L’incontro col mio nuovo amico ottantenne. Il suo calciatore preferito è Callejón, “pecché se la fatica sempre ‘a partita”.
A una cena per un amico serbo
Venerdì sera eravamo a una cena. Si festeggiava un nostro amico serbo che è diventato in questi giorni cittadino italiano; le battute su chi glielo avesse fatto fare si sono sprecate. Gli invitati sembravano un trattato vivente contro la Lega. C’erano dei veneziani, due irlandesi, un serbo, un croato, una statunitense, una messicana, due francesi, una austriaca, una canadese, un calabrese e due napoletani. L’altro napoletano l’ho conosciuto proprio venerdì, un ottantenne molto simpatico. Il mio amico serbo mi ha detto che mi avrebbe presentato il suo vicino napoletano e se avessi voglia di scambiarci due parole in dialetto. Mi ha invitato a nozze. Ci siamo presentati e il mio nuovo amico come frase d’esordio se ne è uscito con: “Forza Napoli sempre”. “Naturalmente”, ho risposto e da quel momento siamo diventati amici per sempre. Perché in questa casa, in cui per qualche ora si parlavano tutte le lingue, il napoletano non poteva mancare. Il mio nuovo amico ha solo storto un po’ il naso quando gli ho detto che sono originario di Giugliano. “Ah no, io sono proprio del centro storico”. Gli ho risposto che è tutta la vita che incontro napoletani che “sono proprio del centro storico”, ma la mia battuta non ha scalfito la nostra nuova amicizia azzurra.
“L’Inter è fessaria ‘e cafè”
Erano circa le venti e trenta quando mi ha detto: “Ho visto la partita dell’Inter, per noi era meglio che pareggiavano, o no?”; ho sorriso “L’Inter è fessaria ‘e cafè”. Mi ha guardato come si guarda un figlio che torna a casa da scuola con un voto alto. Abbiamo parlato un po’ di Liverpool – Napoli, lui vorrebbe un grande acquisto, ma quando gli ho domandato in che ruolo non ha saputo rispondermi. Noi discorrevamo di Luperto e alle nostre spalle i linguaggi si mischiavano e i bicchieri si vuotavano. Nel frattempo doveva essere iniziato il derby di Torino perché ha cominciato a guardare il cellulare troppo spesso. Mi ha detto che il suo calciatore preferito è Callejón, “pecché se la fatica sempre ‘a partita”. Aveva un bell’accento napoletano pulito, ma ogni tanto scivolava nel veneziano. Mi ha dato del voi per qualche minuto. Ha detto che, da qualche anno a questa parte, il lunedì al bar entra sempre a testa alta, perché è raro che il Napoli non gli abbia dato soddisfazione. Se il Venezia dovesse essere promosso in serie A, gli ho promesso, l’anno prossimo andiamo insieme al Penzo a vedere il Napoli. La cena, il cibo, altre chiacchiere, il croato che suonava il piano. Il croato, tra l’altro, non sa niente di pallone e di Rog, ma somiglia a un mio amico tifosissimo del Napoli. È tale quale, diremmo, e lo diciamo.
Poco prima delle undici il mio nuovo amico viene a salutarmi: “La Juve ha vinto all’ultimo minuto. Mannaggia, pensavo che fosse finita”. Ho detto lui di non pensarci. “Ma per noi era meglio se pareggiavano o no?”. Deve essere il suo desiderio ricorrente, il pareggio degli altri. “Domani la vedi la partita?”, gli ho domandato. Ha risposto “E ce mancasse. E tu?”, ho taciuto per serietà professionale. Ci siamo augurati buone feste e un altro forza Napòli e se ne è andato.
A questo punto dovrei parlarvi di Cagliari – Napoli e di una vittoria meritata in fondo a una partita non bella, diciamolo; ma se guardate bene ho già scritto tutto, anche della partita.