Il famoso ex terza linea francese ha rotto un tabù e acceso i riflettori sul lato oscuro del rugby e sull’encefalopatia traumatica cronica. Le Parisien ne scrive da giorni

Chabal ha scosso il mondo del rugby: “non ho ricordi delle mie partite”. Popham: “trattati come carne da macello”.
Sebastien Chabal, iconico rugbista francese, terza linea transalpina noto anche per il suo aspetto fisico con capelli lunghi e barba incolta, ha sconvolto la Francia con le sue dichiarazioni al canale YouTube Legend: «Non ho memoria di una singola partita di rugby che ho giocato, nessuna delle 62 volte in cui ho vestito la maglia della Nazionale e cantato la Marsigliese». Ha reso noti i suoi disturbi cognitivi e facendolo ha rotto un tabù. Da due giorni, giustamente, Le Parisien dedica articoli e articoli al tema. In Italia un equivalente di Chabal non c’è, in nessuno sport. Forse bisogna tornare a Marcello Fiasconaro mezzofondista dei primi anni Settanta.
Le Parisien scrive che
tutti gli specialisti rivolgono la loro attenzione a una patologia silenziosa che colpisce molti atleti da contatto ma che il rugbista non cita mai: l’encefalopatia traumatica cronica (Etc).
Una patologia – scrivono – legata a ripetute lesioni alla testa.
Questa malattia poco conosciuta è causata da ripetute lesioni alla testa, a volte minime, ma accumulate per diversi anni. «Il cervello galleggia nella sua scatola, con meno di un millimetro di margine. Ad ogni impatto, si muove in avanti, sbatte, poi si rialza e sbatte di nuovo», spiega a Le Parisien il neuroscienziato e direttore dell’Alzheimer’s Foundation, Philippe Amouyel. Questi movimenti alla fine producono danni cerebrali profondi, ma possono anche costituire un “fattore aggravante” per lo sviluppo di potenziali malattie neurodegenerative.
Le Parisien scrive che si tratta di una malattia che a lungo ha riguardato pugili e giocatori di football americano.
Ora è rilevata anche in altre discipline come il rugby, la Formula 1 o nei veterani di guerra e vittime di violenza domestica. Se la commozione cerebrale è nota, si tratta solo del lato visibile dell’iceberg: «Possiamo essere solo un po’ confusi, senza perdita di coscienza, e subire ancora danni», descrive il neuroscienziato. Uno studio svedese ha dimostrato che otto pugili su dieci hanno un livello molto alto di proteine coinvolte nella demenza, nonostante l’assenza di sintomi clinici. «Questo dimostra che gli attacchi possono essere silenziosi e precoci», sottolinea lo specialista. Ad oggi, solo un esame post-mortem consente una diagnosi formale di Etc osservando “lesioni cicatriziali” e “depositi proteici anomali”, simili a quelli dell’Alzheimer.
Le Parisien ha intervistato anche l’ex giocatore gallese Alix Popham, 33 presenze in Nazionale, due Coppe del Mondo disputate.
Cosa ti ispira della testimonianza di Sébastien Chabal?
Alix Popham: «È molto potente e sconvolgente. Ovviamente sono addolorato che stia passando tutto questo. Ma sfortunatamente, questa non è una sorpresa. Ho parlato con centinaia di giocatori che si trovano nella sua stessa situazione. Anche io del resto mi ritrovo così».
«Non ho ricordi delle partite che ho giocato, del punteggio, di che tempo facesse. Durante la pandemia, hanno trasmesso in la mia ultima partita con la maglia del Galles contro l’Inghilterra. Avrei dovuto ricordare, è stata la prima vittoria gallese dopo vent’anni a Twickenham. Ma per me è come se la stessi guardando per la prima volta. In effetti, ho ricordi della mia infanzia, delle mie vacanze, coi miei nonni per esempio. Ma dall’età di 16-17 anni, ho l’oblio. I medici mi hanno detto che il mio cervello ha subito tanti di quei contatti. Oggi ricevo trattamenti sperimentali per il mio mal di testa».
«Il neurologo mi ha detto che potuto aver subito 100.000 sub-commozioni cerebrali durante la mia carriera».
Come hai iniziato a rendertene conto?
«È stato sei anni fa. Mia moglie ha iniziato a notare cose strane di me. Un giorno sono andato a fare un giro in bicicletta. E c’è stato un momento in cui non ricordavo più la strada di casa. Il giorno dopo ho chiamato un medico. Nel corso del tempo, mi è stata diagnosticata una demenza ad esordio precoce, una probabile encefalopatia traumatica cronica (Etc), e si è visto che 14 aree del mio cervello erano state colpite».
Fai parte della stessa generazione di Sébastien Chabal o Steve Thompson (ex giocatore inglese che soffre di demenza precoce), perché sembra la più colpita?
«Il rugby era il selvaggio West del nostro tempo. Siamo stati la prima generazione di giocatori completamente professionisti, abbiamo avuto così tanti contatti solo durante le sessioni di allenamento… Gli impatti alla testa non venivano presi sul serio dagli allenatori e dagli staff medici, era uno scherzo. Ci gettavano acqua in faccia per scuoterci dopo uno shock, ci hanno fatto respirare sale. Siamo stati trattati come carne da macello. Il rugby di oggi è migliorato, con protocolli per gestire queste commozioni cerebrali…»