Cinque cose di uno 0-0. L’assenza di Trevor Francis tra i telecronisti, la Stella Rossa che non è più e il giorno della morte di Raul Gardini
Prima cosa di uno 0 a 0
La prima cosa di uno 0 a 0 la dico io a Matteo Cavezzali dopo aver presentato il suo libro su Gardini, la prima cosa che dico è: “Scusa Matteo, ma devo andare a casa per la partita del Napoli, perché devo scrivere il pezzo”. Quello che non dico a Matteo è che la rubrica si chiama “La partita non guardata”; in pratica aggiungo un mistero a quelli del suo libro, sposto anche io la pistola di Gardini sul comodino, sparo un terzo colpo in aria. Risalgo Via Torino a tutta velocità, entro in metropolitana al quarto minuto del primo tempo. Capisco dagli aggiornamenti on-line che il Napoli gioca abbastanza bene, la metro gialla mi asseconda e viaggia velocissima. Tra Zara e Maciachini, Insigne colpisce la traversa. Entro in casa poco prima della mezz’ora, sono accaldatissimo manco fossi a Belgrado allo stadio. Accendo il pc, cerco i miei cronisti inglesi preferiti per lo streaming, purtroppo non c’è Trevor Francis a commentare, non è un buon segno. Comincio a guardarla esattamente al trentacinquesimo del primo tempo. Mi pare evidente che si tratti di una partita da vincere agevolmente. Non accadrà.
Seconda cosa di uno 0 a 0
Quest’estate ci sono state lunghe discussioni, ne ho fatte anche io, inutili e soporifere circa l’estetica delle divise del Napoli. A mio avviso sono tutte brutte, credo che lo sponsor tecnico non sia in grado di fare una maglia che non ricordi un pigiama, forse è un mio limite. Quello che non sapevamo quest’estate è che la sera del debutto in Champions League avremmo giocato con pantaloncini e maglie di straordinaria bruttezza. Pensavo fosse colpa dello streaming, ma invece no, la fibra ottica funzionava perfettamente; e la mia ottica vedeva Allan e Mario Rui aggirarsi per il campo con la divisa sociale (seconda maglia) del Verona dello scudetto, mi aspettavo che entrasse Briegel da un momento all’altro. Gli inserti ai lati delle maglie erano fosforescenti al punto che ho pensato che ci attribuissero i tre punti di penalizzazione del Chievo per assonanza. La nostra maglia faceva rima con Chievo. Una maglia, ma l’ho capito dopo, che non poteva andare oltre uno 0 a 0.
Terza cosa di uno 0 a 0
Che ne è stato della Stella Rossa di Belgrado, di quella squadra che metteva paura? Che ne è stato di uno stadio che incuteva timore a tutti, calciatori e tifosi? Giocare a Belgrado poteva trasformarsi in un incubo, ora procura solo un sonno profondo. La Stella Rossa ora somiglia a un Frosinone, a una provinciale mal riuscita, più o meno a un Chievo con la maglia del Vicenza. Sette, se non otto, uomini dietro la linea della palla, interesse dichiarato per il pareggio, le manovre in avanti quasi del tutto casuali. La Stella Rossa oggi è una squadra che teme il Napoli e che il Napoli deve battere, solo che il Napoli non la batte.
Quarta cosa di uno 0 a 0
Il Napoli sembra avere la partita in pugno, ma lì resta. La partita rimane nel pugno e il pugno si sa non trattiene niente. Troppa approssimazione dal centrocampo in su, troppi passaggi in orizzontale, poca lucidità negli ultimi trenta metri, zero lucidità dentro l’area di rigore. Ora diciamo che il tiro di Calle è stato respinto sulla linea, ma diciamo anche che a Calle non è venuto benissimo il tiro. Zielinsky ha buttato al vento due occasioni, un’altra l’ha sbagliata Mertens (anche se era la più difficile). Ounas molto molto deludente, Allan sembrava un altro. Invece un’altra ottima partita di Mario Rui, e bene (non benissimo) Insigne. Anche Milik mi pare abbia commesso troppi errori, anche in appoggio. 0 a 0, quindi. Tutto si fa più difficile, ma difficile il nostro girone era già. Se battiamo il Liverpool diventa facile, ma una cosa alla volta.
Quinta cosa di uno 0 a 0
Scrivo a Matteo Cavezzali se sia rimasto contento della presentazione, in realtà mi sto inconsciamente scusando per essere fuggito come un pazzo per andare a guardare uno 0 a 0, ma Cavezzali è uno che di sport ne sa e quindi capirà. La partita finisce e ripenso alla storia del suicidio di Gardini. Il Napoli la Champions la fa come la polizia, che quella mattina invece di andare a Piazza Belgioso, dove stava Gardini, andò in via Belgioso che è dall’altra parte di Milano. Quando arrivò all’indirizzo giusto non c’era più nulla. Non c’era il corpo di Gardini, la pistola era sul comodino, non c’erano più le lenzuola. C’era solo troppa gente che entrava e usciva. La polizia fece il giro lungo e partì con una sconfitta (o con una vittoria, dipende a quale versione della storia crediamo), prova tu a raccogliere le prove in quel delirio. Il Napoli ha fatto il giro lungo, ha trovato la pistola sul comodino, non aveva esploso alcun proiettile, andava usata.