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Il Napoli ha dimostrato di poter giocare nell’Europa dei grandi

Psg-Napoli, l’analisi tattica: Ancelotti ha vinto diverse sfide tattiche con Tuchel, ma può rimproverarsi poco. La sua squadra è forte, anche nella testa.

Il Napoli ha dimostrato di poter giocare nell’Europa dei grandi

Le scelte iniziali

Psg-Napoli comincia con le stesse scelte fatte per affrontare il Liverpool, ma è solo una questione di uomini. Il piano partita preparato da Ancelotti è sostanzialmente diverso, la squadra di Tuchel viene sfidata sul suo stesso campo, quello del possesso palla. È una sfida tattica ardita, complessa, ma alla fine è stata vinta. Non tanto nei numeri del puro possesso, quanto nella percezione di dominio ed equilibrio tattico all’interno della partita. Anzi, all’interno delle partite lungo tutti i 90 minuti del Parco dei Principi.

Dopo una primissima fase di assestamento, e di leggera sofferenza, il Napoli ha iniziato a tenere il controllo del pallone e quindi del match, sfruttando soprattutto l’asse Mario Rui – Fabian Ruiz sulla sinistra. La mancanza di un supporto difensivo reale (Mbappé era praticamente nullo in fase di non possesso) permetteva alla squadra di Ancelotti di risalire il campo velocemente, sfruttando con una manovra più ragionata le stesse spaziature viste al San Paolo contro il Liverpool: Maksimovic come terzo centrale in fase di costruzione, il terzino portoghese larghissimo sulla sua fascia, Fabian Ruiz che si aggirava nei corridoi interno/esterno e Callejon a riprodurre un vero e proprio 3-5-2. Il Napoli, in questo modo, aveva ampiezza su entrambe le corsie e giocava in superiorità numerica nella zona centrale di campo. Tuchel, infatti, ha predisposto un doble pivote con Verratti e Rabiot. Una scelta assolutamente inefficace per togliere al Napoli il possesso palla.

Pochi istanti prima del gol: Il Napoli costruisce dal basso con tre uomini, il Psg è spaccato in due e non riesce ad accorciare velocemente sul giro palla. L’apertura di Albiol trova Callejon, Insigne scatta in avanti e fredda Areola. Dopo anni, il Napoli riscopre un abbozzo di 3-5-2.

In fase difensiva, la disposizione in campo ricalcava tutti i punti del 4-4-2 amato da Ancelotti: difesa alta, reparti a cortissima distanza, ogni portatore di palla pressato con meccanismi codificati e sincronizzati.

Il Napoli difende orientandosi sul pallone, comprimendo gli spazi e facendo densità dal lato in cui il Psg tiene il possesso. La disposizione è lineare, il 4-4-2 è facilmente percettibile.

Il fatto che il gol sia arrivato da destra, teoricamente la fascia “debole” (il 45% delle azioni sono state costruite dal lato di Mario Rui e Fabian Ruiz) avalla ancora di più il nostro assunto iniziale sulla differenza del piano partita di Ancelotti rispetto a quello pensato per Napoli-Liverpool. Contro i Reds, l’obiettivo era di evitare il pressing avversario costruendo dal basso, anche perché la squadra di Klopp si muoveva e si muove con distanze sempre minime, non si allunga mai in campo se non in fase di transizione positiva.

Ieri sera è avvenuto l’esatto contrario: il Napoli ha cercato di tenere il possesso, di far girare palla e di verticalizzare (soprattutto sugli esterni) solo una volta entrato nella metà campo del Psg. In questo modo, la pressione (disordinata) degli uomini di Tuchel veniva in qualche modo chiamatarichiamata, così da creare situazioni di scompenso arretrato.

Il Napoli fa girare la palla

I due uomini chiave nella gestione del possesso sono stati Mario Rui e Hamsik (94 e 85 palloni giocati a testa), ma al terzo posto c’è Maksimovic (74 palloni giocati). Sintomo che il Napoli ha fatto girare molto il pallone in zona arretrata, così da attirare letteralmente il Psg nella trappola del pressing.

