Con lui il Napoli è forte innanzitutto nella testa, nulla in comune con i Titanic dell’estetica tanto osannati da queste parti

Conte è un uomo di libertà, quel “siamo primi ma” di tanti tifosi rende l’idea della sua distanza culturale
I napoletani per la prima volta nella loro storia stanno provando l’ebrezza di una vittoria seria. Costruita. Alimentata. Voluta. Assolutamente in controtendenza con i loro fanciulleschi desideri. Hanno sempre pensato che, vivendo un Titanic quotidiano, avessero diritto almeno a un’orchestra che rendesse meno amara la propria esistenza per poter sopravvivere. Quelle orchestre erano di ornamento. Gradevoli da ascoltare, ma fini a se stesse. Abituati (con quelle orchestre) a soccombere regolarmente nelle corse punto a punto, stanno provando la bellissima sensazione che nello sport e nel calcio in particolare, si vince con la testa. Si vince col coraggio. Si vince sopravvivendo alla paura di non farcela. Anche con Maradona è stato cosi. Ma si era in piena dittatura “decrescenziana” nella quale era doveroso essere “uomini d’amore”. La forza mentale è per gli uomini di libertà. La forza mentale di quel Napoli non veniva percepita perché il calcio era meno sottoposto al “fact-checking”, che ha meno poesia, ma più attinenza alla realtà. E il Napoli era parte di quell’oleografia, tuttavia diventata un cancro della vita quotidiana.
Antonio Conte non è un allenatore d’amore, è un allenatore di libertà. In quanto allenatore di libertà sa bene che per continuare a coltivare la vittoria non vi sia altra via che il lavoro. Solo con il lavoro e tanta gavetta è diventato uno dei migliori allenatori in circolazione. Non c’è nulla che ne possa scalfire le granitica fede nel lavoro. Perché la vittoria non è un qualcosa che capita, come ha avuto modo dire, ripetere, ed ancora farlo tante volte, alle penose domande sul poter vincere, rivoltegli tante volte durante la stagione. La vittoria si costruisce. Con questo Napoli sta costruendo qualcosa di impensabile dopo un anno orribile e un inizio in salita. Oltre al maniacale lavoro quotidiano a Castel Volturno, non ha i difetti dei suoi predecessori. Avrà anche i suoi di difetti, ma al momento hanno funto più da parafulmine, che da detonatore, per la squadra. Conte sì è rivelato essere più concreto ed intellettualmente onesto di Sarri, e meno tendente alla lacrima arbitrale. Etnicamente più simile ai napoletani, rispetto ad Ancelotti, essere simili ai napoletani è un valore solo a Napoli. Meno esegeta e più diretto di Spalletti. A questo si aggiungano doti comunicative a disposizione solo dei più grandi allenatori.
Conte il prodigio lo sta compiendo nella testa dei calciatori
Dove Conte sta compiendo il prodigio è nella testa dei calciatori. Ha rigenerato uomini che nell’anno di reggenza presidenziale, dopo l’addio di Spalletti, erano senza guida. Oggi la squadra dà la sensazione di essere mentalmente superiore all’avversario, come sempre successo alle squadre contiane. Il Napoli vince perché le vince con la testa. I calciatori hanno “comprato” il progetto Conte, perché avevano voglia di affidargli le proprie carriere. Perché un anno o due di lavoro con lui, sono cinque anni con un altro allenatore. Conte ha trovato un gruppo di giocatori che, lo scorso anno, hanno dimostrato di non esserlo senza una guida sicura, senza un condottiero capace di portarceli quasi di peso oltre i propri limiti. Si è ricostruito da zero, e gli incidenti di percorso non sono mancati. Il mancato coinvolgimento di Kvara nel progetto Conte, non è una macchia, bensì un segnale di quanto i rapporti con il georgiano fossero ormai logori, ed il tira e molla sul contratto, ed il rinnovo a cifre folli per Osimhen avessero inciso.
Infine l’ambiente che su Conte resta tiepido. Nonostante il nuovo primato. Nonostante una squadra che lotta e crede nel quarto titolo. Finendo per non goderne di Conte. Il richiamo dell’orchestra del Titanic è genetico. Come è genetica la lontananza dalla concretezza di una parte preponderante della città. Quel “siamo primi ma…”, nonostante la consonanza etnica con Conte, dà la dimostrazione di quanto non vi sia speranza in questa città, di godere senza avversative.