia…».
Non la metterà mica in politica…
«No, per carità. Però a livello femminile i club forti sono quelli russi, quelli turchi e gli italiani».
Velasco crede nella pace?
«Ci spero. Ma trovo scandaloso che l’Occidente continui a comprare gas da Mosca mentre i giovani russi non possono giocare, non possono praticare lo sport di squadra a livello internazionale. Lo trovo scandaloso. E non è la prima volta. Penso al boicottaggio all’Olimpiade di Los Angeles, a quello ai Giochi di Mosca, quello a metà di Seul: di mezzo ci va sempre lo sport».
Qui c’è l’Ucraina di mezzo, con Trump che imperversa: sarà lui l’uomo della pace?
«Io credo che alla pace in Ucraina si arriverà, non è la situazione della Palestina, lì sì che è arduo. In Medio Oriente è molto difficile immaginare una pace ed è una situazione complessa da tantissimi anni. Questa non è che sia facile, però non si è arrivati al punto di non ritorno. È chiaro che resta molto problematico trovare un accordo».
Parla anche del Papa, della sua malattia:
«Sto leggendo, però non vado oltre i titoli. È una persona di una certa età che ha complicazioni. Bisogna lasciarlo in pace».
Il mondo si interroga su cosa possa succedere in Vaticano con Francesco in ospedale così tanto tempo.
«Ho sempre trovato una cosa molto anacronistica che il Papa debba stare lì fino all’ultimo giorno. Quando un uomo arriva a una certa età con determinati problemi può tranquillamente fare come Benedetto XVI. È così, arriva un momento che per malattia, per vecchiaia, è più il tempo che sta lì con i medici che quello per fare il suo lavoro».
Ancora un passaggio in Argentina: al processo per la morte di Diego Maradona è stata esibita la foto choc del suo corpo sfinito.
«Fa un certo effetto, così come fu per la morte di Michael Jackson, di Whitney Houston. Star che muoiono in condizioni penose perché l’animo umano è complesso, così come gestire la fama estrema. Far vedere la sofferenza di una persona nei suoi ultimi giorni, secondo me non è giusto. In questo vale il senso del pudore, almeno per me».
Parliamo ancora di pallavolo? Ci sono gli azzurri di Fefè De Giorgi che guardano alla Nazionale femminile come a un esempio:
«A De Giorgi non mancano i giocatori, quello che manca invece è l’ambiente per il quale vincere un Mondiale è poca cosa finché non si vince l’Olimpiade. A quel punto, è molto difficile da gestire per i ragazzi che arrivano a questo Mondiale come campioni in carica. Vi sembra poca cosa? C’è qualcosa che non va nella cultura sportiva in Italia. Sa cosa ho detto a Fefè?».
Immagino, ma dica.
«Scherzando gli ho detto “Tu devi fare un programma in cui perdi tutte le partite da qua a Los Angeles 2028”, meno quelle delle qualificazioni, ovviamente. Così magari arriva con la squadra più tranquilla…».
Un modo per mettere le mani avanti.
«Sì, è giusto mettere le mani avanti, caspita! La cosa più difficile per un giocatore è l’obbligatorietà di vincere. Guardiamo la Juve, guardiamo Jacobs, guardiamo Tamberi. L’idea che se vinci una volta devi vincere sempre è micidiale».