Liverpool brucia ancora, non neghiamolo. Alcuni uomini sono arrivati al capolinea col Napoli. C’è da resettare la memoria storica delle sconfitte
Brucia ancora e brucia forte
Siamo sinceri: brucia ancora e brucia forte. Lasciamo da parte l’uscita a testa alta e lo scudetto moralmente vinto, le chiacchiere di consolazione non aiutano. Siamo usciti dalla Champions troppo presto adesso e abbiamo perso malamente un campionato appena sei mesi fa, a Firenze ma non solo.
Se vogliamo parlarci fra adulti consapevoli, le cose stanno così. E non si tratta di attaccare Ancelotti o De Laurentiis. Sono convinto che Carlo sia il miglior allenatore possibile, ma penso anche che vada aiutato nell’imporre le sue strategie e la sua guida, c’è ancora troppo poco di lui nel Napoli.
Non credo alle difese d’ufficio che il tecnico ha fatto della squadra, quelle sono solo il segno, un altro ancora, della sua professionalità, del fatto che non butta la croce sugli altri.
Ma facciamoci una domanda: dove sarà il Napoli fra tre anni? Ovvero, dove va il Napoli da oggi in poi? Solo se ci poniamo questa domanda possiamo affrontare in modo più sereno i mesi prossimi, nei quali nessun dio del calcio ci garantisce che vinceremo qualcosa, ma almeno sapremo dove stiamo andando.
Il ragionamento che vi propongo è basato su un presupposto: che il Gruppo Storico del Napoli, possiamo chiamarlo il gruppo Benitez, sia ad un punto di maturità che richiede un cambio di direzione. Cerco di argomentarlo.
Ostacolo numero uno: la personalità
Si può acquisire la personalità che non hai? Se ingaggi Ancelotti significa che a questo punto della tua crescita ci credi. La personalità è una cosa difficile da costruire. Dipende dagli uomini che fanno il gruppo, non solo i giocatori, ma anche da quella scienza un po’ occulta che chiamano “la gestione degli uomini”. Qui, a differenza di tutti i commentatori sportivi, non sentiamo di avere verità in tasca, quindi non lo sappiamo come si fa a darsela, la personalità. Certo è che ci vuole. Contiamo su Ancelotti.
Ostacolo numero due: il logoramento del “Gruppo Benitez” significa anche “memoria storica” dei mancati traguardi. Andiamo per punti
Marek Hamsik non è il leader del Napoli e, anche se Ancelotti dissentirà, non può essere il faro del suo gioco. L’uomo ha più volte toccato i suoi limiti, fisici e caratteriali e i suoi lanci pittorici non bastano a ispirare la squadra. È un capitano che nemmeno interloquisce con gli arbitri. Gli vogliamo tutti un bene dell’anima, ma neanche Mosè fu uomo per tutte le stagioni.
Dries Mertens scricchiola. Vuole un posto da titolare, che non esiste più con Ancelotti, ma al dunque del grande appuntamento regolarmente fallisce (ve la ricordate Madrid?). In prospettiva, non domani, bisogna pensare al suo abbandono.
Lorenzo Insigne è anche lui un leader che si occulta. Ci fa sognare con il rigore al PSG, scompare a Liverpool. È come se ritenesse soddisfacente il suo grado di attuale crescita, e non può essere così. Lui è la base del pilastro futuro. Carlo ci lavorerà, ne siamo certi.
No, non parlo del centravanti, qui parliamo del gruppo storico del Napoli.
Dobbiamo spendere parole su Elseid Hysaj? Suvvia.
Mentre Raul Albiol, pilastro del Napoli, è un uomo che stringe i denti. Un difensore grandioso e irrinunciabile. Ma come non vedere la fatica che gli affiora negli impegni più tesi? Non è meglio prevenire l’esaurimento della benzina? Analogo ragionamento vale per Callejon uomo sempre presente e ultimamente meno efficace.
E poi le mancate promesse: bisogna dar ragione a Maurizio Sarri su Diawara, anche se la responsabilità viene quando te la affidano. Ma sia il tecnico precedente che quello attuale gliel’hanno data, senza risultato apprezzabile, si direbbe a Napoli: è guaglione.
E bisogna tenere Koulibaly, dovessimo pure andare a fare la questua il giorno del lunedì dell’Angelo per pagargli lo stipendio.
Ostacolo numero tre
Ora chi avrà avuto la pazienza di leggere si attaccherà ai giudizi sui singoli ma questi vanno presi come sguardi in prospettiva. Così, sempre nella stessa ottica, avanzo l’ipotesi che tutto il gruppo storico, anche i non nominati, siano stati “crepati” dagli anni di Sarri nella loro resistenza fisica da un allenamento durissimo e da un apprendimento talmente scolastico e rigido che a Londra lo stesso Sarri si è guardato bene dall’imporre.
Ostacolo numero quattro – C’è poi l’aspetto della memoria
Non vincere è come “il potere logora chi non ce l’ha”, ti lascia dentro ogni volta una sensazione di vuoto, di incompiuto sul quale lavorano anche gli avversari (quando studieremo la comunicazione Juventus in chiave di demotivazione dell’avversario sarà sempre troppo tardi).
Vanno cambiate le teste perché va cambiata questa memoria storica. Bisogna “resettare” la testa del Napoli, in questo Ancelotti nulla può, ci vuole il bisturi. Bisogna allontanare gli uomini che sono portatori di quella storia, quelli che fanno la consapevolezza del gruppo, ancora una volta il quieto slovacco ed altri.
Bisogna cambiare i migliori prima che il loro logoramento diventi un problema, come hanno fatto altrove con Del Piero e Buffon, perfino con Higuain. Migliorare nei migliori, passare da sei a otto. Certo bisognerà spendere. Certo bisognerà crederci. Non è un “caccia e’ sord”, è “cerca di capire dove vuoi andare a finire quando il calcio europeo non farà sconti.”
E non è detto che basti: in questo calcio da Play Station, dove un pareggio è diventato un crimine, potrebbe non bastare.
Ostacolo numero cinque: il management
E poi gli uomini che non giocano. Guardo l’Inter e gli invidio Marotta, uomo forse antipatico a sua madre. Ma comprare il know how e i segreti dell’avversario che si vuole battere è un requisito base del grande management della competizione. Al Presidente non è passato per la testa di provare l’ingaggio e io mi chiedo se sia stato giusto. Perché l’Inter i soldi ce li ha, molti più di noi: se gli arriva anche la “scienza”, è fritto il fegato.
P.S.
Questo discorso poi vale solo fino al punto nel quale siamo ossessionati da un traguardo. Se invece che dall’alto guardiamo dal basso della nostra storia, stiamo vivendo i migliori anni della nostra vita, dopo quelli di Diego Maradona. E anche questa è una verità, che ci dice che basterà fare il medio cabotaggio praticato finora. Per noi tifosi vale solo e sempre il livello delle aspettative, che a volte sono demenziali.