L’abbiamo trattato come “quello del Cagliari e della Samp”. Assurdo che non sia mai stato ct della nazionale, non è uomo da salotti buoni

Quanto Ranieri sprecato, il fuoriclasse che l’Italia ha trattato da provinciale
Non arrivandoci in proprio – il limite è quando il cervello prende a sanguinare, lì ci fermiamo – abbiamo chiesto a ChatGpt perché Claudio Ranieri non è mai stato scelto come commissario tecnico della Nazionale. È un cruccio. Abbiamo evitato di premettere alla povera intelligenza artificiale che ad un certo persino Ventura hanno fatto ct: pur con tutta la potenza di calcolo di questo mondo non avrebbe retto. Ebbene, la risposta è esemplare: “per un misto di fattori politici, caratteriali e – diciamolo – di pura sfortuna storica”. E diciamolo pure, cara Chatty. È arrivato – ma da tipo dieci anni almeno – il momento di dire che Claudio Ranieri è un malinteso: uno dei più grandi allenatori del calcio mondiale trattato come un “provinciale”. Per tutta la sua pressoché infinita carriera. Un basista di imprese sempre altrui. Uno “bravo, certo, ma”. Quel “ma” è un reato storico.
Ora che ha battuto l’Inter con un capolavoro tattico, ora che la sua Roma riesumata dallo sfacelo De Rossi-Juric vola a ritmi da scudetto, ora – soprattutto – che ha già appeso la panchina al chiodo per passare ad altro ruolo a fine stagione, ecco: ora è troppo tardi. L’abbiamo sprecato, Claudio Ranieri.
L’abbiamo stracotto, dandogli del “bollito” come solo gli italiani sanno fare quando maltrattano l’esperienza disprezzandola per incapacità di rapportarcisi. Ancelotti è un trauma ancora irrisolto da queste parti. E prima è rimasto dentro l’ingranaggio della sua signorilità – dote sempre contrabbandata per altro, una deminutio – dell’eleganza, dell’equilibrio. Uno persino troppo economico per essere attrattivo, ad un certo punto. Pensa che scemi snob che siamo.
Anche noi, eh, nostro malgrado, l’abbiamo involontariamente sminuito. Lanciando il claim che riproponiamo a gran voce – RAN-IERI, OGGI E DOMANI – in un piccolo appello a De Laurentiis nel doloroso anno passato: prendi lui, “sparagni e comparisci”. Con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, Claudio, ti chiediamo scusa. “E puoi anche muoverti”.
Perché il primo Napoli post-Maradoniano affidato a Ranieri è una madeleine. Un’idea confortevole, una coccola. Un antidoto alle isterie successive, ai pruriti tattici, ai feticismi. Ha fatto il giro del mondo dalla Spagna all’Inghilterra, dalla Francia alla Grecia, è arrivato secondo di un niente con la sua Roma, è stato alla Juve, all’Inter, all’Atletico Madrid, al Valencia (con cui ha vinto una Supercoppa europea), per quattro anni al Chelsea, ma anche al Monaco che portò in due anni dalla B francese al secondo posto in Ligue1. E il Leicester, che molti hanno declassato al solito straw man argument: culo. (In Italia i “culisti” sarebbero primo partito). Ranieri ha allenato Batistuta e Totti, James e Martial, Lampard e John Terry, Zubizarreta e Zola, Del Piero e Vardy. Ma è rimasto l’allenatore di Pavoletti. Per una non diagnosticata forma di agnosia visiva collettiva. In Italia Ranieri è quello del Cagliari, della Samp. Un’attribuzione che il nostro calcio gli ha imposto, un’etichetta posticcia. Una deviazione un po’ razzista.
Per tornare al punto iniziale – il fatto che uno così non sia mai diventato ct dell’Italia – ChatGpt dice che Ranieri “non è mai stato percepito come uomo di sistema, più adatto a gestire club in situazioni complesse, outsider, underdog. Non era nei salotti buoni del calcio italiano, quelli che influenzano le scelte federali. Non faceva parte di lobby forti tipo Coverciano-juventini-milanisti che spesso hanno condizionato le nomine. Ha uno stile troppo british, con un approccio pragmatico e camaleontico che suscitava diffidenza. E un’immagine da traghettatore, da uomo dei salvataggi, da specialista nei miracoli. Non abbastanza pop per il grande pubblico, non abbastanza innovativo per vendere un cambiamento epocale“.
Dobbiamo chiaramente cercarci un altro mestiere, uno nel quale non arrivi l’AI a soppiantarci. Nel frattempo mettiamo agli atti un ulteriore appello: quando smetterà definitivamente di allenare, a giugno, risparmiamogli le rinfrescate a posteriori, i coccodrilli a cose fatte. Dovevamo rendergli gli onori che merita, e forse il tempo è scaduto. Andava coniugato prima, “Ran-ieri oggi e domani”.