Lungimirante e fortunato. Spesso queste due cose finiscono per coincidere. A Monza si è giocato e ha dosato le carte che aveva a disposizione

Non è più il tempo di fare filosofia
Siamo nella seconda metà di aprile, mancano cinque gare alla fine della stagione. E quindi, per dirla francamente, ha davvero poco senso fare l’analisi tattica di una partita con un approccio filosofico. Né tantomeno ideologico. A maggior ragione se, come nel caso del Napoli, parliamo di una squadra che deve vincere per continuare a credere nello scudetto. Il senso di questo discorso è che in questo momento dell’anno i dadi sono tratti, non c’è tempo per immaginare o sperimentare più di tanto. Bisogna fare delle scelte in relazione al contesto, cioè alla disponibilità dei giocatori e a ciò che pretende/propone la partita in questione. E bisogna sperare che queste scelte sono giuste.
Cosa c’entra tutto questo con Monza-Napoli? Semplice: Antonio Conte si è ritrovato, suo malgrado, a dover affrontare un’altra partita senza diversi giocatori (Buongiorno, Juan Jesus, David Neres). E così ha dovuto inventarsi una squadra in grado di giocare in modo equilibrato, di non subire gol e di segnarne. Non era facile, non lo è stato. Guardando all’andamento della gara e al risultato finale, si potrebbe dire che l’allenatore del Napoli abbia sbagliato le mosse iniziali, per poi “azzeccare” i cambi. Cambi che, di fatto, hanno determinato la vittoria. Guardando le stesse identiche dinamiche da un’altra prospettiva, si potrebbe dire invece che Conte ha pensato e agito in modo da avere le risorse per cambiare la partita grazie alle sostituzioni.
Ovviamente non possiamo sapere quale delle due versioni corrisponda alla realtà. Allo stesso tempo, bisogna necessariamente dire e sottolineare che, se guardiamo al primo tempo di Monza-Napoli, la squadra di Conte si è espressa davvero male, è apparsa spenta, prevedibile, inefficace. Le cose sono migliorate un po’ nella ripresa, grazie ai cambi e a un assetto tutto nuovo. Mai visto prima. Chi fa l’analisi tattica con un approccio filosofico o ideologico lo definirebbe improvvisato, ma naturalmente non è così.
Le scelte di Conte (e di Nesta)
A poche ore dalla partenza per Monza, Conte ha dovuto assorbire l’infortunio di David Neres. E l’ha fatto con una mossa un po’ a sorpresa, anche se già vista durante l’anno: l’inserimento di Spinazzola nello slot che di solito è occupato dal brasiliano, quello di esterno alto a sinistra. L’altra novità della gara di Monza è stato lo switch tra Anguissa e Gilmour a centrocampo. Con queste due varianti, evidentemente, l’allenatore del Napoli ha cercato di alimentare non solo la qualità, ma anche la sicurezza della sua squadra in fase di possesso palla: sia Spinazzola che Gilmour, infatti, amano ricevere la sfera sui piedi e palleggiare con i propri compagni, non hanno né la gamba né la forma mentis per forzare la ricerca della verticalità.
Dal punto di vista delle spaziature, questi cambi di formazione hanno portato il Napoli a schierarsi con una sorta di 4-2-3-1 asimmetrico in fase di possesso, con Politano larghissimo a destra, McTominay libero di muoversi alle spalle di Lukaku, ma con inclinazione verso il centrosinistra, Spinazzola sulla stessa linea dei centrocampisti e Olivera che si sovrapponeva per corridoi interni.
In alto, il doble pivote del Napoli composto da Lobotka e Gilmour. Al centro, invece, vediamo la disposizione degli azzurri in proiezione offensiva: nel cerchio nero c’è Spinazzola, in quello azzurro c’è Olivera. McTominay viene incontro a Politano per farsi dare la palla, come un sottopunta. Sopra, invece, vediamo la heatmap della partita di Leonardo Spinazzola.
Dal punto di vista tattico-strategico, l’intento di Conte era chiaro: con il doble pivote Gilmour-Lobotka e con Spinazzola sempre largo a sinistra, anche se non troppo alto, il Napoli avrebbe dovuto cercare di attirare il pressing del Monza, tenerne larga la difesa avversaria e creare così gli spazi per servire Lukaku. Che, a sua volta, avrebbe aperto il campo per gli inserimenti di McTominay alle sue spalle. Ebbene, questa formula non ha funzionato per niente. Perché Nesta ha schierato il Monza con un 3-5-1-1 che, soprattutto grazie al sacrificio dei due interni di centrocampo, Akpa Apro e Castrovilli, è riuscito a chiudere tutti gli spazi ai lati di Lukaku. Come se non bastasse, il centravanti veniva seguito a uomo da Luca Caldirola, alla prima gara da titolare dopo una fastidiosissima infiammazione al tendine del ginocchio e una conseguente assenza di tre mesi.
