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Pruzzo: «La Nazionale? Ero troppo rompicogl***i. Con Bearzot ho discusso 3-4 volte, ha avuto ragione lui»

Al Messaggero: «Liedholm? Mai visto uno più scaramantico di lui. Ero il cocco del presidente Viola, mi porta in macchina e io insultavo gli arbitri».

Pruzzo: «La Nazionale? Ero troppo rompicogl***i. Con Bearzot ho discusso 3-4 volte, ha avuto ragione lui»
1984 archivio Storico Image Sport / Roma / Roberto Pruzzo / foto Aic/Image Sport

L’ex bomber della Roma Roberto Pruzzo intervistato dal Messaggero per i suoi 70 anni.

Pruzzo: «Non ho mai visto uno più scaramantico di Liedholm. Nazionale? Ero troppo rompicogl***i»

«Eravamo belli io e Bruno Conti, vero? Ma una coppia così quando la rivedete a Roma? 268 partite insieme, sono proprio tante. Quando vi ricapita».

Come venne reclutato dal Genoa?

«La leggenda dice che mi vide un benzinaio e mi segnalò al presidente Fossati. In realtà mi portò un mio amico di Crocefieschi, Remo Poggi. Fino a quel momento al massimo avevo giocato nei tornei dei bar o dei paesi. E da lì è iniziato tutto».

Tra i 20 e i 30 anni: 

«È stato il periodo più bello della mia vita. Non posso dimenticare il militare e lo scudetto con la Roma. Grazie alla nazionale militare girai un po’ il mondo».

Per i suoi 70 anni, c’è una cosa che le piacerebbe fare?

«La maratona. Ma chi ce la fa? Se mi azzardo a fare anche la mezza maratona mi ritrovate svenuto sul ciglio della strada…».

Si ricorda come ha speso il primo stipendio?

«Mi comprai la macchina. I viaggi con Viola e la signora Flora sono stati memorabili. Ero il cocchetto del presidente e quando rientravamo dalle trasferte viaggiavo sempre con loro. Aveva un Bmw 730, quelli grandi, io me ne morivo per guidarlo ma non me l’ha mai fatto portare. Si partiva, lui accendeva gli abbaglianti, si metteva in corsia di sorpasso e iniziavamo a parlare di arbitri. Incominciava tipo “Allora Roberto come è andata?”. E io “Male presidente questo arbitro è un pezzo di…” e cominciavo a dirne di tutti i colori. E dietro la signora Flora che rideva».

Il suo rapporto con Liedholm invece?

«Eccezionale, una delle persone più divertenti che ho conosciuto. Qualche volta lo portavo a casa ed è una cosa che oltre a me e ad Alicicco è capitato a pochi altri. Nils abitava a via di Ripetta, mi facevo delle risate pazzesche nel tragitto. A quei tempi avevo il Porsche, quello basso. Lui era un omone e appena entrava si allacciava la cintura, cosa che all’epoca non faceva nessuno, e con la mano si teneva alla maniglia sopra al finestrino. Sembrava un fagottone, con quel cappotto enorme, la cintura allacciata che non lo faceva respirare e iniziava: “Roberto tieni destra perché su Lungotevere i romani vanno tutti a sinistra e facciamo prima”. “Roberto è rosso”, “Roberto stai attento, fai passare i pedoni”. Roberto di qua, Roberto di là. Scaramantico? Mai visto uno peggio di lui: una volta mi fece giocare col numero 7 perché in base a non so cosa, doveva portarmi benefici».

Come andò?

«Non ho strusciato una palla».

Ma è vera la storia che litigasti con Falcao dopo la finale con il Liverpool?

«Ma no, anche chi in campo era Divino può avere delle debolezze umane. Discutevamo però. “E dammi sta cacchio di palla, gli dicevo”, e lui invece faceva come gli pareva. Il Liverpool rimarrà sempre una ferita».

Il suo grande cruccio in carriera è stata la Nazionale…

«Ero troppo rompicogl… Con Bearzot ho discusso 3-4 volte, alla fine mi ha tolto due mondiali. E nell’82 portò Selvaggi perché Rossi alla terza partita, quella della tripletta al Brasile, con me dietro non ci sarebbe arrivato. Voleva farlo stare tranquillo. Pablito era il suo figlioccio, in Argentina lo aveva scoperto lui. Alla fine ha vinto e ha avuto ragione».

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