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Il 3 maggio perdiamo / La maga Prenestina

Su consiglio di Ahmed, il fruttivendolo di Piazza Lambertucci, vicino casa mia a Roma, sono andato dalla Maga Prenestina. Ahmed dice che è potentissima: la sorella che si era tolta il velo e voleva sposare un italiano solo in Comune, dopo la fattura di Maga Prenestina ha piantato il ragazzo ed è ritornata alla devozione e alla famiglia. Ora ha sposato un musulmano e sono felici. Lei è già incinta, questo lo so, perché l’ho incontrata, però mi era anche parso di vederle un livido sotto l’occhio destro, come di un cazzottone preso, ma mi sarò sbagliato, anche perché, com’è noto, sono cecato. E allora che Maga Prenestina sia. Che poi Maga Prenestina vive sulla Palmiro Togliatti, una circonvallazione lunghissima, un lungo arco di circonferenza, che avvolge tutta Roma Sud-Est e si spinge fino ai lembi del primo Nord di quella che era la campagna romana e che adesso è una periferia apparentemente pulita, decorosa, ma come muta, dispersa. Qualcuno le ha tolto l’audio. Un mondo che chi vive nel cerchio delle Mura Aureliane non conosce, e fra questi c’è gran parte dei napoletani immigrati che dicono “A me Roma mi fa schifo”, pur vivendo nella sua parte più bella. Parcheggio sotto casa di Maga Prenestina al numero 4090 /rosso/bis et quater. A poche centinaia di metri c’è una sorta di palazzetto dello sport rotondo in vetrocemento fumé. È la sede provinciale di Equitalia. Ci sono venuto per certe cartelle della spazzatura che avevo pagato ma mi hanno fatto lo stesso la multa, ma alla fine l’ho spuntata io, non sempre si può perdere e questo pensiero già un po’ mi solleva. Arrivo in un cortile con sette scale e altrettanti portoni. Alla F c’è il citofono rotto, ma vedo la scritta su un bigliettino spiegazzato “Maga Pre…” e poi tutti scarabocchi. Salgo. Lungo le scale c’è odore di cipolla soffritta e sono le dieci di mattina. Al terzo piano, quando già i miei 117 chili chiedono riposo, c’è una porta aperta. Penso che sia lo studio di un medico, ma una ragazza alta, bionda, con un golf nero aderente, mi chiede: “Tu cerca Maga Prenestino?”. Parla come Vucinic. Poi dice: “Ciao, sono Valentina (pronuncia Vaglintina), accomoda qui”. Ci sono altre otto persone, tutte donne, e io sussurro: “E qua faccio notte”, quando Vaglintina si avvicina e mi dice: “Se tu dà 20 euro me, io faccio passare avanti”. E tieniti venti euro, Vaglintina mia. Glieli faccio scivolare nel palmo di una mano. Dieci minuti dopo entro. E qui viene il bello. Perché voi adesso vi aspettate una donna grassa, ignorante, una bandana rossa e bianca, l’incenso, l’accento ciociaro della Maga e no, cari miei, non siamo in un film del Presidente. No. Perché la Maga Prenestina ha l’accento milanese, è magra, parla in modo colto e somiglia molto all’artista concettuale di La Grande Bellezza, quella che chiavava le capate nell’acquedotto romano. (“Piaciuta la perfòrmaaaanssss?”) “Buon giorno, in cosa posso aiutarla?” Professionale, calma, quasi fredda. “Io ho un problema un po’ strano”. Parto da lontanissimo “Tutti i problemi sono strani. Ci pensi. Altrimenti non sarebbero problemi, non ci preoccuperebbero”. Confesso che qui sono stato zitto per un po’, almeno mezzo minuto. Ho pensato: e questa sarà psicologa o forse psicanalista, e io sono prevenuto, me ne sono sposata una e non le posso più vedere. Gesù. Lei ha capito e ha sorriso: “Su, racconti”. Racconto. Che sono tifoso, che se il Napoli perde la mattina dopo al risveglio vorrei solo morire o, in alternativa, uccidere, uccidere molto, uccidere molti, ma uccidere non mi rasserena, no, chiede solo altro sangue. Che il 3 maggio c’è la finale di coppa Italia e che non si può perdere ma che ho fatto quel sogno che ho fatto e che è catastrofico. Mi guarda intensa, non muove un muscolo. Poi parla: “Sarà d’accordo con me nel dire che tutto ciò si trova in lei, prima che nella realtà. Con un vissuto persecutorio (‘all Ndr) lei vede ostacoli che nel sogno si racconta come assurdità, ma i nodi reali si possono sciogliere, LEI (enfasi) può scioglierli”. Qui per la verità ho avuto uno scatto: “Senta, non voglio psicanalisi. Io voglio evitare, anzi ESORCIZZARE la sconfitta della mia squadra. Altrimenti passo un’estate di merda, va bene?” E sorride, questa sorride: “Ma proprio da un napoletano devo sentire riaffermata la superiorità del reale sul magico? Scusi, ma lei è davvero napoletano? Ne siamo sicuri, sì? Lei potrà aiutare la sua squadra se riuscirà a neutralizzare tutta la negatività che sente in lei attorno a questo evento. È proprio lei che mi ha parlato di streghe che cantano. E cosa sono le streghe? E cos’è Chiellini che gioca con la maglia Juventus ma con la Fiorentina? È la persecuzione dei poteri e delle volontà altrui, è la nube di male che avvolge la sua squadra, è l’ombra della napoletanità sfortunata che accompagna tutti voi dovunque andiate. Lei da qui al 3 maggio deve fare un percorso di ricerca, che in questa stanza è solo cominciato, di ricerca e neutralizzazione del negativo che colpisce il Napoli. Lo faccia e aiuterà la sua squadra e se stesso” “Ma io pensavo che Lei…” “Lei pensava che io potessi fare un sortilegio e aggiustare la partita. Caro signore, Lei è fermo al folclore. Io sono una professionista. Evoco il magico che vive sepolto nel cuore delle persone, non lo creo, non faccio miracoli. In ogni caso il suo tempo è finito. La prego di regolare il conto con Valentina. E se ritiene mi faccia sapere com’è andata” “E quello lo sentirà dalla televisione” dico “Bene, si congeda con una buona battuta. Stia sereno” (Maro! stai sereno! #enricostaisereno e quelli che l’avevano scritto erano di FIRENZE…) Esco. Valentina è seduta dietro un tavolino. Mi fa la ricevuta, sono 200 euro più la marca da bollo. Ma insieme alla ricevuta mi dà un biglietto da visita bianco. C’è scritto “Rajssa” 349 segue numero di cellulare. “Ma Lei non si chiamava Valentina?” “Fuori orario per amici Rajssa. Se vuole io può venire a casa sua per un esorcismo privato. Prendo 300”. Ecco, grazie, questa è pure stata a spiare quello che dicevo. Arrivederci. Da qui in poi me la devo vedere da solo, come ha detto quella? “Un percorso di ricerca”. E da dove comincio? 2/ Continua Vittorio Zambardino

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