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La serietà è la cifra culturale del Napoli di Conte e dei suoi calciatori

L’allenatore è un sanguigno senza folklore, ha trovato la giusta misura in un contesto complicatissimo. E una menzione speciale va a Lele Oriali

La serietà è la cifra culturale del Napoli di Conte e dei suoi calciatori
Napoli's Brazilian defender #05 Juan Jesus (CL) and Empoli's Ghanaian forward #11 Emmanuel Gyasi (CR) fight for the ball during the Italian Serie A football match between Napoli and Empoli FC at the Diego Armando Maradona Stadium in Naples on April 14, 2025. CARLO HERMANN / AFP

La serietà è la cifra culturale del Napoli di Conte

Il Napoli sta compiendo una mezza impresa sportiva. Questo è un fatto e i fatti sono testardi. E come tutte le avventure che si rispettino c’è un filo conduttore a guidarle. Possiamo dire senza timore di smentita che siamo di fronte ad una squadra che ha fatto della serietà la sua formula di magia?

Serio e asciutto, ecco la cifra calcistica e culturale degli azzurri di Antonio Conte. Una serietà autentica e senza fronzoli. Niente buffonerie, nessuna velleità barocca, pochissima arroganza, c’è poco di impomatato. Asciutto perché, ed ecco la novità, non si avverte nemmeno quella retorica insopportabile da finta umiltà o perfino dell’eccessivo richiamo al “duro lavoro” un pelino da darwinismo sportivo che mal si sposa con uno sport con i crismi della politica e non del gioco. Insomma, è un Napoli vero e crudo e i risultati si vedono. Anche nel gioco, poco circo tanto neorealismo. E il neorealismo non è brutto.

Per comprenderlo basta guardare i profili dei calciatori in rosa. Meret, Rrhmani, Buongiono, Di Lorenzo, Olivera, Lobotka, Spinazzola, Gilmour, McTominay, Raspadori, Simeone, Politano, Lukaku. Juan Jesus meriterebbe addirittura un capitolo a parte, chi scrive nutre un debole storico per JJ e questo giornale ne è testimone diretto. Gente affidabile insomma, intelligente. È un Napoli pieno di classe dirigente, perfino in alcuni volti dei protagonisti. Nel multiverso sarebbero capi di Stato (sicuramente migliori di tanti avventurieri che guidano le nostre democrazie, sic!). Con le dovute differenze e senza scomodare paragoni improbabili, un pochetto sembra di esser ritornati a quella bellissima generazione dei vari Zoff, Scirea, Tardelli, Oriali e così via. Persone serie, appunto.

La posizione in classifica parla chiaro e anche un dato che il Napolista ha fatto bene a metter sotto i riflettori: abbiamo la miglior difesa d’Europa. Tanta roba. Nonostante dei limiti di rosa e un gap tecnico evidente, a dispetto di un calciomercato invernale assurdo, con la zavorra di troppe polemiche ambientali e lo spettro della scorsa stagione ancora avanti agli occhi. Verremo meno? Possibile, vedremo. La sensazione, però, è che questi ragazzi possono perdere al massimo per limiti fisici, tecnici, anche emotivi. Non certo per dabbenaggine o per arroganza, per stupidità o per atteggiamenti balordi.

E poi c’è Antonio Conte. Il profilo del mister combacia un po’ con quanto detto finora. Serio, asciutto, concentrato. Anche nervoso, quel nervosismo giusto che non lo trasforma in un burocrate della panchina, la morte del calcio. Si vede che soffre di fronte alle stupidaggini, sente il peso della responsabilità. Tranne qualche schiribizzo polemico di troppo e poche parole fuori posto, ha trovato la giusta misura in un contesto complicatissimo. Usa parole di verità quando deve, è politico quando serve. Il Conte napoletano è un sanguigno senza folklore. Sottolinea l’importanza del lavoro senza eccessi. Forse addirittura più misurato di Luciano Spalletti: senza voler criticare il condottiero del terzo storico scudetto, la sua teoria sull’etica del lavoro (teoria giusta e bella, ci mancherebbe) qualche volta peccava di vanità nascosta. Ma non è il caso di fare paragoni con la più bella delle storie partenopee. Menzione speciale va a Lele Oriali, la sua storia parla da sola. Insomma, tranne poche eccezioni che in un contesto del genere sono addirittura utili, siamo seri fino all’ultimo filo d’erba del Maradona. D’altro canto anche Rafa Marin ha trovato qualche minuto e lo ha fatto con affidabilità, “ha mangiato tanta erba”. Parola del mister.

Non sappiamo se quanto raccontato finora sia per forza vincente, la ricetta perfetta non esiste. È sicuramente una novità, per ora molto bella e forse anche utile oltre il calcio. Aurelio De Laurentiis dovrebbe prendere nota e adeguarsi al metodo della serietà, farebbe un gran bel salto di qualità. Il pallone d’altronde si sa, è na cosa seria.

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