Quando fischiare l’inno di Mameli è un atto non solo civile, ma addirittura democratico. E’ successo ieri sera all’Olimpico di Roma, prima che iniziasse la finale di Coppa Italia. E’ successo che non si sa chi, ma certamente un irresponsabile votato al vilipendio, abbia affidato a una cantante (?), tal Arisa, la declinazione sentimentale e canterina del nostro patriottismo. Ma gliene incolse, giacchè la malcapitata, stonata come una campana, è stata sommersa dai fischi di tutto lo stadio. Non di una parte, proprio di tutto lo stadio, come un sentimento comune di repulsione per un incomprensibile stravolgimento dei nostri valori. Non c’è giustificazione che tenga, neppure quella di scimmiottare gli americani che prima del Superbowl affidano a una grande voce il loro amore per la patria. Naturalmente il presidente del Senato si è indignato e l’indignazione di Schifani rivela la giustezza di un gesto alto e nobile come quello di fischiare sonoramente non l’Inno di Mameli, bensì lo scempio a cui l’aveva ridotto quella signorina cui attribuirebbero maldestramente il ruolo di cantante. Ieri, finalmente, si è capito che gli italiani perbene amano davvero il loro inno nazionale.
Michele Fusco
E io invece dico che se affidi l’inno ad Arisa è giusto fischiarlo
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