Liverpool-Napoli, la partita non guardata: la squadra di Ancelotti ha scritto pagine straordinarie senza finale eroico, ma la sconfitta è nata sul campo della Stella Rossa.
Belgrado
Dove abbiamo perso, mi domando. Dove abbiamo perso e quando, me lo chiedo da ieri sera, ma forse anche da prima, in maniera inconscia, s’intende. Non si perde mai una partita sola quando si parla di un girone, si perde da qualche altra parte, si perde per una serie di fattori, si perde per elementi che non si incastrano, per qualche scelta sbagliata, per conseguenze delle proprie azioni, per alcune coincidenze sfortunate. Non si perde in uno stadio solo. Per destino si perde anche laggiù dove si è vinto, è il bene e il male di un girone, l’ultima partita può salvarti o mandarti all’inferno.
Se sì è fortunati (o se si è stati molto bravi) l’ultima partita è una passerella. Ieri sera gli ultimi due versi della quartina giocosa che ho postato sui social recitavano: “ma si perde a est / si perde sul finire dell’estate”. Sono versi che scrivo, solitamente, in maniera velocissima – è il mio modo di esorcizzare la partita qualunque sia il risultato – essendo rapidi agiscono prima del pensiero razionale e molto spesso hanno la risposta. Perciò la risposta alla domanda che mi sono fatto è Belgrado, prima partita del girone.
Grace Paley
In questi giorni sto rileggendo con piacere i racconti di Grace Paley, forse la mia scrittrice preferita (grazie alla nuova pubblicazione di Tutti i racconti di Edizioni Sur, traduzione di Isabella Zani). Nel racconto che leggevo ieri mattina, Paley scrive: “In me tra il sapere e il raccontare passa un tempo lunghissimo”.
Una scrittrice del calibro di Paley pesa e sceglie le parole con cura, non fa niente a caso. Il lettore può fare delle stesse parole ciò che vuole, stamattina le ho prese e le ho appiccicate al nostro Napoli. Il Napoli ha la stessa lunga gestazione del sapere che ha la scrittrice americana, lunga al punto che quando comincia il girone di Champions League non è ancora pronto a raccontare, pur essendo in possesso di tutta la conoscenza necessaria per vincere in uno stadio bello e complicato come quello di Belgrado. Il Napoli sa, ma a est non riesce a raccontare, successe anche l’anno passato, in maniera peggiore perché si perse, ma la sostanza non cambia. Molti sostengono che alla prima partita il Napoli sia un po’ contratto, forse per l’emozione. Io credo che il Napoli attraversi la fase in cui ciò che si sa non sia ancora pronto per la pagina scritta, o per il rettangolo di gioco, se preferite.
A settembre si deve scrivere
Il Napoli ha raccontato dalla seconda partita in poi, scrivendo pagine straordinarie che resteranno nei nostri occhi (e cuori e menti) da lettori, o, se preferite, da tifosi. Pagine che non dimenticheremo. Non ha saputo scrivere il finale. Oppure ha semplicemente scelto di scriverlo così, triste ma non eroico, il narratore sa (o dovrebbe) sempre come e quando andarsene. Il Napoli, come accade nei migliori racconti, ha perso senza troppi aggettivi, che è quasi sempre un bene. Quasi.
È chiaro che perdere a Liverpool per uno a zero non è gravissimo, rientra nell’ordine delle cose naturali del pallone e di un girone che pareva impossibile, poi è diventato possibile, poi molto probabile, poi di nuovo – inesorabilmente – impossibile. Ecco perché dovremo ricordarci, per gli anni a venire, che quando sappiamo (e sicuramente sapremo) dobbiamo cominciare a raccontare senza timore. Grace Paley spiegava che aveva bisogno del tempo necessario per trasformare una buona idea in scrittura e aveva ragione. Quel tempo una squadra di calcio del valore del Napoli deve spenderlo d’estate, in montagna, poi a settembre deve scrivere. Ricordiamocelo in futuro.