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Cannavaro, una separazione giusta che però andava gestita meglio

L’unica cosa certa è che non sappiamo realmente che cosa sia successo. Di certo non sappiamo tutto. Non si spiegano in altro modo gli ultimi sei mesi napoletani di Paolo Cannavaro, capitano del Napoli da questa sera in prestito al Sassuolo di Malesani. Basta scorrere un po’ i siti napoletani per capire che è di gran lunga la notizia di questo mercato del Napoli.

Otto stagioni con la maglia del Napoli (arrivò dal Parma), di cui una – la prima – in serie B. Scelse Napoli perché è la sua città, la sua squadra del cuore.

Un discreto difensore, con alti e bassi. E un cognome ingombrante. Un paragone insostenibile che lo ha sempre accompagnato. Un fratello che ha sempre giocato nello stesso ruolo, ovviamente napoletano come lui, che ha giocato a Napoli, che è stata bandiera della Nazionale, ha vinto un Mondiale e anche un Pallone d’oro.

Non è mai stato Fabio, ovviamente. È sempre stato chiaro a tutti. Persino a lui. Detto questo, è stato per anni una pedina fissa del Napoli. Rientrava, Paolo, nelle linee guida del primo progetto di De Laurentiis: il Napoli ai napoletani. Progetto definitivamente accantonato dopo Quagliarella. È stato il capitano della squadra, dopo Montervino. Ma – va detto – non è mai stato esente da critiche. Un po’ perché napoletano e, come ha scritto Carratelli, la nostra non è una città per i profeti in patria. Un po’ perché i suoi limiti li ha sempre avuti. Così come i suoi pregi. Ha giocato annate eccezionali, in cui avrebbe meritato anche la convocazione in Nazionale. Ma ha vissuto momenti dimenticabili.

È stato il perno della difesa a tre, sia con Reja che con Mazzarri, e finanche nell’interregno di Donadoni. Poi è arrivato Benitez e qualcosa è cambiato. Da subito. E non solo per il passaggio alla difesa a quattro. Sono cominciate a circolare molte voci su un suo presunto contratto che prevedeva l’ingaggio legato alle partite giocate. Così come ci fu, in precedenza, il braccio di ferro tra suo fratello Fabio e il presidente De Laurentiis che gli negò il San Paolo per la partita d’addio.

Il suo ruolo di capitano è stato messo in discussione. E qui, a mio avviso, Cannavaro ha sbagliato. Probabilmente mal consigliato. Forse avrebbe dovuto cedere la fascia, rimetterla a disposizione. Magari lasciarsi immortalare mentre la girava sul braccio di Hamsik, come un giorno fece Bruscolotti con Lui. Sarebbe stato un gesto tanto eclatante quanto elegante. Comprensibile, comunque, il suo attaccamento a quel simbolo, era il suo orgoglio di napoletano. Meno comprensibile, invece, in questi mesi l’atteggiamento dei suoi procuratori, i Fedele, che hanno cominciato a criticare un giorno sì e l’altro pure il nuovo allenatore. Contribuendo ovviamente ad appesantire il clima.

Così come resta misterioso l’accantonamento definitivo da parte di Rafa Benitez che dopo Roma-Napoli, con una sciagurata prestazione del capitano, non lo ha mai più riproposto. Il dubbio che non si sia trattato di una scelta tecnica resta. E lo dice uno che non considera affatto Fernandez più scarso di Cannavaro.

Insomma, in questa vicenda ha probabilmente pesato molto Aurelio De Laurentiis. Anche il suo fuori onda, col presidente che si lasciò andare con alcuni ragazzi a dichiarazioni poco garbate nei confronti di Cannavaro, apparve sospetto.

Una situazione, una separazione che andava gestito meglio, con più accortezza da parte di tutti gli attori. Non possiamo dire che vicende del genere capitano solo al Napoli perché non è così. Il Milan lasciò andare Pirlo e si è lasciato in malo modo quest’estate col suo capitano Ambrosini, senza dimenticare quel che successe con Maldini. Per non parlare della Juventus e Del Piero.

Sicuramente va via un giocatore che aveva il suo peso nello spogliatoio. Altrimenti Behrami non avrebbe scritto su Twitter “La sensazione di aver perso un punto di riferimento”. Dure le parole di Cannavaro questa sera: «Ho dato tanto al Napoli, avrei voluto dare di più, ma non mi è stata data la possibilità. In questi sei mesi ho risposto con il silenzio e preferisco continuare così. E’ sotto gli occhi di tutti quello che mi è successo e non voglio commentare».

Di lui, come ha scritto anche Carratelli, ricordo nel bene soprattutto il gran gol alla Juventus in Coppa Italia. Nel male, un Napoli-Empoli 1-3. La sua immagine resta legata a quella Coppa Italia alzata all’Olimpico. Il mio pensiero è che la separazione andava gestita meglio. Ma andava ugualmente portata a termine: lui in questo Napoli è un pesce fuor d’acqua, c’entra poco. Se i suoi procuratori ora lo seguissero nelle emittenti private di Sassuolo sarebbe ancora meglio. Ma sappiamo che non sarà così. Purtroppo.
Massimiliano Gallo

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