Il mandante dell’omicidio Boiocchi: «Sono finito qua dentro, volevano ammazzarmi». La moglie: «L’alternativa è passare dall’altra parte, non c’è via di scelta»

Guerra ultras Inter, il pentito Beretta alla moglie: “Io sarei l’infame? Mi hanno tradito tutti”
Era una vera e propria guerra mafiosa quella all’interno della curva dell’Inter. Ieri la Procura di Milano ha ordinato sei arresti. Il pentito Beretta si è accusato dell’omicidio di Boiocchi, è stato lui il mandante. Ha pagato 50mila euro. Successivamente, dopo aver ucciso l’altro rivale Bellocco, aveva capito di non aver scampo e stava già valutando di diventare collaboratore di giustizia, cosa che poi ha fatto.
Scrive il Corriere della Sera:
Il giorno del delitto Beretta parte con la moglie verso Pietralcina per «chiedere perdono e grazia a Padre Pio» di cui è «devotissimo». Quando ricompare a Milano racconta agli agenti degli ammanchi dei soldi della curva di cui la vittima lo accusava. Il movente del delitto. Ma ci vorranno quasi tre anni prima di arrivare alla verità. I killer hanno preparato il piano in modo meticoloso: attendono Boiocchi sotto casa, gli sparano e fuggono in scooter. Poi caricano il mezzo su un furgone e spariscono. Tra loro parlano con cellulari olandesi criptati.
Quando, due anni dopo, Beretta uccide Bellocco capisce che non ha scampo. La polizia intercetta i suoi dialoghi con la ex moglie in carcere: «Io l’infame? Mi hanno tradito tutti, io sono finito qua dentro, volevano ammazzarmi». La donna è terrorizzata. «Anche io ho paura, la soluzione è passare dall’altra parte. Non c’è una via di mezzo, non abbiamo altra scelta», replica il capo ultrà. Poi i primi verbali e le rivelazioni sul delitto. È un altro ultrà (indagato) a dirgli «c’è questa persona che può risolverti il problema»: «Ferdico padre e figlio», spiega Beretta ai pm. In cambio vogliono «50 mila euro». Poi gli presentano Simoncini: «Mi dice che è già esperto di queste azioni qua perché al suo paese sono in faida…».
Guerra ultras Inter, il mandante Beretta era andato a Pietrelcina a chiedere la grazia per il delitto commesso
I quotidiani dedicano ampio spazio all”operazione della Procura che ha arrestato sei persone per l’omicidio dell’ex capo ultras Inter Vittorio Boiocchi. A ordinarne la morte sarebbe stato il collega-rivale Andrea Beretta.
Scrive Repubblica:
Un’azione «violenta e professionalmente organizzata, premeditata e commessa con modalità mafiose». Epitaffio, quello scritto dal gip, non per un boss, ma per un capo ultrà ucciso da compagni di fede calcistica. «Siamo stati noi a organizzare tutto ». È il 22 novembre quando, da una località protetta, Andrea Beretta mette a verbale le sue prime parole da collaboratore di giustizia. Puntano subito all’omicidio di Vittorio Boiocchi, l’ex leader della Curva Nord interista freddato sotto il suo appartamento la sera del 29 ottobre 2022. Ucciso per 50 mila euro. Per una lotta di potere. E perché il rivale, a sentire il racconto di Beretta, lo minacciava. Stessa molla estessa dinamica replicate il 4 settembre 2024, quando a cadere fu il rampollo di ’ndrangheta Antonio Bellocco al culmine della seconda guerra di tifo dentro il Meazza.
Repubblica aggiunge che Beretta era poi andato a Pietrelcina a chiedere la grazia per il delitto commesso.
Era presente, nella ricostruzione degli investigatori, anche Daniel D’Alessandro. Ma dopo i sopralluoghi in taxi e al “baretto”, il luogodi ritrovo del tifo interista dietro il Meazza, era arrivato l’unico inconveniente, una caduta dallo scooter che provocherà una leggera zoppia dei sicari, notata dai due testimoni oculari. Beretta era venuto a saperlo qualche giorno dopo, a Pietrelcina, dov’era fuggito con la compagna — a suo dire — a chiedere la grazia a Padre Pio per il delitto commesso. Aggiunge un particolare inedito su D’Alessandro: «Lui si è tatuato una lacrima sulla faccia,dopo l’azione. La lacrima è sinonimo di chi uccide un uomo, no?».
Tatuaggio riscontrato, come gli altri dettagli dell’omicidio. E arriva questa operazione che chiude un cerchio. «C’era questa ferita profonda a Milano — commenta il questore Bruno Megale — quella di vedere il nostro tifo legato a questi soggetti criminali. Abbiamo fatto pulizia, questa indagine è un punto di non ritorno».