L’Index scende di poco, nonostante la vittoria a Cagliari. La perenne e incomprensibile svalutazione del polacco e i fan del calcio piacione
Le parole di Sconcerti
Saittella Index del 18 dicembre 2018 = 40
Lo studio della mente tifosa è stato per lo più condotto dai sociologi che della mente, come è noto, nulla capiscono. Così l’indice oggi scende di poco rispetto al 50 successivo alla sconfitta di Liverpool perché la parte nera della mente tifosa, che per noi si chiama Saittella, non si è fermata in realtà neanche davanti al risultato di Cagliari.
Ce ne vorrebbe di psicologia e antropologia per capire la resilienza verso le parole di un Mario Sconcerti, che ci dice e ci ha ripetuto ancora in queste ore quanto sia volgare e ottusa la fissazione su Cavani – e quanto tutta la nostra pubblicistica sportiva sia vent’anni indietro con queste scenate sulla grande star. E quanto sia una piccola oscenità la svalutazione di Milik. Per la verità gli umori neri questa volta sembrano partire proprio dalla squadra, dove l’atteggiamento di Dries Mertens segnala un punto di tensione forte. L’intervista del belga al London Times, pubblicata nel giorno stesso della partita di Champions, era pessima (dieci punti di Indice), perché riprendeva tutti i motivi delle negatività che resistono al nuovo corso del Napoli.
L’ostilità verso Arek è oscura
E tuttavia nelle parole di leale dissenso (parla anche per altri che preferiscono tacere?) di Mertens non c’è nulla di oscuro. Mentre è oscurissima l’ostilità del pubblico verso Milik. Vado alla partita con un illustre professionista napoletano, uno che frequenta lo stadio da oltre cinquant’anni. Questa persona ha deciso l’anno scorso che Milik aveva due zappe al posto dei piedi. Rimpiange Zapata, forse perfino Inglese, non abbiamo mai parlato di Calaiò ma gliene farò cenno. E ogni volta che parla sento in lui la voce del tifo che ragiona solo sulla base dell’emozione e di un giudizio immutabile. Zappa è Milik per lui e zappa rimane, non contano gol e prestazioni. E lui con tutta l’onda del tifo. Ci vuole il centravanti. Perché non ce l’abbiamo, il centravanti. Laddove, ad essere onesti, ne abbiamo due: un basso e uno alto. Ma quello alto non è buono.
Del resto su questo tasto ha picchiato tutto l’insieme dei media nazionali, insistendo a parlare dell’“errore” di Liverpool su Alisson. Ma guardatela quella sequenza, con un uomo sbilanciato che deve prima recuperare equilibrio e poi tirare, perdendo tempo. E poi ditevi se vi sembra un errore così monumentale, davanti al miglior portiere del mondo. Perfino al salotto di Sky ne hanno parlato domenica, in realtà lunedì all’una del mattino, l’ora alla quale di solito si parla del Napoli, e si è onestamente riconosciuto che segnare quel gol era difficilissimo. Ma certo, al campetto della chiesa, voi quei gol li segnavate e che ci vuole?
La moda del calcio per signore eleganti
Del resto c’è una più vasta corrente di opinione pubblica la quale sostiene che il Napoli gioca male. “Fa ridere”. “Gioca una chiavica” e via cantando. Sono pochi? Non lo so, per me sono legioni nei social, e fanno punteggio-indice. C’è chi domenica sera “ha spento il televisore perché mi annoiavo”. Quale cuore tifoso può spegnere il televisore mentre gioca la squadra? Negli anni di Sarri è nata la moda dello spettacolo per signore eleganti, che si scocciano se si perde palla o ci si difende, anche se alla fine entrano tre punti in classifica. È il calcio piacione, il calcio della play station, gioco come pura realizzazione di un copione scritto, invece che combattimento dall’esito incerto.
Ma quello che colpisce, e che tiene in vita questa rubrica, è la fissità del pregiudizio che resiste ad ogni cambiamento. Quello del tifoso del Napoli è un tribunale che non si convince mai dell’innocenza dell’accusato. Condanna sempre e non prevede altri gradi di giudizio. Una volta colpevole, colpevole per sempre: “Eris zappa in aeterno”. Così domenica sera a Cagliari il Napoli del primo tempo era una schifezza, un orrore, la sagra delle pippe. Come se giocare con una squadra così cambiata non fosse – oltre al rimedio dopo una sconfitta pesante – la costruzione paziente, con attenti carotaggi e avanzate improvvise, di una strada alternativa alla prigione dei “titolarissimi”. È uno sguardo verso il futuro, sapendo che il gruppo storico si logora ogni giorno di un poco e il calendario della biologia e dell’affiatamento volano con la musica del tempo. Ma non ditelo ai giudici severi: loro diranno che Carlo è aziendalista e vuole solo valorizzare la rosa per far fare soldi al Pappone.