L’Inghilterra ne è un esempio: quattro squadre nelle finali di coppa e un campionato con giro di affari superiore alla Champions
Sul Corriere dello Sport di oggi un’ampia pagina dedicata agli stadi di ultima generazione, che richiamano sponsor e fanno crescere i tornei. Gli esempi si sprecano, soprattutto all’estero, dove si continua a rinnovare e a investire in tal senso. Il Tottenham, per esempio. E in Italia?
L’Atalanta sta rifacendo il suo stadio: a luglio, quando sarà ultimato, la Gewiss si occuperà della sua illuminazione e di dargli il proprio nome.
“Inventatevi uno stadio, arriveranno gli sponsor”.
C’è pure l’Udinese, che, però, nonostante la Dacia Arena, è sul ciglio della retrocessione.
“Significa, ma pare ovvio, che tirar su uno stadio con l’amore che si può non basta. Bisogna maltrattarlo e costringerlo a lavorare”.
E la Gazzetta tira in ballo il caso della Roma, che nell’accordo relativo all’uso dello stadio di Tor di Valle gode di una clausola che le garantisce il 10% sui ricavi delle manifestazioni extracalcistiche che ospiterà l’impianto:
“Ulteriore manna che si aggiunge al previsto incremento annuo degli introiti di biglietteria e attività commerciali annesse, calcolato della grossa in una trentina di milioni”.
Tutti, scrive il Corriere dello Sport, sono concordi nel ritenere che il rinnovamento degli impianti già esistenti e, ancora di più, la creazione di stadi di proprietà dei club siano alla base di qualsiasi rilancio del calcio italiano: dal capo dell’Aia Marcello Nicchi a Damiano Tommasi per quanto riguarda i calciatori al presidente del Coni Malagò.
“Vuol dire che è tempo di agire. Oppure noi siamo quelli furbi (che poi arrivano massimo ai quarti delle coppe e non fanno il Mondiale) e all’estero bevono troppo”.
La recente inchiesta di Panorama ha evidenziato che in Europa, negli ultimi dieci anni, sono stati aperti 159 nuovi stadi: la maggior parte in Paesi con ambizioni di sviluppo calcistico globale (27 in Polonia e 26 in Turchia) ma anche in Paesi come la Germania, l’Inghilterra, la Francia, dove ce ne sarebbe meno bisogno. In Italia ne sono nati solo 3: quelli della Juventus, dell’Udinese e del Frosinone.
“Siccome il buon senso è contagioso ci siamo messi in moto anche noi e tra le società professionistiche almeno 23 si sono attivate, approfittando o meno della legge sugli stadi che peraltro ha già avuto modo di dimostrare i suoi limiti. Oggi chi si fa venire un’idea del genere non mette certo in preventivo di doverci lavorare su per dieci anni e invece dovrebbe”.
Tempistiche folli, quelle italiane, anche perché gli stadi invecchiano in fretta. E così all’estero non si fermano e ristrutturano, ampliano, migliorano di continuo. Il Barcellona pensa ad ampliare il Camp Nou entro il 2023 portandolo oltre i 100mila posti con 300 milioni di spesa. Il Santiago Bernabeu avrà una nuova illuminazione a led e un tetto apribile in quindici minuti entro il 2022, con una spesa di 525 milioni. Il Valencia intende aprire il nuovo Mestalla entro il 2021 e il Feyenoord prevede il trasloco in un nuovo e modernissimo impianto entro il 2022. Ovunque, dall’Ungheria al Qatar, sede del prossimo Mondiale 2022, sono poi in corso d’opera i progetti statali.
Tutto questo perché con uno stadio nuovo, o rinnovato, i ricavi registrano un’impennata e aumenta il fatturato.
“L’effetto benefico è ad ampio spettro e incrementa altri tipi di risorse”.
È accaduto all’Arsenal, che con l’Emirates ha raddoppiato i ricavi, all’Atletico Madrid, che con il Wanda Metropolitano ha registrato un incremento del 40%, alla Juventus, che con lo Stadium ha triplicato gli introiti delle gare e adesso sta per quintuplicarli. Persino la Dacia Arena, sebbene con numeri più piccoli, è un esempio di questo stato di cose.
Sopra tutti questi esempi, però, c’è l’Inghilterra.
“Adesso l’Inghilterra presenta quattro squadre nelle finali delle coppe e più in generale ha un campionato dal giro d’affari superiore a quello della stessa Champions League. Guarda la combinazione”.