Il Napoli ha sbagliato, avrebbe dovuto venderlo prima e meglio. Non potrà mai essere il Psg, deve scovare i talenti prima degli altri

Psg-Aston Villa
Nel corso della partita del Parco dei Principi tra Psg e Aston Villa, abbiamo rivisto il primo Khvicha Kvaratskhelia. Ovvero l’esterno offensivo che spaccò il Liverpool in una dolcissima notte di settembre 2022, che ha condotto il Napoli a vincere il suo terzo scudetto nonché a pochi metri dalle semifinali di Champions League. Il bellissimo gol segnato a Dibu Martínez è stato solo una parte, tra l’altro anche piccola, dell’impatto gigantesco generato dall’attaccante georgiano: per tutta la gara, infatti, Kvara ha letteralmente seminato il panico nella difesa dell’Aston Villa, si è inventato dribbling geniali e irridenti, ha fatto passare il pallone attraverso le gambe degli avversari con una leggerezza disarmante. Insomma, ha dimostrato di essere un calciatore che può – anzi: deve – giocare sempre a questi livelli. Che può – anzi: deve – competere ogni anno per arrivare in semifinale e poi in finale di Champions League.
Ora, in virtù di tutto questo, è doveroso tornare sull’esperienza di Kvara al Napoli. Sul suo addio, ma soprattutto sul suo passaggio. Il senso di questo discorso è che la Ssc Napoli ha gestito male, diciamo anche malissimo, il rapporto lavorativo col calciatore e con i suoi agenti. Ma la vera anomalia è che la Ssc Napoli sia riuscita ad acquistare e a trattenere Kvaratskhelia per due anni e mezzo, non certo che l’abbia ceduto. Anzi, in realtà il problema più significativo è un altro: la Ssc Napoli avrebbe dovuto capitalizzare molto meglio l’errore fatto dagli altri top club, vale a dire non investire su un talento del genere. Lasciandolo a quella che, di fatto, è una società di seconda fascia del campionato italiano, di terza fascia nel panorama europeo.
Il calcio di oggi
Siamo nel 2025, quindi è francamente ingiusto rileggere la storia tra Kvaratskhelia e il Napoli passando attraverso la lente di un calcio che, semplicemente, non esiste più. Nel senso: nel mercato contemporaneo, globale e iper-tecnologizzato, è assurdo pensare che un giocatore forte come il georgiano non sia finito in un club più ricco e più ambizioso rispetto al Napoli. In questo senso, Cristiano Giuntoli ha compiuto un capolavoro: non solo ha anticipato tutti, ma ha anche strappato il cartellino di Kvara a un prezzo bassissimo (10 milioni di euro). Certo, per riuscirci ha sfruttato la congiuntura favorevole – ovviamente in senso sportivo – dell’invasione russa in Ucraina e del ritorno di Kvara in patria, alla Dinamo Batumi. Ma il modo in cui ha tessuto i rapporti con il giocatore, con la sua famiglia, con i suoi agenti e con i mediatori, beh, va solo applaudito.
Allo stesso tempo, è (ancora più) assurdo pensare che il Napoli avesse potuto trattenerlo più di quanto non ha fatto. Insomma, per dirla brutalmente e con un paragone che può sembrare sacrilego, ma è solo azzardato: non siamo negli anni Ottanta, la Serie A non è il campionato più ricco del mondo, quindi oggi il Napoli non avrebbe mai potuto tenere Maradona per sette stagioni. Anzi, non avrebbe neanche potuto acquistarlo. È lo stesso discorso che vale per Kvara: l’attaccante georgiano, come detto, è arrivato a Napoli per tutta una serie di incastri. Incastri frutto del lavoro e del caso. Averlo tenuto dopo il primo anno da fenomeno, dopo lo scudetto e senza rinnovargli il contratto, è stato assurdo. Un miracolo. Forse anche un errore.
