L’editoriale del direttore Andrea Monti: «Gli scontri prima di Inter-Napoli e gli ululati razzisti sono uniti da un filo rozzo e tenace».
L’ora più buia
«Milano scintillante, la città che pensa a se stessa come una stella cometa di modernità, proprio nella notte di Santo Stefano ha vissuto la sua ora più oscura da qualche anno a questa parte. Doveva essere la festa natalizia del calcio. È andata in scena una vergogna e il bilancio è una terribile sconfitta per tutti». Durissimo attacco di Andrea Monti, direttore della Gazzetta dello Sport, nell’editoriale del giorno a pagina 2 della rosea.
Dentro il pezzo di Monti c’è tutto. È il racconto di una serata sbagliata, fuori e dentro San Siro: «Buu e cori razzisti verso Koulibaly e altri napoletani; prima della partita, scontri e accoltellamenti. Li scatena una sorta di internazionale ultrà, e questo è un dato ulteriormente preoccupante: un gruppo di delinquenti travestiti di nerazzurro cui prestano manforte gli amici gemellati di Varese e di Nizza, armato di bastoni, coltelli e persino una roncola, ordisce un vero e proprio agguato. Ci scappa il morto, naturalmente, e non solleva le coscienze la biografia, o la fedina penale, della vittima. Ultrà di destra pluridaspato, figlio di una concezione cupa e violenta dell’esistenza, Daniele Belardinelli resta un poveraccio probabilmente travolto dalla propria furia cieca oltre che dal terrore di chi stava scappando». Secondo Monti, Daniele Belardinelli è «la vittima di un pauroso vuoto culturale che va allargandosi nella società oltre che negli stadi,
La partita andava sospesa
Monti chiarisce la posizione della Gazzetta: «La partita andava sospesa dopo il primo richiamo. Senza se e senza ma. Lo stadio non sarà mai una sala da the, ma non per questo deve diventare una latrina. Dura ma inevitabile quindi la chiusura di San Siro, accettata con saggezza dall’Inter anche se per i milanesi, e non solo, è una tristezza immensa. Giusta anche se sofferta la decisione di non fermare il campionato perché punire l’intero calcio italiano non avrebbe avuto senso. Sacrosanta la stretta sugli ultrà annunciata dal questore Cardona e dal Governo purché, come in passato, i buoni propositi non finiscano nel dimenticatoio. E qui potrebbe aiutare assai il ministro Salvini se volesse gentilmente astenersi dal fraternizzare con i pregiudicati».
La chiusura: «Tutti sanno che nella notte di San Siro non abbiamo assistito a due episodi separati: i cori dentro e i coltelli fuori sono uniti da un filo rozzo e tenace. Combattere l’ignoranza è la partita più difficile. Si può cominciare dal calcio, il nostro gioco più popolare. Occorre agire sul piano culturale e istituzionale. Non basta chiedere ai club di spezzare ogni legame con gli ultrà, bisogna sostenerli oltre che, nel caso sgarrino, punirli severamente. Finché gli stadi non smetteranno di essere zone franche, contro gli intolleranti, tolleranza zero».