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Conte sta trapiantando il “fino alla fine” a Napoli terra di piagnistei per gli scudetti perduti nel finale

Se Conte riuscirà in questo compito, sopravanzerà il Moloch cittadino meta turistica per foodpornari. In ogni caso, avrà sempre un posto nel nostro cuore

Conte sta trapiantando il “fino alla fine” a Napoli terra di piagnistei per gli scudetti perduti nel finale
Ni Napoli 14/04/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Empoli / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Conte sta trapiantando il “fino alla fine” a Napoli terra dei piagnistei per gli scudetti perduti nel finale

Da Empoli ad Empoli. Il percorso di crescita del Napoli contiano è racchiuso nelle due partite contro i toscani. All’andata la partita la si vide tutti nella medesima maniera. Lo stesso Conte nel post partita di lunedì sera ha preso ad esempio il match dell’andata al Castellani.. Era un Napoli molto diverso. L’ha definita “partita sporca” portata a casa non senza polemiche per un rigore, concesso per un fallo su Politano, che nell’autunno scorso veniva definito “rigorino”, trasformato dal compianto Khvicha Kvaratskhelia. Sempre nell’autunno scorso, dopo la partita casalinga con il Parma quando entrò a salvare capra e Conte da un’arrabbiatura epocale, Romelu Lukaku era al centro delle critiche dei tifosi del Napoli, prima ancora di arrivare in realtà. Trenta milioni per un trentunenne sono stati effettivamente un unicum nella storia recente del Napoli. Ma Antonio Conte sapeva ciò che faceva. Con buona pace dei paragoni e dei nomignoli che si sprecavano, dai tragici salottini tv, fino a quel bar sport permanente ed un po’ cialtrone che è il chiacchiericcio social legato al calcio Napoli.

Lukaku è un attaccante elegante, raffinato, con un tipo di fisicità che darebbe per scontato il suo tipo di gioco. Quello che maggiormente deve aver fatto innamorare, calcisticamente, Antonio Conte è la sua comprensione del gioco e della capacità di saperne interpretare i momenti. Un centravanti, come lui, da doppia cifra di assist è merce molto rara da trovare nel calcio, Anno Domini 2025. Non è un centravanti per tutti. Appariscente per mole, non per il proprio modo di stare in campo, sempre al servizio della squadra. Mai egoista. Sempre pronto ad una ulteriore giocata al fine di garantire la fluidità del gioco e del posizionamento dei propri compagni. Non parla certamente la stessa lingua calcistica di David Neres, sostituto “designato” dai contestatori BigRom, quale successore dell’ormai lontano georgiano: “Peppeniello qua le incompetenze passano a due”. Lukaku non è per i napoletani, i quali continuano a rimpiangere Osimhen, non godendosi il John Coffey di Antwerpen. Sì Lukaku per certi versi ricorda l’efficacia e allo stesso tempo la bonomia dell’uomo caduto dal cielo del film “il miglio verde. Solo un uomo caduto dal cielo poteva colmare l’enorme gap tecnico che in quattro anni, in nome dell’abbassamento del monte ingaggi, è stato scavato con le contendenti.

Quando mancano sei giornate alla fine il Napoli sembra essere una squadra appagata. Ciascuna parte del Napoli ha ottenuto il proprio obiettivo. La Champions, ossessione presidenziale, è in carniere. Conte ha rivitalizzato un gruppo di giocatori distrutti dall’autogestione societaria, compiendo un miracolo. A Lello e Gaetano il compito di dirimerne il valore, se da cento oppure da cinquanta punti. Insomma tutti sono soddisfatti. Vedremo nelle prossime sei partite che ci separano dalla linea del traguardo di questo campionato se il Napoli avrà napoletanizzato Conte oppure se Conte sarà riuscito nell’impresa di contizzare il Napoli. Negli anni passati, in più di una occasione, con i tanti allenatori avvicendatisi, il secondo posto era un traguardo ragguardevole. Per Conte, bonipertianamente, i secondi sono i primi degli sconfitti. Per cui siamo certi che non mollerà di un centimetro. Certo non dipende solo dal Napoli. Ma questo rimanere sul pezzo e non mollare “fino alla fine” dà grande spolvero al lavoro compiuto sino ad oggi. Questo era il primo vero compito di Antonio Conte, al di la di obiettivi, piazzamenti e trofei: insegnare a giocatori che hanno vinto (solo una volta quasi per caso) a credere di poter lottare e competere fino all’ultimo secondo disponibile. Al fine di indirizzare il proprio destino. Proprio per evitare penosi epiloghi come fu quello dell’anno dei novantunisti, avvinghiati a proteste effimere e ridicole recriminazioni arbitrali. Questa dovrebbe essere la vera mutazione del Dna del Napoli: lottare finché c’è tempo lottare finché c’è almeno una possibilità di ribaltare il risultato. Per tutta la propria storia il Napoli è stato avviluppato dal penoso fatalismo cittadino, che ne ha infettato il modo di stare in campo e di percepire se stessa. Se Conte riuscirà in questo compito, sopravanzerà il Moloch cittadino, meta turistica per foodpornari. Non dovesse riuscirvi, almeno ci avrà provato.

Ma a prescindere Antonio avrà sempre un posto speciale nel nostro cuore, ovunque vada.

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