ilNapolista

Chiappucci: «L’intervista di Bugno mi ha emozionato. Se avessimo collaborato, Indurain non avrebbe vinto tanto»

A Fanpage: «Quello che ho fatto per lui, l’ho fatto in silenzio. All’epoca, il cinema era quello, chi ci dirigeva tutto voleva tranne un accordo»

Chiappucci: «L’intervista di Bugno mi ha emozionato. Se avessimo collaborato, Indurain non avrebbe vinto tanto»
From left: Italy's, Gianni Bugno, Spain's Pedro Delgado, Italian Claudio Chiappucci, wearing the red and white Polka Dot Jersey of the best climber and Spaniard Miguel Indurain (background C), wearing the Yellow Jersey of the overall leader, speed in the Aravis Pass during the 18th stage between Bourg d'Oisans and Morzine 24 July 1991 during the 78th Tour de France. The man on right is unidentified. AFP PHOTO PASCAL PAVANI (Photo by Pascal PAVANI / AFP)

Quando l’antagonismo sportivo diventa una bellissima storia di amicizia. È quello che è successo tra Chiappucci e Bugno, che hanno fatto innamorare l’Italia del ciclismo tra gli anni 80 e 90 con la loro rivalità straordinaria, divenuta oggi un rapporto saldo. Bugno aveva dichiarato che Chiappucci lo aveva «aiutato in un momento difficilissimo della sua vita». Di seguito l’intervista di “risposta” di Chiappucci a Fanpage.

Chiappucci: «Non l’ho aiutato certo per un ritorno pubblicitario»

Di seguito quanto dichiarato al noto sito web, nel lunghissimo intervento:

Dunque, Claudio, cos’ha pensato leggendo le parole d’affetto di Gianni?
«In effetti c’è stata tantissima gente che mi ha scritto quel giorno stesso. Io non avevo ancora visto l’intervista, quindi quando ho capito che cos’era, ho chiamato subito Gianni e gli ho detto: ‘Guarda, mi hai fatto emozionare’. Anche perché io non mi aspettavo tutto ciò. So e sappiamo solo noi cosa abbiamo fatto insieme in questo periodo, ma non ho mai strombazzato nulla ai quattro venti. Perché quando mi capita, non faccio certe cose alla ricerca di un ritorno pubblicitario. Le faccio in silenzio, lo faccio perché mi fa piacere. E in questo caso perché ho sempre avuto grande stima di Gianni.»

E nel corso degli anni siete anche diventati amici, corretto?
«Sì, abbiamo rinsaldato un legame importante. È vero, siamo stati nemici da atleti, però il bello è ritrovare un’amicizia nel dopo, quando è anche più importante se vuoi. Quando si apre un altro mondo, un altro capitolo della vita tutto questo fa piacere. Soprattutto con lui questo rapporto è poi diventato molto di fiducia e le sue parole mi hanno fatto piacere. Quell’aiuto mi è venuto spontaneo, dal cuore: quando uno si trova in una situazione di difficoltà è ovvio che la prima cosa è perdere la fiducia. Invece è stato bravo a darmi molta fiducia, ha dimostrato molta stima e riconoscenza nel fidarsi di me.»

Ma c’è stato un momento particolare in cui è scattata la molla nel farvi ritrovare, lontano dal ciclismo?
«Guarda, è stato un evolversi piano piano di situazioni. C’è stato un momento di distacco, ognuno comunque con la propria vita anche privata per recuperare le energie e riordinare le idee. Poi, ci siamo avvicinati, da una cosa ne è nata un’altra. Non c’è stato un momento particolare, è venuto fuori tutto con naturalezza, ed è questa la cosa bella.»

Bugno ha detto che si ritrovò improvvisamente solo, com’è andata?
«Aveva avuto un problema per cui gli avevano ritirato il brevetto e lui ci teneva tantissimo. Io ho captato anche in altri momenti tante situazioni particolari, anche di difficoltà. Ma non sono mai andato a fondo, non ho mai indagato per rispetto. Però a sensazione, ho sentito che c’era qualcosa di profondo che non andava. Non mi interessava essere curioso, morboso. Mi interessava dargli sostegno, la fiducia in ciò che lui in quel momento non trovava da nessuna parte. Poi ovviamente sapevo diverse cose, tante altre no ma proprio perché non sono mai voluto essere invadente e lui questo lo ha capito.»

Un’amicizia che in sella non è mai apparsa. Lei e Bugno eravate due fenomeni differenti e siete due caratteri completamente opposti…
«Fossimo stati uguali non sarebbe accaduto nulla: i due poli uguali si respingono, no? La nostra diversità ha portato proprio a questo equilibrio: dove non arrivava lui, arrivavo io. Quindi è una somma di elementi che, messi insieme, ha fatto l’unione e la forza. Caratterialmente io sono molto più forte di lui, ma questo si sapeva già. Però sono riuscito proprio a tirare fuori il meglio anche di lui. Ci fa anche bene alla fine, perché la nostra rivalità storica ha fatto bene al ciclismo. Oggi ci capita di partecipare insieme a diversi eventi, e quando avviene è un qualcosa in più che ci arricchisce.»

