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Giovanni Galli: «Se avevi il permesso di Galliani potevi parlare direttamente con Berlusconi»

Alla Gazzetta: «Drammatico il primo anno a Napoli con la squalifica di Maradona. Ci risollevammo con Ranieri. Da dirigente del Verona in C portai Sarri»

Giovanni Galli: «Se avevi il permesso di Galliani potevi parlare direttamente con Berlusconi»
Db Coverciano (Fi) 08/10/2012 - corso allenatori Uefa Master Pro / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giovanni Galli

Giovanni Galli era abituato a parare, ha difeso la porta del Milan e del Napoli. Oggi si occupa di politica e quindi la sanità, il sociale, il terzo settore. Da giocatore è stato sul tetto del mondo con l’Italia nel 1982. La Gazzetta dello Sport lo ha intervistato.

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Giovanni Galli: «Da dirigente del Verona in C portai Sarri»

Galli, la sua storia sportiva inizia con le giovanili della Fiorentina. Primo ricordo?

«La promessa fatta a mio padre Mario di continuare gli studi all’Istituto tecnico. Avevo 14 anni, facevo Pisa-Firenze due volte a settimana più la domenica per la partita. Mi sono diplomato e insieme ho iniziato a giocare con i grandi: peccato che mio babbo non sia riuscito a vedermi esordire in A».

Per volontà di…?

«Carletto Mazzone. Era arrivato il grande Pietro Carmignani, ma lui scelse me: “Il portiere del futuro è Giovanni”. Quante coincidenze: mi fece entrare a novembre con la squadra penultima e dopo avermi provato in amichevole contro il Rimini di Sacchi. La mia ultima in viola fu con il Pisa, loro retrocessi e noi in Coppa Uefa a scapito del Milan. Tutto negli ultimi 90’: a quattordici anni ero arrivato a Firenze, 14 anni dopo giocai la mia ultima partita».

In mezzo la stagione del quasi scudetto.

«Sì, l’81-82: ci trovammo in lotta per caso, l’infortunio di Antognoni ci compattò, eravamo granitici. All’ultima giornata perdemmo a Cagliari e si videro i nostri limiti. Ci annullarono un gol buono e alla Juve non dettero un rigore contro. Per noi era rivalità sportiva. I veleni e i riferimenti al potere sono venuti dopo, da lì. Ma la miglior stagione viola fu l’ultima, con Agroppi allenatore. Un burbero dal cuore d’oro».

Nel 1986 Berlusconi atterrò all’Arena Civica da nuovo proprietario del Milan, lei arrivò in rossonero. Sensazioni di trovarsi su un altro pianeta?

«Un salto notevole. Berlusconi ci fece capire subito le sue intenzioni. Tu dovevi solo giocare a calcio, al resto pensava la società. Tutti avevano un compito. Dalla casa al medico, chiamavi e il problema era risolto. Se avevi il permesso di Galliani potevi parlare direttamente con Silvio. Oggi sono rimaste cinque cose: storia, maglia, tifosi, Milanello e San Siro. Per il resto, chi chiami? Un fondo americano? Una volta eravamo dipendenti di un’azienda che aveva un capo riconosciuto. Oggi ogni giocatore è un’azienda a sé e che a sua volta appartiene a una multinazionale».

«Il primo anno a Napoli fu drammatico con la squalifica di Diego. Ci risollevammo con Ranieri»

Napoli con Maradona, Torino, a Parma è re di Coppa Uefa: tappe di una carriera non banale…

«Il primo anno a Napoli fu drammatico con la squalifica di Diego. Ci risollevammo con Ranieri allenatore. Il Torino è un club che ti entra dentro, solo chi ha vestito quella maglia può capire: la mia fu l’ultima squadra che si è allenata al vecchio Filadelfia, con gli armadietti del Grande Toro. A Parma ero il “guardaspalle” di Bucci: un’infinita sfida alla Juve per campionato, Coppa Italia e Uefa. Loro presero i primi due, noi la terza».

Giovanni Galli da portiere a dirigente: mai pensato di allenare?

«Mai. Mi piaceva scegliere giocatori. Alla Fiorentina la scoperta che mi dette più soddisfazioni: Ujfalusi. Al Verona nel 2007 mi chiamò il conte Arvedi. Dalla A erano retrocessi in picchiata in C. Arrivo a dicembre, porto Sarri allenatore. Dopo cinque partite certi cattivi consiglieri lo convinsero a cacciarlo. Io lo avevo scelto e me ne andai con lui. Nonostante un contratto di tre anni».

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