La figlia del Pibe de Oro al processo: «La stanza in cui stava mio padre era disgustosa: puzzava di urina, nessun essere umano avrebbe dovuto trovarsi in un posto del genere, figuriamoci mio padre in quelle condizioni di salute»

La Gazzetta dello Sport riporta gli ennesimi – sconcertanti – aggiornamenti sul processo in atto in Argentina per la morte di Diego Armando Maradona. La nuova testimonianza è quella della figlia del Pibe de Oro, Dalma, la quale si è scagliata contro coloro che avrebbero dovuto prendersi cura di suo papà.
Morte Maradona, la testimonianza di Dalma
“Il processo per la morte di Diego Armando Maradona – che vede sette operatori sanitari accusati di negligenza nella morte dell’ex calciatore – si “arricchisce” (si fa per dire) di una nuova testimonianza. Si tratta di quella di Dalma Maradona: «La stanza in cui stava mio padre era disgustosa: puzzava di urina, nessun essere umano avrebbe dovuto trovarsi in un posto del genere, figuriamoci mio padre in quelle condizioni di salute». Dalma, sostanzialmente, afferma di essere stata in qualche modo “fregata” dall’equipe medica che avrebbe dovuto seguire Diego da vicino”, si legge sul noto portale.
E in effetti, quanto sta emergendo sul trattamento riservato al fuoriclasse argentino è semplicemente assurdo. La Gazzetta continua riportando le parole di Dalma. “«Ci promisero un ricovero domiciliare che non è mai avvenuto. Ci hanno fatto credere in qualcosa che non è mai esistito. Siamo stati ingannati nel modo più crudele, pur di sostenere quella bugia». Il processo proseguirà nelle prossime settimane e non è ancora chiara quale sarà l’evoluzione della vicenda. Di sicuro, però, la testimonianza della figlia di Maradona getta ulteriori ombre sulla morte di Diego”, conclude Gazzetta.
Di Marzio: «Papà vide che a Villa Fiorito Diego non aveva vestiti, così dall’Italia gli spedì un pacco»
Il giornalista esperto di calciomercato di SkySport Gianluca Di Marzio ha raccontato al podcast ‘DoppioPasso’ alcuni retroscena del suo rapporto con Diego Armando Maradona: «Con Diego c’è una rapporto emotivamente molto forte che riguarda lui e la mia famiglia. Mio padre nel 1978 quando allenava il Napoli andò in Argentina e fu il primo italiano a vederlo giocare e a volerlo portare al Napoli. Poi l’operazione non si concluse perché in quel momento le frontiere erano chiuse e si riaprivano nell’80, però il rapporto tra Maradona e mio padre è sempre rimasto bellissimo.
Lui si è ricordato di quell’italiano che lo voleva portare a Napoli nel ‘78 e quindi quando arrivò poi nell’84, nella prima intervista che fece, al perché Napoli rispose che Gianni Di Marzio voleva portarlo al Napoli. E poi realizzai anche il sogno di intervistarlo nel 2016, europei a Parigi. Lui scende da questo van con i bodyguard che lo spostano dalle telecamere, era un casino. Quando Stefano Ceci da dietro gli dice: ‘Guarda che lui è il figlio di Gianni Di Marzio’, lui ferma tutti e mi parla. Ho sempre apprezzato la sua grande riconoscenza nei confronti di papà. Pensa che quando papà andò a Villa Fiorito e vide che lui viveva in condizioni davvero disastrose, quando tornò a Napoli gli fece un pacco con vestiti, giacche, jeans e lo spedì in Argentina. Maradona si è sempre ricordato di questo».
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«Con Diego c’è un rapporto emotivamente molto forte che riguarda lui, la mia famiglia, mio padre… Mio padre nel 1978, quando allenava il Napoli, andò in Argentina e fu il primo italiano a vederlo giocare e a volerlo portare nel Napoli. All’epoca Ferlaino non autorizzò quel minimo investimento che avrebbe portato Maradona magari in Svizzera o in Belgio per 2 anni per poi arrivare a Napoli, però il rapporto tra papà e Maradona è sempre rimasto poi bellissimo perché lui si è ricordato di quell’italiano che lo voleva portare nel Napoli nel ’78.
Quando arrivò poi nell’84, nella prima intervista che fece disse: “Perché Napoli? Perché Gianni Di Marzio mi parlò di Napoli e voleva portarmi qui. Pensa che, quando papà andò a Villa Fiorito, vide che lui viveva in condizioni davvero disastrose e non aveva vestiti. Quando tornò a Napoli gli preparò un pacco in un centro commerciale con vestiti, jeans ecc. e glielo spedì in Argentina, lui si è sempre ricordato di questo.
Ho una maglia di Diego a casa, faccio collezione e fortunatamente ho un accesso privilegiato per avere determinate maglie da parte dei giocatori. Ricordo che la maglia di Diego è stata, tra tutte quelle che ho a casa ( 500/600), quella più profumata e la più sudata contemporaneamente che io abbia mai ricevuto a fine partita. Quella che mi portò Diego quel giorno era di un Napoli–Cosenza di Coppa Italia in cui mio padre era l’allenatore di quel Cosenza e quindi si affrontavano per la prima volta avversari.
Mio padre sul giornale disse “Spero che, dopo i vestiti che gli ho mandato, Diego regali una maglia a mio figlio” e lui si presenta a fine partita con la maglia».