Soprattutto nel primo tempo, i francesi non avevano una disposizione coerente, il mancato aiuto in fase di non possesso non rendeva sostenibile uno schieramento 4-2-3-1 con Neymar in posizione centrale. Il Napoli ne ha approfittato, anche grazie al preziosissimo contributo di Insigne sempre pronto ad abbassarsi a centrocampo per innescare i meccanismi di gioco di posizione che aiutano nella gestione del possesso. Sotto, la heatmap di Lorenzo.

Regista offensivo a tutto campo, oltre che un attaccante

Nel secondo tempo, la partita cambia. Per merito di Tuchel e dei suoi uomini che trovano un sistema più ordinato per occupare il campo. Difesa a tre, due mediani, due esterni larghi (Meunier e Di Maria) e due uomini tra le linee (Neymar e Mbappé) alle spalle di Cavani. Le distanze diminuiscono, anche perché il Napoli accusa il colpo dell’uscita di Insigne e ci mette qualche minuto per ritrovare le giuste misure. L’autogol di Mario Rui arriva otto minuti dopo la sostituzione di Lorenzo, e nasce proprio grazie alle intuizioni di Tuchel.

Lo schieramento offensivo 2-1 di Tuchel scompagina il 4-4-2 del Napoli, Koulibaly deve uscire altissimo su Neymar ma non riesce ad anticipare il tocco di prima del brasiliano, che chiude il triangolo con Mbappé.

A quel punto, Mario Rui collassa a difendere il centro, lasciando campo a Meunier sulla destra. Forse Zielinski (in basso) è troppo passivo, ma è anche la “genetica” difensiva del Napoli che subisce le aperture in ampiezza. Tra l’altro, la rete arriva su deviazione sfortunata, Mario Rui era anche intervenuto bene a chiudere.

Il Napoli della ripresa soffre il quadrilatero Verratti-Rabiot-Neymar-Mbappé, che gioca bene il pallone al centro e poi trova lo spazio per aprire sulle fasce. Come ha spiegato Ancelotti nel postpartita, la scelta di allargare un po’ Maksimovic in fase di costruzione, creando un due contro uno sulla fascia, spegne gli ardori tattici della squadra di Tuchel e riconsegna il possesso al Napoli. Nel frattempo, Fabian Ruiz ha trovato le misure per riprodurre il gioco di Insigne tra le linee, e così la squadra di Ancelotti ricomincia a tessere la sua tela di possesso, fino al gol del nuovo vantaggio.

L’ultimo quarto d’ora dice poco a livello tattico, anzi il Napoli non soffre e non concede alcuna occasione. Fino al tiro di Di Maria, un’invenzione che va molto al di là del piano partita, di possibili colpe individuali. Come dire: magari Rog sbaglia i tempi del primo pressing e Mario Rui chiude con un attimo di ritardo e Ospina carica troppo tardi il tuffo alla sua destra. Ma Di Maria indovina l’angolo perfetto al 92esimo e 30 secondi. Non c’è storia, in certi casi.

Conclusioni

Il Napoli esce rafforzato dal match del Parco dei Principi. La squadra di Ancelotti, ieri più che mai, ha mostrato di avere gli strumenti tattici e soprattutto mentali per poter giocare partite di questa importanza. Vincere è un’altra storia, ci sono dinamiche e situazioni insondabili come il gol di Di Maria. Però lo stesso tecnico emiliano, nel postpartita, ha detto di non voler e di non poter rimproverare nulla alla squadra.

Ha ragione, il Napoli ha giocato la partita che doveva giocare. E, soprattutto, ha risposto con la forza del proprio sistema – anzi, dei propri sistemi – ai due momenti difficili del match, in apertura dei due tempi. Ha preso e ripreso in mano la partita come gli ha spiegato il suo allenatore, ha occupato il campo con personalità e consapevolezza. Magari i dati grezzi dicono poco, vanno contestualizzati. Ma pareggiare tutte le sfide statistiche (possesso palla 52%-48% per il Psg, tiri in porta 6-5 sempre in favore dei francesi) in casa di Mbappé, Neymar e Cavani a tre settimane dalla vittoria contro il Liverpool (!), è davvero una buona premessa per il futuro. Soprattutto considerando che Ancelotti è alla sua dodicesima partita ufficiale con la sua nuova squadra.

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