Cosa avrebbe potuto/dovuto fare il Napoli con Kvaratskhelia
Il concetto da cui bisogna partire è molto semplice: il Napoli, per fatturato e margini di guadagno, non può e non potrà mai andare oltre una certa dimensione. Oltre certi budget per i trasferimenti e – soprattutto – per gli ingaggi. L’unica cosa che il Napoli avrebbe potuto/dovuto fare con Kvaratskhelia non è tanto il rinnovo dopo la prima stagione, ma il rinnovo dopo le sue prime partite in maglia azzurra. Dopo Verona-Napoli 2-5 e dopo Napoli-Monza 4-0, due gare in cui l’attaccante georgiano ha dimostrato di essere un fuoriclasse in potenza, De Laurentiis e i suoi dirigenti avrebbero dovuto offrire a Kvara un nuovo contratto da 3,5 milioni. O anche di più.
Forse stiamo esagerando, forse stiamo provocando. Ma forse no, nel senso che questo ipotetico rinnovo istantaneo – con l’inevitabile inserimento di clausola rescissoria a tre cifre, sempre parlando di milioni di euro – sarebbe stato l’unico modo per scongiurare quello che è successo dopo. Perché Kvara, nei suoi primi sei mesi a Napoli, ha dimostrato di valere il Psg, il Liverpool, forse anche il Real Madrid. E quindi non ci è voluto molto perché arrivassero delle proposte da queste squadre.
Non crederete mica che Kvara sia stato chiamato dal Psg a gennaio 2025, vero? I contatti con il club francese, ma in realtà con tutti i grandi club d’Europa, sono iniziati molto prima. Forse anche durante la stagione in cui il Napoli ha vinto lo scudetto. E a quel punto Kvara era già perso, perché – come detto in precedenza – il Napoli non può andare oltre un certo budget. L’ha fatto con Osimhen, ed è stato un errore. Avrebbe potuto farlo anche con Kvara, ma una decisione del genere avrebbe compromesso l’intera impalcatura societaria.
Il calcio romantico non esiste più
Il punto è che il calcio romantico – cioè il calcio di un tempo, fatto coi soldi a perdere – non esiste più. Gli squilibri economici sono enormi, quindi le gerarchie tra i club sono cristallizzate. Ci vogliono decenni di lavoro e di investimenti per intaccarle. Figuriamoci per ribaltarle. Il Napoli, una volta scovato e valorizzato il diamante-Kvara, avrebbe solo dovuto trovare il modo di incassare il più possibile dalla sua cessione.
Stiamo per scrivere una frase violenta, ma vi assicuriamo che non lo è: lo scudetto vinto nel 2023 è stato l’apice massimo di un progetto, non l’inizio di qualcosa. Questa situazione non è da addebitare a nessuno, è semplicemente la realtà. Perché De Laurentiis è un imprenditore puro e non è uno sceicco, tantomeno un filantropo. Perché il Napoli non è il Real Madrid, ma non è nemmeno il Psg. Non è la Juventus, non è l’Inter e non è il Milan.
Antonio Conte e i soldi
A pensarci bene, la Ssc Napoli ha anche cercato di rilanciare, di fatto è andata all-in: per convincere Kvara a rimanere un altro anno, ha assunto Antonio Conte. Un allenatore che in teoria non potrebbe permettersi. Neanche l’arrivo di un tecnico così importante e il suo ottimo impatto hanno convinto Kvaratskhelia ad accettare il rinnovo. Perché, molto banalmente, il Napoli è rimasto ciò che è anche se ha preso Conte. Non ha offerto più di sei o sette milioni, mentre il Psg è andato in doppia cifra. E così ha portato via il giocatore.
E quindi, in virtù di tutto questo, si arriva a un punto chiaro e definitivo: nell’addio di Kvara non c’entrano niente il progetto, il ruolo, la tattica, il rapporto tra la famiglia di Khvicha e Conte, tra i suoi agenti e De Laurentiis. C’entrano i soldi, quelli promessi dal Psg attraverso un’offerta che il Napoli non ha potuto pareggiare.
