Diego, non ti vogliamo.
Non ti vogliamo per te stesso, per la tua salvezza. I dèmoni e i demòni che hanno reso un inferno la tua vita negli ultimi anni di Napoli sono ancora tutti là. Impiegherebbero poco tempo a riafferrarti per i capelli e riportarti nell’inferno dell’ambiguità, della dissoluzione personale, della perdita di te stesso. Napoli è peggiore oggi di trent’anni fa. Più cattiva. Più cinica. Più spietata.
Non ti vogliamo perché senza di te siamo scesi fin sotto terra, fino alla morte sportiva. Ma ora ci siamo rifatti una vita. Zoppichiamo, cadiamo, ma il Napoli cammina e certe volte vola. E di tutto abbiamo bisogno tranne che di una rivoluzione. Abbiamo bisogno di una crescita “organica”, con tempi giusti, senza conflitti. Tu sei Conflitto, lo porti nel sangue, ti accompagna come ombra.
Non ti vogliamo perché in tutta onestà i tuoi risultati da allenatore sono stati mediocri e da dirigente non sappiamo chi sei. La ragione è semplice: la tua leadership funzionava in campo. Fuori, tu sei un animale ferito, un uomo che sta ancora cercandosi e che forse non si ama più.
Non ti vogliamo perché entreresti in conflitto con una proprietà sparagnina, perfino avara, ma tutto sommato accorta: sarebbero litigi tutti i giorni. E la squadra, l’unica cosa che ci interessa, tornerebbe indietro nei risultati, il clima sarebbe tremendo.
Non ti vogliamo perché non c’è niente di chiaro in questa tua riabilitazione. Già una volta, con la tua venuta, fosti al centro di un’operazione politica. Che almeno, quella sì, era chiara, visibile nei suoi scopi. A questo giro, beato chi ci capisce qualcosa. C’è puzza di misteri, non vorremmo vederti abitare a Casoria, per dirla in modo magico.
Non ti vogliamo perché il rischio del tuo genio non vale quel poco che abbiamo rimesso insieme dopo la catastrofe della tua fine agonistica, dopo gli anni della mediocrità, del fallimento, della B e della C. Tu hai sofferto come uomo e molto, e abbiamo pianto per te. Ma dopo di te, sono stati gli anni dell’angoscia calcistica e del declino senza speranza. Lasciaci la candela e tieniti il gioco.
L’Italia è peggiore oggi, Diego. I media ti succhierebbero fuori verità che non vuoi vedere, ti tirerebbero dietro parole di donne, pretese di figli, rivelazioni di antichi peccati, lo sai bene come Napoli abbia dimestichezza con la menzogna, la manipolazione, l’accusa mostruosa, il piccolissimo interesse dell’accusatore mercenario.
E poi, Diego, tutto quello che ho detto potrebbe non contar niente di fronte a quest’ultimo pensiero: tu sei stato il nostro sogno e sei diventato il nostro mito. Ho raccontato ai miei figli chi eri, abbiamo rivisto insieme i gol più belli. Il tuo “canto” ci ha fatto piangere e delirare. Fossi ancora capace di cantare, stoneresti anche solo un po’. E nel nostro cuore scenderebbe il gelo. Resta dove sei, Non costringerti a fare confronti con ciò che non sarà mai più.
Vittorio Zambardino
Diego, sei e sarai il nostro mito. Ma ora stai lontano da Napoli
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