Ha dimostrato che il pesce non veniva fritto con l’acqua ma con olio pregiatissimo. Senza mai intestarsi alcun merito
Quanti uomini servono per governare?
Se con diciotto uomini si può fare un colpo di Stato, quanti ne servono per governare? La domanda nasce spontanea, per citare un napoletano, dopo aver osservato le differenze di gestione tra Maurizio Sarri e Carlo Ancelotti. In soli due mesi, anche meno, l’allenatore di Reggiolo ha smontato l’impalcatura ideologica che reggeva il Napoli del tecnico di Figline. Squadra che ovviamente ha fatto benissimo: 91 punti, secondo posto in campionato e il record della terza qualificazione consecutiva in Champions. Ma che aveva convinto la gran parte della tifoseria del Napoli che i risultati fossero frutto di un’alchimia tattica (più che tecnica) a dispetto di una rosa considerata ormai unanimemente inadeguata.
Sono le fondamenta del papponismo. “De Laurentiis è un presidente fortunato, ha trovato Sarri che era la sua quarta scelta. E Sarri ha fritto il pesce con l’acqua”. Un principio talmente radicato nella tifoseria napoletana che Ancelotti è stato etichettato come l’uomo venuto a Napoli per assicurarsi la pensione dorata e sistemare il figlio. Opinioni tutt’altro che isolate. Senza dimenticare la sesquipedale sciocchezza di etichettarlo come “allenatore funzionale al sistema”: “una stronzata così non s’era mai sentita da quando l’uomo inventò il cavallo” (cit. Armando Pellicci).
Sono bastati due mesi e dieci partite
Due mesi – e nemmeno – otto partite di campionato e due di Champions hanno completamente ribaltato il quadro. Con gli stessi giocatori. Calciatori spremuti da una stagione logorante sia dal punto di vista fisico sia sotto il profilo psicologico. Ancelotti ha completamente ribaltato l’asse. Facendo sempre sembrare che non fosse merito suo. Da perfetto tenente Colombo.
In dieci partite ha utilizzato venti titolari diversi. Venti. Uno solo – Koulibaly – inamovibile. Dieci formazioni differenti. Nessuna uguale all’altra. Ha ribaltato quello che viene definito modulo di gioco, dovremmo parlare di sistemi di gioco. Ha cambiato ruolo ad Hamsik. Lo ha cambiato a Insigne, schiudendogli gli orizzonti. Ha cambiato cinque posizioni a Zielinski che è il quarto azzurro con più minuti in Serie A e che però non è partito titolare contro il Liverpool. Non ha fatto una piega per l’assenza contemporanea dei due terzini sinistri Mario Rui e Luperto. Anzi, Luperto se lo è inventato lui in un ruolo in cui non giocava da anni. Potremmo continuare per ore con il gioco degli incastri. Senza dimenticare che una perla come Fabian Ruiz è ancora sottoutilizzato.
Ha risolto il mistero Ounas, nemmeno Poirot ci sarebbe riuscito
Oggi nessuna squadra in Serie A – nemmeno la Juventus – ha ruotato tanto. Hamsik, con 401 minuti giocati in Serie A, è il dodicesimo più utilizzato della rosa. Fuori dalla formazione titolare. Una rivoluzione copernicana. Come scritto, Ancelotti ha risolto il mistero Ounas (nemmeno Poirot ci sarebbe riuscito), lo ha piazzato titolare contro il Sassuolo e il franco-algerino ha risposto con un gol da applausi: tanto bello quanto ardito. Ha liberato Maksimovic dal cimitero degli elefanti e lo ha fatto giocare (e vincere!) contro il Liverpool. Entrambi – Ounas e Maksimovic – hanno già totalizzato più minuti dello scorso campionato. Ha fatto giocare in mediana titolari Rog-Zielinski-Diawara il trio acquistato due anni fa e mai visto insieme dal primo minuto in campionato.
Ancelotti ha anche spiegato le sue scelte, ha chiarito di non essere matto: «Li faccio giocare perché lo meritano, perché mi danno dimostrazione di serietà». La rosa, con lui, è troppo lunga e troppo larga. Non sa dove sistemarli tutti questi giocatori. E all’appello mancano ancora gli infortunati Meret, Ghoulam, Chiriches e Younes.
Ha iniziato contro il Sassuolo con i presunti panchinari
Ieri ha stupito ancora: ha lasciato in panchina Callejon, Hamsik, Allan, Insigne, Milik, facendo sudare freddo più di un tifoso. E se il Napoli non fosse stato presuntuoso o sprecone, contro il Sassuolo saremmo stati 3-0 al 25esimo del primo tempo. Con i presunti panchinari. Ancelotti, ovviamente, ha ottenuto anche i risultati. Il suo Napoli ha vinto sette partite su dieci. Ha sconfitto il Liverpool in una dei match più belli dell’era De Laurentiis. È secondo in classifica a sei punti dalla Juve a punteggio pieno. E viaggia a una media di 85 punti.
Il Napoli era forte anche lo scorso anno, ovviamente. Abbiamo sfiorato lo scudetto. È stata una grande annata. Non era vero, però, che si friggeva il pesce con l’acqua. L’olio – come noi sul Napolista abbiamo sempre scritto – era ed è pregiatissimo: extravergine premitura a freddo. E Ancelotti, che è uomo di campagna, di olio ne capisce.