Dalla finta in scivolata di Koulibaly, al gol di Insigne al Liverpool. Allan è l’uomo in più, Milik che segna e ride. E lui, Carlo Ancelotti
10 COSE
La prima cosa che voglio ricordare di quest’anno è la finta in scivolata di Koulibaly fatta contro la Spal. Il difensore non è molto spesso collegato allo spettacolo; eppure quella finta in scivolata vale una rovesciata, vale un tiro che si insacca all’incrocio dei pali, vale un gol. Forse vale di più di tutto questo, perché è un gesto più complicato, più raro, più difficile da perdonare se lo sbagli. La finta in scivolata di Koulibaly è un momento sportivo al quale ritorno con la mente da giorni, è una cosa che mi fa pensare al pallone come cosa buona, come cosa da continuare a guardare.
La seconda cosa è il gol di Insigne al Liverpool, non solo per la bellezza, è chiaro che arrivi alla fine di una bella azione e la spaccata del nostro attaccante è splendida, ma il motivo per cui è nella mia classifica è perché si è concretizzato alla fine della più bella partita che ha giocato il Napoli quest’anno. Una partita in cui il Liverpool non ha mai tirato porta e quasi mai ha visto la palla. Una partita che è stata una grandissima gioia, una grandissima speranza e poi è diventata una grande illusione, una delusione. Una partita che ne è valsa la pena, perché se guardiamo le partite è per gioire e divertirci e anche per illuderci, perché anche solo pensare che possa accadere è bello ed è bello anche restarci male dopo.
La terza cosa è l’arrivo di Carlo Ancelotti che è veramente bravo, uno che ne capisce, uno che mi piace avere dalla mia parte.
La quarta cosa sono tutte le palle recuperate da Allan, quel particolare modo di scardinare la palla dal piede del centrocampista di turno, quel movimento a tenaglia, quella decisione e pulizia. Quel tempismo e quella grinta che consentono di ottenere ciò che si cerca senza commettere fallo. Allan è un centrocampista straordinario, se fossimo in un film di Sorrentino sarebbe l’uomo in più; ma forse siamo tutti in un film di Sorrentino e va bene così. Ampi spazi, campo aperto, Allan che recupera palla, campo lungo, inquadratura lunga, piano americano su piede che porta via il pallone.
La quinta cosa è il mio gol preferito di questa prima parte di stagione, quello che segna Mertens alla Stella Rossa di Belgrado, bello il suo movimento, lo scatto e il tiro; stupendo il lancio di Hamsik, che quando è concentrato mette la palla dove vuole. È un gol in verticale come piace al mister, realizzato da uomini verticali.
La sesta cosa è un ragazzino di nome Ounas, che forse non sarà mai un fenomeno ma ha qualcosa, intanto mi pare che pesi almeno dieci chili in più dell’anno scorso e quando entra se la gioca sempre. Ha fatto pure due bellissimi gol, non cose da tutti i giorni.
La settima cosa è il numero 8, Fabián Ruiz. Lo guardi giocare e capisci che non è un giocatore normale, è un talento fuori dal comune. Testa alta, destro e sinistro, controllo di palla, dribbling, facilità di tiro. Il mio istinto mi fa pensare a un fuoriclasse, ma mi tengo per me il pensiero, ne parliamo più avanti. Intanto accontentiamoci di vederlo giocare.
L’ottava cosa è Meret il nostro giovane e bravissimo portiere, il nostro acquisto, il nostro futuro. L’ho detto quest’estate, un portiere giovane e sicuro tra i pali, non inutilmente spettacolare, con un gran senso della posizione. Lui è la cosa numero 7.
La nona cosa è il numero 7, sempre lui. Lui che a ogni cambio di allenatore è destinato a sparire e poi gioca più di tutti, gioca sempre e quasi mai tradisce. Calle c’è sempre e noi ci aspettiamo che ci sia, ci illude che il tempo non passi, che il gel sui capelli sia una cosa che duri per sempre, ci dice che la fascia destra è di sua proprietà. Calle, un uomo serio, un giocatore di pallone.
La decima cosa è Arek Milik che segna e ride, che segna di nuovo, che arriva a dieci gol, che corre e lotta, che c’è e che se non c’è è pronto a esserci. Arek di destro e di sinistro, Arek di testa e su punizione, Arek che recupera una palla come se fosse un difensore. Arek, il centravanti.
Buon anno a tutti con una poesia del grandissimo Giovanni Raboni che si addice alla nostra ultima vittoria, alle nostre ultime giornate. Passate bene.
(Zona Cesarini)
Il tiro, maledizione, ribattuto
sulla linea nell’ultima convulsa
mischia a portiere
nettamente fuori casa, fuori causa, col dito
mignolo, con la spalla, con l’occipite, con
la radice del naso
dell’avversario accorso, guarda caso,
da metà campo – o forse (chi capiva
più niente con quel buio) dal compagno
che va in cerca di gloria
a scapito evidente degli schemi
non più tardi di ieri ribaditi
nella fantastica pace del ritiro
dal mister quando ancora
tutto, anche vincere, anche
azzeccare questo tiro teso, radente, tra decine
di gambe e lentamente
spalancando la bocca
correre verso il centro, rotolarsi
nell’erba, in lenta muta sfida stendere
le braccia al cielo era possibile…
(Giovanni Raboni da Nel grave sogno, ora in Tutte le poesie, Einaudi 2014)