Come detto e scritto più volte, in questo e in altri articoli pubblicati dal Napolista, la società azzurra avrebbe potuto gestire meglio l’intera situazione. È indubbio che la squadra di Conte, con lo switch Kvara-Okafor, sia uscita indebolita dal mercato di gennaio 2025. Al tempo stesso, però, le condizioni di partenza e la testardaggine nel non voler cedere Kvara hanno determinato un addio anomalo nel mercato invernale. Tra l’altro, non a caso viene da dire, Kvara è tornato a essere un giocatore fiammeggiante e decisivo non appena ha lasciato un club a cui non si sentiva più connesso. Ma non da quest’anno: dall’indimenticabile primavera del 2023.
L’unica strada che ha il Napoli
La storia di Kvara ha una morale: l’unica strada che ha il Napoli, che piaccia o meno, è quella di vendere e reinvestire, vendere e reinvestire, vendere e reinvestire. La società azzurra non deve forzare mai la permanenza dei giocatori più forti e più desiderati. Ce ne siamo accorti con Osimhen, adesso ce ne stiamo accorgendo anche con Kvaratskhelia.
La vicenda relativa all’attaccante georgiano, però, è ancora più significativa ed esplicativa. Perché, a differenza di Cavani e Higuaín, stiamo parlando di un grande giocatore che è arrivato in azzurro da giovane e da sconosciuto. Perché, a differenza di Lavezzi, Hamsik e Mertens, stiamo parlando di un calciatore con le stimmate del fuoriclasse, che potenzialmente può segnare un’epoca nelle squadre più forti del mondo. E perché, a differenza di tutti i suoi predecessori, ha vinto lo scudetto. Il primo scudetto del Napoli dopo l’era-Maradona. E l’ha fatto da protagonista assoluto.
Questo è un altro punto fondamentale, è un aspetto che alimenta ancora l’idea per cui il Napoli abbia una sola strada – quella di vendere e reinvestire, vendere e reinvestire, vendere e reinvestire. Il primo grande titolo dell’era-De Laurentiis è arrivato dopo l’acquisto di Kvara e di Kim Min-jae, dopo una rivoluzione tecnica fondata su un mercato dinamico, su giocatori di talento letteralmente scippati ad altri club, su investimenti rischiosi e che alla fine hanno pagato. Quando invece De Laurentiis ha agito secondo i criteri dell’immobilismo e della riconoscenza, come dire, le cose sono andate in maniera molto diversa.
Conclusioni
Durante la partita Psg-Aston Villa, anche un altro ex Napoli ha espresso tutte le sue immense qualità. Stiamo parlando di Fabián Ruiz, grandissimo centrocampista che gli azzurri acquistarono nel 2019 e che poi hanno rivenduto nel 2022. Pochi mesi prima che Kvaratskhelia, Osimhen, Kim Min-jae e tutti gli altri festeggiassero lo scudetto. Ecco un’altra conferma, l’ennesima, del fatto che il Napoli di oggi non può prescindere da un approccio sell-to-improve.
E insomma: fino a quando non arriverà una nuova proprietà in grado di investire a fondo perduto nelle infrastrutture, in un nuovo stadio, in un programma di sviluppo ventennale, il Napoli è e resterà un club che deve cercare di scovare i talenti prima degli altri. Deve poi acquistarli, farli rendere e poi rivenderli. In un ciclo infinito che non ammette deroghe, che non concede pause. Solo in questo modo si possono determinare degli incastri favorevoli affinché si riduca il gap con le big italiane ed europee.
In pochissime parole: una volta scoperto e preso Kvaratskhelia, il Napoli avrebbe dovuto goderselo e rivenderlo serenamente al prezzo più alto possibile. Subito, senza tergiversare. In modo da poter comprare altri due o tre giocatori in grado di ripercorrere le orme del georgiano. Non sarebbe stato facile, forse non sarebbe stato possibile, ma di certo sarebbe stato il modo giusto per evitare la sensazione di malinconia provata dopo Psg-Aston Villa. Per provare a evitarla, quantomeno. In fondo, lo ricorderete, proprio a Kvara bastarono due partite per far dimenticare chi c’era prima di lui, anche se si chiamava Lorenzo Insigne. I tifosi, in fondo, sono molto meno romantici di quanto amiamo pensare.