In entrambi gli screen, vediamo Caldirola a uomo su Lukaku e almeno due difendenti del Monza che gravitano intorno al centravanti belga. In modo da prevenire gli inserimenti dei suoi compagni di squadra.
Nesta, come dire, ha approcciato la gara col Napoli in modo completamente diverso rispetto a quanto fatto dell’Empoli, la squadra che ha affrontato gli azzurri al Maradona lunedì scorso. Il suo piano-partita era votato a un’aggressività meno radicale, forse anche meno ambiziosa, ma certamente più funzionale. Anche perché la squadra di Conte, di fatto, si è presentata a Monza con zero titolari in grado di compiere una giocata e – soprattutto – un movimento imprevedibile. Guardando il Napoli nel primo tempo, la sensazione era quella di vedere una squadra statica, priva di qualsivoglia scintilla di inventiva.
Non a caso, viene da dire, nei primi 45′ di gioco gli azzurri hanno messo insieme soltanto due tiri in porta, entrambi scoccati da fuori area. Se invece guardassimo ai tre tiri finiti fuori dello specchio, rileveremmo che sono arrivati dall’interno dell’area del Monza e che sono nati tutti su palla inattiva. Per altro, gli autori di questi tentativi sono stati Mati Olivera, Rafa Marín, e Amir Rrahmani.
Anche se sembra un paradosso, ma chiaramente non lo è, le migliori occasioni del primo tempo le ha create il Monza. Che non avrà costruito nessuna azione particolarmente sofisticata o spettacolare, ma ha semplicemente mosso meglio il pallone rispetto al Napoli. In particolare grazie alle sovrapposizioni interne delle mezzali, che permettevano alla squadra di Nesta di trovare linee di passaggio alle spalle dei centrocampisti azzurri. Come in occasione della chance capitata a Castrovilli, sicuramente la più limpida tra quelle avute dal Monza nella prima frazione di gioco.
Un’ottima azione
Come abbiamo detto/spiegato spesso in questo spazio sul Napolista, quando una squadra di calcio contemporanea manifesta dei problemi tattici, questi sono da considerare come la conseguenza di scelte scelte sistemiche sbagliate. Semplificando: nel caso del Napoli visto a Monza, le difficoltà avute dagli azzurri nel muovere la palla e nel manipolare la difesa avversaria in modo efficace hanno portato ai bug di cui abbiamo parlato. A momenti come quelli che si vedono nel video appena sopra, in cui la squadra di Conte sembrava non riuscire a difendere in modo adeguato su una manovra anche abbastanza elementare.
Non è un caso, quindi, che i cambiamenti imposti da Conte nel secondo tempo – come vedremo tra poco – abbiano determinato un miglioramento non solo offensivo, ma complessivo, nella prestazione del Napoli. Certo, anche l’inevitabile calo del Monza ha avuto un suo peso. Ma all’U-Power Stadium, ieri, abbiamo visto come una partita può cambiare anche con poche mosse. Le uniche, per altro, che Conte aveva a disposizione.
Il Napoli è cambiato in 20 minuti
L’inserimento di Anguissa al posto di Gilmour, subito dopo l’intervallo, ha rimesso il Napoli sui binari maestri del 4-3-3. Oppure, per dirla meglio: gli azzurri hanno ripreso a schierarsi secondo una versione più ortodossa del loro modulo-base, cioè con Anguissa mezzala destra e conseguente sfruttamento intensivo di quel lato del campo per imbastire azioni offensive. In questo senso, per capire cosa diciamo, basta guardare la mappa dei 40 palloni giocati dal centrocampista camerunese:
Ovviamente, in questo campetto, il Napoli attacca da destra verso sinistra
Il cambio a centrocampo e un nuovo-vecchio sistema di gioco, però, non sono bastati perché il Napoli ritrovasse un minimo di verve offensiva. E così, dopo 20 minuti di nulla cosmico (l’unica mezza occasione è stata un tiro rimpallato di Lukaku), Conte ha deciso di dare un ulteriore impulso al suo Napoli. Come? Sconfessando in parte le sue scelte iniziali: Raspadori è entrato al posto di Olivera, con conseguente spostamento di Spinazzola nel ruolo di terzino sinistro. Ma non solo: l’ingresso dell’ex attaccante del Sassuolo ha determinato anche un inedito spostamento di Scott McTominay nel ruolo di esterno sinistro di un 4-4-2. Sì, perché Raspadori è entrato per giocare da seconda punta, da sottopunta, scegliete la dicitura che volete. Ed è proprio da un interscambio tra lui e lo scozzese che è nato il gol decisivo:
Scott McTominay arma tattica, olio su tela
Come si vede in questo video, l’azione comincia – qualche secondo prima che il Napoli conquisti la rimessa laterale – con McTominay larghissimo a sinistra. Quando poi la palla viene rimessa in gioco, Spinazzola la appoggia su Raspadori. Nel frattempo, il centrocampista scozzese si è inserito furtivamente in area – dove c’erano già Lukaku e Politano – e con questo suo movimento ha mandato fuori giri sia Caldirola che Turati. Il resto lo hanno fatto la sensibilità tecnica di Raspadori e uno stacco perfetto da fermo, non in terzo tempo, dell’ex giocatore del Manchester United.
