Intervengo, su invito di un amico, collega e vostro collaboratore, per cercare di raccontare come la tifoseria romanista stia vivendo il casino mediatico-sociale-curvaiolo esploso (scusate il termine) a seguito dei fattacci dell’Olimpico del 3 maggio passato. Premetto che sono uno spettatore medio che non conta una mazza in Sud ma ha maturato (in tredici anni di abbonamento) una certa sensibilità nel percepirne gli umori.
Il tutto si riassume nella singolare vicenda, di cui sono stato testimone, che ha visto la curva dividersi e poi spaccarsi nella giornata di ieri. Roma-Juve è sempre Roma-Juve. Puoi lottare per lo scudetto o per non retrocedere ma lo spirito di rivalsa che aleggia su questa partita resta sempre lo stesso. La vuoi vincere sempre e comunque anche se, come nel caso di ieri, non conta nulla. Pensavo di sentire l’Olimpico tremare sotto i piedi e spingere i giocatori a lottare, se non per il tricolore, almeno per la dignità e l’onore.
Al fischio d’inizio mi sono reso conto dell’innaturale silenzio proveniente dai gruppi della Sud. Ho capito subito che aria tirava e ho sussurrato al mio storico compagno di stadio: “stanno protestando per la gogna mediatica in cui è finita la tifoseria romanista, roba di 15 minuti e poi si comincia”. Ma il tempo è trascorso senza che nessun clamore, nessun coro d’incitamento salisse dal tifo organizzato. Un brusio di disappunto ha cominciato a levarsi dal resto dello stadio, tradottosi poi in bordate di fischi quando (intorno al 30mo del primo tempo) il lancio di due petardi ha preceduto l’innalzarsi di almeno tre striscioni (uno era in curva Nord) che incoraggiavano Daniele De Santis e dei soliti cori contro di voi. Su questo voglio aprire due parentesi: 1) fedele alla mia formazione giuridica attendo la definizione del procedimento penale prima di bollare “Gastone” come potenziale assassino; 2) per onestà intellettuale considero la norma sulla discriminazione territoriale una scemenza che serve solo a salvare l’immagine del sistema calcio senza risolvere i problemi.
Torniamo alla partita. Atteso che lo stadio disapprovava il comportamento dei gruppi (occhio non di tutta la Sud) la tensione tra le due fazioni del tifo romanista ha cominciato a crescere ed è esplosa quando dalla Sud lato Montemario (detta Sud unificata perché in realtà sarebbero distinti) e dai distinti Sud sono saliti cori d’incitamento per la squadra. Inutilmente il gruppo guida di quel settore si sbracciava per far tacere gli altri tifosi: la maggior parte della gente voleva cantare. Gli ultras hanno cominciato ad agitarsi. Molte persone hanno tentato di superare le divisioni e battevano sui vetri minacciando chi disapprovava lo sciopero del tifo. Il tutto è andato avanti sino alla fine della gara che si è chiusa con l’applauso ironico dello stadio verso gli autori della protesta.
Dopo la cronaca veniamo alle valutazioni e allo scopo del mio intervento sul vostro blog. Non voglio essere frainteso: considero la rivalità sportiva e territoriale la cosa più divertente del calcio e non mi offendo se vengo chiamato “bastardo” in mezza Italia. Questo non vuol dire che si possa accettare con indifferenza l’ennesima presa di posizione del mondo ultras. Ripeto: non so se De Santis sia effettivamente il responsabile del ferimento di Ciro Esposito. Ma è vigliacco e indegno sostenere o anche solo giustificare un gesto del genere o chiedere a gran voce l’impunità di chi in passato ha commesso violenze. La cosa positiva è che la maggior parte della tifoseria romanista abbia preso una posizione dopo anni di silenzio e di difficile convivenza. Ma anche qui non voglio essere ipocrita: una cosa sono i fischi contro i cori anti Napoli (dovuti più dalla paura di non poter vedere la prima di campionato in casa che a una solidarietà con voi), altro è il disprezzo per l’autocelebrazione del mondo ultras a sostegno di un pazzo criminale (chiunque esso sia).
Grazie per lo spazio
Luca La Mantia