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Il j’accuse di Allegri alle scuole calcio, eppure nessuno se lo fila

Il comizio alla Panchina d’oro. La Juve viene osannata in tv, ma la polemica culturale del suo allenatore non viene minimamente presa in considerazione.

Il j’accuse di Allegri alle scuole calcio, eppure nessuno se lo fila
Photo Matteo Ciambelli

È diventato quasi monotematico

Da almeno un anno, diciamo anche da più di un anno, cioè da quando ha cominciato palesemente a subire il paragone col calcio di Sarri, Allegri si sente investito di una missione. È diventato quasi monotematico. Si batte strenuamente contro il calcio che per brevità – consapevoli della lacunosità del termine – definiremo estetico. Ma è più corretto parlare di calcio tattico, prigioniero degli schemi, con conseguente mortificazione dell’individualità.

Memorabile il suo show dello scorso anno a Sky, la sua intemerata contro gli schemi e il paragone col basket: “Se sei a due secondi dalla fine e devi fare canestro, a chi la dai la palla?”. Eppure, nonostante la sua juventinità, a Sky non se lo filarono. Il conduttore lo accompagnò all’uscita come si fa con chi improvvisamente dà di matto. Qualche giorno dopo, Allegri mandò di fatto a quel paese Mario Sconcerti. 

L’attacco alle scuole calcio

E a Sky la scena di qualche mese fa si è ripetuta recentemente, al termine di Empoli-Juventus, quando Allegri è tornato all’attacco dopo il gol di Cristiano Ronaldo da trenta metri. Prima che il conduttore lo invitasse a non ricominciare lo show, Allegri ha fatto in tempo a dire che le scuole calcio in Italia stanno rovinando i bambini, che i piccoli non si divertono più perché gli allenatori non insegnano più loro a giocare a calcio, non li lasciano liberi di correre dietro a un pallone ma li ingabbiano in determinati schemi. «Stanno rovinando il calcio italiano». Sorrisini a Sky, virtuali pat pat sulla spalla, e ok Allegri può andare.

Il corto circuito

Qui si innesta un interessantissimo corto circuito che evidenzia un non detto che va analizzato. Perché nemmeno a Sky – con la chiusura di JTV è per distacco il più solido presidio bianconero televisivo – prendono in considerazione l’allenatore che ha vinto quattro scudetti consecutivi e disputato due finali di Champions. Da un lato (è qui il corto circuito), viene osannata la sua Juve e addirittura ci si chiede se sia la squadra più forte di tutti i tempi (ehm ehm); dall’altro, però, si tratta quasi alla stregua di un ubriacone l’allenatore che contesta un certo modo di giocare a calcio. Come se – sembra essere questo il sottotesto – Allegri non venisse preso sul serio perché è palese che vinca grazie a una squadra nettamente più forte. Persino a Sky lo trattano come Totò con l’onorevole Trombetta: mi faccia il piacere.

Il suo discorso alla premiazione per la Panchina d’oro

Però Allegri è cocciuto. E ieri, dopo aver vinto la panchina d’oro, non ha resistito ed è tornato all’attacco. Lo ha fatto direttamente dal palco. Subito dopo aver ricevuto il premio. Lo ha fatto in un’occasione solenne. E in più ieri nessuno poteva togliergli la parola e accompagnarlo all’uscita dicendo: “per oggi può bastare”.  «I nostri settori giovanili sono un problema», ha detto (leggiamo dalla Gazzetta).

Cosa si insegna ai bambini? Che il 2 deve dare la palla al 3; il 3 al 4; il 4 al 7. E infine si arriva al 9. E la creatività? Chi insegna al bambino a sviluppare la genialità? Il calcio italiano deve smettere di scimmiottare i metodi dei settori giovanili di altri Paesi. Agli altri piacerebbe copiarci ma non ci riescono perché siamo speciali. Abbiamo doti innate nel confrontarci col pallone. Sono stufo di sentirmi dire “Non vengono fuori talenti”. È vero in parte. L’ultima partita della Nazionale ha dimostrato che l’Italia riesce a proporre giocatori di qualità. Ma sono eccezioni. E spesso sbocciano da soli. Nei settori giovanili si lavora per meccanizzare i giovani. Li trasformiamo in impiegati. Imprigionati in schemi e movimenti fissi. E la creatività? Ce la siamo dimenticata. Torniamo a insegnare ai bambini a giocare divertendosi. Ci sarà il tempo per tattica e tatticismi. Ma difendiamo il nostro dna, la capacità di inventiva. E non è un problema di inseguire o meno vittorie già nelle giovanili. Giocare per vincere aiuta a crescere. Lo spirito deve essere diverso.

“Giocare per vincere, aiuta a crescere”. Si può essere d’accordo o meno con lui. Di certo le sue sono posizioni decisamente in controtendenza. Eppure viene lasciato da solo in una stanza, come Dreyfus l’ispettore capo di Clouseau. Il calcio italiano – media compresi – continuerà a ignorare il j’accuse di Allegri o si aprirà il morettiano dibattito?

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