Conte l’ha detto chiaramente nel postpartita: le sue scelte iniziali erano orientate ad avere una maggior qualità nel possesso. Anche a costo di perdere peso e qualità di inserimento in area, lasciando questo compito al solo McTominay. Che poi, dopo l’ingresso di Anguissa e di Raspadori, si è ritrovato ad avere molto più spazio da aggredire. Anche partendo da una posizione defilata. Molto semplicemente, la presenza di un ulteriore invasore anche solo potenziale (Anguissa) e di un sottopunta (Raspadori) in grado di venire a cucire il gioco ha liberato lo scozzese da diverse incombenze. E, di conseguenza, ha costretto il Monza a difendere in modo diverso.
Il 4-4-2 del Napoli con McTominay esterno sinistro. Prima e dopo il gol.
La bontà della scelta di Conte si legge anche nella decisione, da parte dell’allenatore azzurro, di confermare il 4-4-2 dopo il vantaggio, per difendere una vittoria dall’importanza capitale. Il tecnico azzurro ha fatto entrare Simeone al posto di Lukaku e Ngonge al posto di Politano, quindi di fatto non ha toccato il sistema di gioco. Anche questa decisione ha funzionato: la sofferenza patita dal Napoli nel finale è stata solo percepita, il Monza infatti ha messo insieme appena 3 conclusioni (due da fuori area, una dentro i 16 metri), tutte respinte da difensori in maglia azzurra. Anche gli ingressi di Ciurria e Urbanski non hanno cambiato la situazione.
Conclusioni
Quella di Monza, per il Napoli e in generale, è stata una partita un po’ povera. Come detto in apertura, siamo a fine stagione: gli spunti e le invenzioni tattiche sono sempre meno, è inevitabile, inoltre per quanto riguarda la squadra di Conte l’urgenza era quella di fare risultato. Di vincere nonostante i problemi. Anche le tensioni prepartita non devono aver aiutato gli azzurri e il loro allenatore, che però hanno dimostrato – per l’ennesima volta in questa stagione – di possedere gli strumenti per venir fuori da giornate e momenti complicati. Nel caso specifico, l’idea di inserire Raspadori e di passare a un 4-4-2 spurio con McTominay esterno a sinistra deve essere considerata una grande intuizione. Oppure, per i detrattori, un grande colpo di fortuna targato Conte. Spesso, però, le due cose coincidono.
Al di là di tutte queste considerazioni, su Monza-Napoli restano poche cose da dire. La prima riguarda Rafa Marín, al suo esordio da titolare con la maglia azzurra: dopo un inizio contratto, il difensore spagnolo ha dimostrato di poter essere una risorsa credibile, o comunque qualcosa di più che un’ultimissima scelta – soprattutto in prospettiva. E poi, in ultimo, va elogiato – ancora, ma in realtà non basta mai – Scott McTominay: un giocatore che magari non ruberà l’occhio per portamento e sensibilità tecnica, ma che risulta sempre decisivo grazie all’intelligenza e a una fisicità straripante. Un mix davvero gustoso, soprattutto nel contesto della Serie A.
Non è un caso, come dire, che Conte abbia costruito la sua squadra e la sua eccellente stagione intorno al talento rude ma determinante del centrocampista scozzese. Anche questo è un merito dell’allenatore del Napoli, che a Monza – nonostante le mosse iniziali, al di là di tutte le polemiche relative alle sue dichiarazioni, alle voci sul suo futuro – ha dimostrato ancora una volta di essere un condottiero molto abile. Lungimirante e fortunato. Spesso, però, anche queste due cose finiscono per coincidere.