Ai tempi andati eravate un vero e proprio dualismo che spaccò l’Italia: avrebbe mai creduto che oggi Bugno e Chiappucci sarebbero stati veri amici?
«Facevamo bene all’Italia ed era giusto che fosse così. Non solo bene al ciclismo. Tutto questo ha fatto bene allo sport e a noi, che ci siamo sempre rispettati. Lottavamo in corsa o fuori corsa dando lustro un po’ al ciclismo italiano sia nelle corse di un giorno o nelle corse a tappe.»

Cosa ricorda di Bugno, come avversario?
«Mille situazioni diverse… Io studiavo un po’ sempre gli avversari, quindi studiavo anche Gianni. Lo ascoltavo sempre, cercavo di capire un po’ la sua maniera, il suo modo di essere, il suo modo di correre perché lui aveva uno stile che a volte era imprecisabile. Quanto tanto andava forte e quanto tanto si staccava e andava piano. Sempre pedalando nella stessa maniera, quindi era davvero indecifrabile. Sempre con il suo stile. A volte allora dovevo tentare un attacco, uno scatto per mettere alla prova le mie sensazioni, capire se fossero giuste o sbagliate.»

El Diablo “riflessivo e strategico”

Un Chiappucci quasi inedito, dunque, El Diablo riflessivo e strategico?
«Tante volte non si pensano queste cose, la gente ha spesso creduto che lo scatto fosse fatto così… tanto per campare. Le cose io le ho sempre un po’ valutate e studiate senza andarlo a dire in giro al mondo intero, perché comunque sono quelle cose di ragionamento e di riflessione che ti spingono a farle in un preciso momento.»

A proposito di aiutini, col senno del poi: se lei e Bugno aveste collaborato di più… Indurain che fine avrebbe fatto?
«Certamente se ci fossimo alleati, col fischio che Indurain avrebbe vinto quello che ha vinto, questo è poco ma sicuro. Avremmo potuto distribuirci magari un Giro e un Tour a testa, con più facilità. Però ovviamente in quel momento il cinema era quello, anche perché le teste di chi ci dirigeva erano ben più salate rispetto alle nostre… Noi eravamo gli attori principali ma la regia dietro le quinte pretendeva tutto tranne un possibile accordo in corsa.»

Come nella straordinaria tappa del Tour che lei dominò al Sestriere nel ’92. Con lei in fuga, a tirare fu proprio la Gatorade di Bugno che in quel modo aiutò Indurain, allora maglia gialla. Non si arrabbiò?
«Sì, non tirò sempre ma tirò in un momento particolare della corsa. Erano strategie di squadra, completamente diverse l’una dall’altra. Ma dava fastidio, eh: il fastidio era che c’era Indurain nel gruppo e che lo si portava in carrozza, ovviamente. Quello, mi ha dato fastidio. Quando ho sentito che tirava la Gatorade, ovviamente ho accelerato anch’io davanti. Mi sono trovato per caso in quella fuga e anch’io ho dato un’accelerata, dovevo gestire la situazione.»

Ne avete mai discusso con Gianni oggi, a distanza di anni?
«Quando con Gianni si parla di questo e di altri momenti, giustamente si dice sempre “Beh, io facevo la mia corsa, tu facevi la tua”. La mia strategia era quella di far fuori Gianni e la sua di far fuori Indurain.»

Miguel Indurain e Claudio Chiappucci col trofeo del Giro d’Italia: lo spagnolo ne vinse 2, nel 92 davanti al Diablo e nel 93′ (Chiappucci 3°). Un Indurain che era anche padrone delle cronometro. Senza quelle, Chiappucci avrebbe conquistato qualcosa in più?
«Forse, ma c’era Indurain. Non ci fosse stato lui, io in cronometro non sarei stato così malvagio. I miei risultati a cronometro non sono poi così da straccione. Mi ricordo soprattutto all’ultima cronometro, a Milano al Giro d’Italia. Lui partiva dietro me e c’era anche questo fastidio: spesso e volentieri arrivava dietro di me, lui aveva un punto di riferimento, io no. In quell’occasione, mi riprese a cronometro e tutti ne parlarono come fosse una vergogna… A Milano ero in maglia verde, poi mancavano solo 9 km all’arrivo e infine chiusi col quarto tempo a pochissimo dal secondo. Eppure la notizia era ‘Chiappucci è stato ripreso e superato da Indurain’. Queste sono le cose che mi hanno fatto sempre incazzare.»

Cioè?
«Perché facevano sempre dei riferimenti come se fossi totalmente inferiore a lui, senza valutare ciò che stavo facendo. Ma io non sono mai stato così tanto inferiore a Indurain. Eppure, ancora oggi se ne parla… Va bene, mi hai ripreso e allora? Non capisco perché oggi giorno quando uno viene ripreso in crono nessuno fa le stesse considerazioni, la dipingono come una cosa normale… Io invece no, ero inferiore, venivo superato…»

Quindi, ce l’avevano con lei?
«Sicuramente perché davo da parlare e allora andava bene anche darmi contro. Ero sempre una notizia nel bene e nel male.»

ilnapolista © riproduzione riservata