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Barcellona-Inter del 2010, il bene contro il male, la sera in cui Mourinho tolse l’aureola a Guardiola (Guardian)

Il calcio non fu più lo stesso, dentro e fuori il campo. Mourinho vinse col 19% di possesso palla e insegnò che ciascuno può costruirsi la propria verità

Barcellona-Inter del 2010, il bene contro il male, la sera in cui Mourinho tolse l’aureola a Guardiola (Guardian)
Db Barcellona (Spagna) 28/04/2010 - Champions League / Barcellona-Inter / foto Daniele Buffa/Image sport nella foto: Jose' Mourinho-Zlatan Ibrahimovic-Josep Guardiola

Barcellona-Inter, la sera in cui Mourinho dimostrò che si può vincere col 19% di possesso palla

Il Guardian, con Jonathan Wilson, torna su quella doppia sfida tra Barcellona e Inter nel 2010 l’anno del triplete nerazzurro.

Mourinho definì la serata di Barcellona «la sconfitta più bella della mia carriera».

Giocando con 10 uomini per poco più di un’ora, l’Inter vinse 3-2 (avendo vinto 3-1 all’andata). Improvvisamente divenne evidente che non importava se si aveva la palla o no: si poteva vincere anche con il 19% di possesso. Tutta la doppia sfida si svolse in un’atmosfera apocalittica simboleggiata dal vulcano islandese Eyjafjallajökull la cui eruzione rese impossibile sorvolare l’Europa occidentale, costringendo Barcellona a recarsi a Milano in autobus per la gara d’andata.

Per alcuni fu il bene contro il male; per altri un ribelle emergente che osava sfidare l’impero dell’estetica.

Il Barcellona l’anno prima aveva vinto il triplete e Guardiola rivoluzionato il modo di giocare il calcio.

Il gioco è diventato improvvisamente un enorme rondò, tecnica suprema alleandosi con gli sviluppi nelle superfici di gioco in modo che i primi tocchi potessero essere dati per scontati e la superiorità è stata raggiunta dalla manipolazione dello spazio sul campo.

Il Guardian ricorda che Mourinho non si era mai sentito veramente accettato al Barcellona quando era aveva lavorato con Bobby Robson e Louis van Gaal.

Lo avevano chiamato il Traduttore, non solo perché era quello che era stato inizialmente, ma per sottolineare che non era mai stato un giocatore, che non era del club, che era un outsider. Non era, come Guardiola, uno di loro.

C’era sempre stata una vena cinica nel calcio di Mourinho, ma al Porto e al Chelsea il suo radicamento al Barcellona era stato evidente. La sua squadra pressava ed era in grado di dominare le partite col possesso. Ma all’Inter ha iniziato la mossa per diventare l’anti-Barcellona: se vogliono la palla, giocheremo senza; se vogliono pressare alto, ci abbasseremo.

Era in corso il passaggio alla fase della sua carriera “chi ha la palla, ha paura”.

Il Barcellona avrebbe chiuso quella stagione in Liga con 99 punti; ha perso solo quattro partite in tutte le competizioni. Sembrava quasi invincibile, dominante e rivoluzionario, destinato a diventare il primo club nell’era della Champions League a difendere con successo il titolo europeo.

Mourinho ridusse il Barcellona ad accendere gli irrigatori per fermare la sua esultanza in campo

All’andata l’Inter vinse 3-1 con un gol in fuorigioco e un rigore negato a Messi.

Il Guardian ricorda che Guardiola lasciò Ibrahimovic (pagato tantissimo all’Inter) in panchina contro il Villarreal. Zlatan diede il calcio a un gancio, Guardiola semplicemente lo raccolse e se ne andò.

Per Ibrahimovic, questa è stata la prova dello status beta di Guardiola: era un “piccolo pensatore spaventato” con la sua squadra di “scolari obbedienti”, lontano dalla leadership carismatica di Mourinho. Questo era il calcio come soap opera e psicodramma, sottotrame ovunque.

Il Guardian ricorda l’espulsione di Thiago Motta per la manata a Busquets. Per il Guardian, nonostante la scena di Busquets, il secondo giallo ci stava. Secondo noi, francamente no. Addirittura scrive di post-verità per coloro i quali parlarono di scandalo.

Ricorda il gol di Piqué e quello annullato a Krkic nel finale per mani di Yaya Touré.

Mentre Mourinho entrava in campo per festeggiare, il Barcellona accese gli irrigatori. Questo, forse, è stato il suo più grande trionfo: ridurre il club che lo aveva respinto a un atto di meschinità. La loro aureola era scivolata ed era lui che l’aveva fatta cadere. Mourinho, dopo aver dimostrato di poter domare il Barça, fu ingaggiato dal Real Madrid.

Quella semifinale del 2010 è stata una partita emozionante e operistica che ha avuto profonde conseguenze. Le squadre hanno imparato a ignorare il richiamo della sirena del possesso palla del Barcellona, a giocare senza palla, come ha fatto il Chelsea nella semifinale del 2012. E i club e i tifosi si sono resi conto che ciascuno poteva scegliersi la propria verità, vivere nel proprio mondo di fatti alternativi. Il calcio non è più stato lo stesso. 

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