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Marotta: «Viviamo in un mondo che vive al limite dell’etica, gli stipendi andrebbero ridimensionati»

«I fondi di investimento non vengono in Italia per dispensare soldi ma fanno della sostenibilità l’obiettivo principale. Sergio Marchionne il più grande manager del dopoguerra»

Marotta: «Viviamo in un mondo che vive al limite dell’etica, gli stipendi andrebbero ridimensionati»
Cm Verona 23/11/2024 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Inter / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Giuseppe Marotta

Beppe Marotta, presidente e ad dell’Inter, è intervenuto dal palco del “Merger e acquisition summit 2025” organizzato da Il Sole 24 Ore:

«Io sono un po’ datato, in 47 anni di attività ho sia visto un’evoluzione calcistica sia gestito società di proprietà diverse. Ho potuto lavorare con profili proprietari differenti, alcuni folcloristici e bravissimi come Maurizio Zamparini al Venezia, poi alla Sampdoria con Erg, alla Juventus avevamo Exor come mamma, infine all’Inter ho vissuto la prima esperienza con Suning, per poi arrivare a essere presidente, cosa che non avrei mai immaginato, laddove Oaktree mi ha dato fiducia».

Marotta: «Marchionne il più grande manager del dopoguerra»

Il presidente dell’Inter ha poi continuato:

«Stiamo assistendo a un mondo che si è evoluto, che è cambiato radicalmente non solo a livello regolamentare e sportivo, penso da ultimo alla tecnologia che avanza. A cambiare però è stato proprio l’ambito aziendale: fortunatamente sono arrivate le proprietà straniere. Immaginiamo che una città evoluta come Milano, tra le 2-3 più importanti d’Europa, ha due club di proprietà straniera. E meno male: immaginate in quali difficoltà ci saremmo trovati senza Zhang e Oaktree da un lato, Elliott e RedBird dall’altro.

Nel 2011 tutte le proprietà della Serie A erano italiane, oggi sono per la maggior parte straniere: abbiamo vissuto a un’involuzione del modello imprenditoriale. Venivamo dal mecenatismo, all’epoca si dava assoluta priorità all’aspetto sportivo su quello economico. Oggi, e dico per fortuna dato che viviamo in un mondo che vive al limite dell’etica, in cui gli stipendi andrebbero ridimensionati, ci troviamo di fronte a fondi di investimento che non vengono in Italia per dispensare soldi ma che fanno della sostenibilità l’obiettivo principale».

«Ho una relazione con un fondo a cui devo anzitutto fare i complimenti: è arrivato in punta di piedi, garantendo sostenibilità e presenza dietro le quinte, ma in modo silenzioso. Fa lavorare bene il management. La prima cosa che ha fatto Oaktree è aver confermato l’area del management sportivo: è un approccio intelligente. Ci relazioniamo quotidianamente, nell’ambito di un confronto dall’aspetto sportivo a quello finanziario-amministrativo. Oggi siamo davanti a due società che vogliono e stanno seguendo un percorso per arrivare alla creazione di uno stadio», ha concluso Marotta.

Le deleghe totali dall’azionista nel calcio sono una buona prassi?
«Io, nella mia esperienza a Torino, ho avuto modo di conoscere forse il più grande manager del dopoguerra, Sergio Marchionne. Rivendicava che un manager apicale ha due diritti: scegliere i valori e scegliere le persone con cui lavorare. Oaktree si sta comportando così, non posso che dire che è vero, anche se il confronto quotidiano c’è. Dare delle deleghe vuol dire dare delle responsabilità: bisogna anche avere il coraggio di prendersele. A volte nei giovani vedo che fanno fatica a decidere, ti chiedono se il weekend lavorano o vanno a casa. Devo dire che in tutte le società in cui sono stato ho sempre avuto la delega totale per decidere, ed è il presupposto per poter lavorare».

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